Da oggi sapremo veramente quale sarà la direzione delle presidenziali americane. È il Super Tuesday, il giorno in cui 14 Stati più un territorio non incorporato e i democratici all’estero vanno al voto per selezionare i possibili candidati alla Casa Bianca. Se, per quanto riguarda i repubblicani, c’è ben poco da approfondire, dato che la vittoria di Trump è praticamente certa, la corsa per il ruolo di sfidante del Presidente più a destra di sempre, è più che mai incerta. Da oggi, i delegati già eletti passeranno dall’essere il 4% del totale al 38%. Si conoscerà, quindi, l’orientamento politico del 38% dei delegati che saranno chiamati a scegliere il candidato definitivo durante il congresso dei democratici in estate. Certo, i dubbi in casa dem si stanno già sfoltendo: dei 29 candidati iniziali, ne sono rimasti soltanto 6, ovvero Joe Biden, Michael Bloomberg, Tulsi Gabbard, Amy Klobuchar, Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. L’ultima defezione è stata una di quelle che fanno rumore: si tratta di Pete Buttigieg, il primo candidato presidente dichiaratamente gay negli Stati Uniti. Il suo ritiro è sorprendente in quanto egli era uno di quelli che erano partiti meglio, e c’era chi parlava addirittura di una sua possibile vittoria finale: vincitore in Iowa, secondo nel New Hampshire, Buttigieg ha però deciso di fermarsi dopo la cocente sconfitta in South Carolina, dove ha ottenuto solo l’8% dei voti.
South Carolina che, invece, ha riportato prepotentemente in auge il nome di Joe Biden: il candidato favorito dalla comunità afroamericana ha trionfato col 48% delle preferenze, e potrebbe essere proprio lui la principale alternativa a Bernie Sanders. Quest’ultimo, che già nella precedente legislatura aveva perso non di molto contro Hillary Clinton, questa volta è partito fortissimo, ed è favorito nei sondaggi. Si tratterebbe del primo candidato dichiaratamente socialdemocratico ad arrivare fino all’evento cruciale della corsa alla Casa Bianca. I dubbi, anche all’interno dell’establishment Dem, riguardano proprio il fatto che la candidatura di Sanders potrebbe disperdere non pochi voti da parte dell’elettorato centrista. Al Super Tuesday altro osservato speciale sarà Bloomberg, il miliardario quasi più di centrodestra che di centrosinistra alla sua prima prova elettorale in queste primarie, che si ritrova subito davanti ad un esame decisivo dopo essere stato metaforicamente malmenato nell’ultimo dibattito televisivo, anch’esso il primo per lui. I sondaggi, comunque, dicono che potrebbe ottenere un buon risultato. Elizabeth Warren, infine, sembra all’ultima spiaggia, dopo il deludente risultato (6,8%) in South Carolina nonostante le ottime performance nei dibattiti. Gabbard e Klobuchar rimangono invece marginali. Il Super Tuesday è da sempre un giorno fondamentale per la politica americana, ma quest’anno, forse, è ancora più importante: si affrontano, pur all’interno degli stessi partiti, visioni opposte del futuro degli USA e, di riflesso, del Mondo intero.