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È in arrivo l’ANPAL

Tra le novità introdotte dal Jobs Act, ce n’è una che vedrà luce a giugno prossimo, a patto che arrivi il decreto di trasferimento delle risorse e delle dotazioni organiche, ancora alla Corte dei Conti. Coordinerà la nuova Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche Attive del Lavoro.

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Si chiamerà ANPAL e sarà un’agenzia.

Coinvolgerà i principali enti impegnati nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, quali INPS, INAIL, Camere di Commercio, nonché scuole e università; stabilirà i programmi delle politiche attive, finanziati dal Fondo Sociale Europeo, archivierà i fascicoli personali dei lavoratori, terrà un albo delle agenzie private e si occuperà della NASPI, il sussidio di disoccupazione universale che dal 1° maggio scorso ha sostituito l’assegno unico di disoccupazione introdotto dalla Riforma Fornero.

Soltanto i disoccupati iscritti all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, che siano stati licenziati o che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa, avranno diritto alla Naspi.

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L’iscrizione sarà effettuata dai Centri per l’Impiego, durante un colloquio con il disoccupato convocato entro due mesi dal licenziamento o dalle dimissioni per giusta causa. Qualora entro quindici giorni questi non si presentasse, perderebbe un quarto dell’indennità di disoccupazione. Nel corso del colloquio dovrà sottoscrivereun patto di servizio, cioè un programma mirato al suo ricollocamento nel mondo del lavoro. Finché non troverà un impiego, dovrà impegnarsi, sotto la supervisione di un tutor, in percorsi formativi atti a facilitare il suo reinserimento. Tolleranza zero verso chi rifiuterà proposte perché magari, pur prendendo l’indennità, lavora in nero.

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L’ANPAL potrà infatti controllare in tempo reale se la persona che non si presenta al corso di formazione o non accetta una proposta di contratto, prende la Naspi. I furbetti vedranno detrarsi dall’INPS una parte del sussidio.

L’Agenzia gestirà il personale dell’Isfol e di Italia Lavoro, acquisendone le quote. I Centri per l’Impiego resteranno invece assegnati alle Regioni fino al voto sul referendum costituzionale.

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Un cambiamento ispirato al modello anglosassone che, oltre a mettere in comunicazione domanda e offerta, si farà carico del lavoratore, ponendolo nella condizione di migliorare, attraverso la formazione, le sue competenze.

cms_3912/foto_6.jpg“Deve esserci un sistema che accolga il disoccupato e lo accompagni – asserisce Maurizio Del Conte, docente alla Bocconi, nominato presidente ANPAL – Adesso chi eroga il sussidio di disoccupazione e chi dovrebbe ricollocare il lavoratore, fino ad ora non si sono sostanzialmente parlati mentre in Germania ad esempio sono i centri per l’impiego che fanno sia l’una che l’altra cosa”. Se in Germania presso i centri per l’impiego lavorano però circa 100.000 persone, in Italia si arriva si è no a 7.000. Di strada da fare, dati alla mano, ce n’è ancora molta.

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Le percentuali di disoccupazione giovanile sono preoccupanti: 37,9% dello scorso anno contro il 19,4% del 2007. La Germania ha chiuso il 2015 con un tasso globale pari al 7%. La Grecia al 48,6%.

Oltre alla recessione, le cause del problema in Italia sono da ricercarsi nel sistema scolastico e nei cattivi collegamenti tra scuola e impresa.

Se il 29 aprile scorso i dati pubblicati dall’ISTAT hanno visto un incremento del livello di occupazione del +0,2%, raggiungendo il 56,7% nel mese di marzo, è opportuno sottolineare che il miglioramento non è riferito alla fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni, condannata secondo il presidente dell’INPS, Tito Boeri, ad andare in pensione a 75 anni a causa degli episodi di disoccupazione e della conseguente discontinuità contributiva cui è soggetta suo malgrado.

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“Nella classe di età 25-34 anni si registra nell’ultimo mese un calo del tasso di occupazione e di quello di inattività pari a 0,1 punti percentuali mentre il tasso di disoccupazione sale di 0,4 punti. – cita il rapporto redatto dell’Istituto di Statistica – Su base trimestrale, il tasso di disoccupazione è in crescita di 0,3 punti percentuali tra i 24-34enni” mentre rispetto al marzo 2015 “si osserva in tutte le classi di età una crescita del tasso di occupazione, ad eccezione dei 25-34enni per i quali il tasso resta stabile”. Tradotto in numeri si tratta di 900mila disoccupati, ai quali vanno aggiunti gli inattivi: 1.800.000.

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La “generazione ‘80” non ha dunque tratto alcun beneficio dagli sgravi contributivi del Jobs Act entrati in vigore lo scorso anno.

Il dato pubblicato ad aprile è dovuto alle migliori performance dei lavoratori ultracinquantenni registrate tanto nel mese di marzo quanto in tutto il 2015.

Se il tasso di disoccupazione degli over 50 è sceso al 6%, quello giovanile è salito al 17,9%.

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Qualora il trend fosse confermato, i nati a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 rischierebbero di non percepire pensione.

Eh si perché la riforma Fornero non si limita a correlarne l’accesso solo all’aumento della speranza di vita, ma anche alla continuità della carriera e al livello reddituale.I lavoratori fruiranno della pensione, anticipata o di vecchiaia, in base ai contributi versati. Più basso sarà l’importo percepito, più tardi arriverà l’assegno previdenziale. Siamo sicuri che le riforme proposte dal Governo siano sufficienti a garantire ai giovani italiani un futuro sereno?

Data:

12 Maggio 2016