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Dopo anni di controversie legali la casa natale di Adolf Hitler diventa un commissariato di polizia

Braunau, situata a nord di Salisburgo, sarebbe stata una cittadina anonima come tante altre, se non fosse stato per il fatto che il 20 aprile 1889, in un appartamento in affitto di via Vorstadt (oggi Salzburger Vorstadt), Klara Polzl, moglie del doganiere Alois Hitler diede alla luce un bambino cui impose, insieme al marito, il nome di Adolfus.

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Una volta divenuto führer del Terzo Reich, Adolfus ritornò in quella cittadina nei pressi del fiume Inn le cui acque proprio in quel punto, dividono le sponde con l’Austria e la Germania, per visitare la sua casa natale nella quale aveva peraltro vissuto solo tre anni. Lo fece in occasione dell’Anschluss il 12 marzo 1938.

Da allora quell’edificio sbiadito e insignificante di tre piani divenne un simbolo del regime diventando per decenni una spina nel fianco di politici e cittadini.

Dopo alterne vicissitudini nel 1952, durante l’occupazione Alleata, il fabbricato tornò alla famiglia Pommer, che ne aveva i diritti di proprietà e fu affittata al comune di Braunau-am-Inn, che v’installò prima una biblioteca, poi una banca, poi ancora una scuola superiore e, infine, i locali furono concessi alla Lebenshilfe, un’organizzazione caritatevole che trasformò quegli 800 metri quadrati di stanze in un centro per disabili per 4.800 euro al mese.

Nel frattempo, in particolare dalla fine degli anni Novanta, nei giorni immediatamente precedenti il 20 aprile, nostalgici nazisti avevano iniziato a radunarsi attorno alla casa per festeggiare il genetliaco di Hitler.

L’evento col passare del tempo si trasformò in qualcosa di molto più pericoloso di un semplice raduno di fanatici diventando un vero e proprio luogo di culto dove, gruppi neonazisti provenienti da diverse parti del mondo si davano appuntamento per celebrare il fuhrer.

Braunau stava insomma, diventando il centro simbolico di un periodo che si credeva non dovesse mai più ripetersi creando gravi ripercussioni anche internazionali.

Il Comune, il governo federale e quello centrale proposero in diverse occasioni a Gelinde Pommer l’acquisto dell’intero edificio per poterlo demolire o cambiarne la destinazione d’uso in modo da privare i neonazisti del loro punto di riferimento.

Le proposero inizialmente 310.000 euro che lei rifiutò ritenendo l’offerta poco in linea con la valutazione di mercato, anche se, di fatto, le vere ragioni sono più verosimilmente riconducibili all’ideologia della donna che si oppose più volte anche alla posa della stele commemorativa delle vittime del nazismo sistemata sotto il palazzo:

“Per la pace, la libertà e la democrazia. Mai più fascismi. Milioni di morti lo ricordano.”

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Dopo anni di controversie legali acuite nel 2011, perché la proprietaria non voleva fare i necessari lavori di ristrutturazione e nemmeno cedere la proprietà, è di questi giorni la notizia che la Corte Suprema austriaca ha dato ragione al Governo obbligando la signora Gelinde Pommer a vendere l’intero stabile per una somma di 810.000 euro.

E ora che lo possiede, il Governo deve decidere cosa farne.

“La priorità deve essere quella di porre fine al turismo neonazista che ora include anche gli estremisti di destra europei e della Russia orientale” precisa subito il ministro dell’Interno austriaco Wolfgang Peschorn.

cms_15016/4v.jpgDopo avere scartato l’idea di abbatterla, tra le varie proposte di trasformazione della casa di Hitler, c’era quella di suddividere il palazzo in appartamenti residenziali, ma anche la realizzazione di una struttura caritatevole o di un progetto con valore educativo, oppure quella di allestire un museo per le vittime del nazismo creando a un turismo diverso da quello nazista.

Alla fine si è deciso di farne un Commissariato di polizia.

Non è ancora chiaro se la stazione di polizia avrà sede in un nuovo edificio costruito al posto di quello vecchio oppure se la casa di Hitler sarà adattata alle esigenze del nuovo uso ma di certo l’obiettivo cui si tende è quello di combattere l’insorgere di quei focolai che all’inizio sembrano fuocherelli di paglia ma che poi rischiano di divampare come incendi. E un Commissariato di polizia dovrebbe, almeno in teoria, scoraggiare i facinorosi.

«L’uso che vogliamo fare della casa dovrebbe far capire chiaramente che l’edificio non sarà mai un posto dove si commemora il nazismo», ha detto il ministro dell’Interno Wolfgang Peschorn determinato a bloccare una volta per tutte il turismo nazista in quel luogo, e in verità, le sue preoccupazioni non sembrano affatto eccessive.

Che di nostalgici, a volte pericolosi, ce ne siano tanti ne sono una riprova i diversi pellegrinaggi fatti a distanza di anni dai neonazisti in luoghi di culto nazista come Predappio, in Italia, ed è di questi giorni la notizia di un’asta tenuta a Monaco di Baviera presso l’Hermann Historica che ha messo in vendita 840 cimeli nazisti, tra cui il cappello a cilindro appartenuto ad Adolf Hitler e gli abiti di Eva Braun”.

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Si è trattato tuttavia di un’asta molto contrastata, poiché per qualche ricco collezionista quei pezzi potrebbero non rappresentare altro che l’ennesimo vanto da esibire nella propria collezione, ma per la comunità ebraica essi rappresentano ancora un simbolo – per quanto svuotato nel significato – di una tirannia che ha mandato a morire milioni d’innocenti nei campi di concentramento.

Si tratta di oggetti qualsiasi appartenuti a uomini che hanno trascinato il mondo in guerra, fino a sfiorare l’abisso.

“Che tipo di persone vorrebbero avere degli oggetti personali di assassini di massa come Hitler o Goering? O i vestiti di Eva Braun? Non è una questione d’illegalità. Quegli oggetti dovrebbero farci sentire male, dovrebbero disgustarci. Sono oggetti che insultano gli ebrei, che insultano sei milioni di ebrei assassinati durante il nazismo e mettono a rischio gli ebrei di oggi”, si sfoga il Rabbino Margolin, presidente della European Jewish Association (EJA), “l’antisemitismo sta crescendo, in Germania e in Europa, e fare commerci con questi oggetti dovrebbe essere proibito. Abbiamo chiesto ai partiti tedeschi di pensare a una legge per vietarli e di mettere sotto osservazione tutti quelli che li comprano”.

Per parte sua, il direttore della casa d’aste di Monaco ha replicato che: “Sì, Hitler vende, ma a essere interessati sono soprattutto i clienti che si avvicinano a esso con un serio interesse storico”.

Ma il rabbino, incalza: “ Che valore storico possono avere le zuppiere dei gerarchi nazisti le sue forchette con le svastiche di Hitler?”.

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All’incanto oltre al cappello a cilindro usato da Adolf Hitler, un’edizione ricoperta d’argento del Mein Kampf, ma anche oggetti di uso quotidiano appartenuti ai gerarchi nazisti, come le pentole di Hermann Göring, e gli abiti della compagna di Hitler, Eva Braun, che il Fuehrer sposò due giorni prima di morire, trovati in alcuni bauli sequestrati dall’esercito americano nel maggio 1945 a Salisburgo, in Austria.

E questo è niente se si pensa che qualche anno fa è stata messa all’asta la biancheria di Hitler, un paio di mutande con le sue iniziali, quotate e vendute per 7.000 dollari, e quella di Eva Braun, conservate, in un albergo austriaco.

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Insomma, la nostalgia pare essere davvero tanta, per questo il progetto della realizzazione di un Commissariato di Polizia fra i vari proposti sembra quello più adatto a provare a scrivere la parola “fine” su un passato che anziché inorridire è ancora capace di stimolare sentimenti nostalgici.

Data:

23 Novembre 2019