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ECUADOR: GLI INDIGENI CHIEDONO RISPETTO, NO AL PETROLIO DELLO YASUNÍ

Gli indigeni in Ecuador chiedono il rispetto per le loro terre e il rispetto delle decisioni popolari che sono state prese un anno fa. Il 20 agosto 2023, dopo anni di battaglie legali, il collettivo ambientalista Yasunidos è riuscito ad ottenere un referendum popolare con il quale poter chiedere al popolo il futuro del giacimento petrolifero del Blocco 43-ITT (Ishpingo, Tambococha, Tiputini), situato nel bel mezzo del parco nazionale Yasuní, nella parte ecuadoriana dell’Amazzonia. La consultazione ha costituito un’iniziativa unica, attraverso la quale i cittadini hanno potuto decidere sulla salute, sull’ambiente e sul rispetto dei popoli nativi. L’esito è stato favorevole: il 58,95% ha deciso di “lasciare sotto terra il petrolio dello Yasuní”.

Sulla base di questo risultato la Corte costituzionale ha preso la parola, disponendo che tutta la produzione dovesse cessare e tutte le installazioni petrolifere dell’area dovessero essere smantellate entro un anno. La scadenza è ormai prossima, ovvero il 31 agosto 2024 e per questo motivo una comunità di indios Waorani si è radunata dinanzi al palazzo del Ministero dell’Energia di Quito per chiedere che quanto statuito dal referendum venga rispettato. Ma facciamo un passo indietro.

Il presidente Daniel Noboa, tra i leader politici più giovani al mondo, aveva reso pubblica la propria idea sul sito in questione, dichiarandosi favorevole alla chiusura del giacimento perché non redditizio nel lungo periodo. Facendo dei conti di base e volendo parlare da imprenditore (qual è), aveva dichiarato, nel corso della campagna elettorale per diventare presidente, che la rinuncia a quel petrolio non avrebbe determinato una perdita di entrate per il paese. Si stima, infatti, che il prezzo del greggio nei prossimi anni diminuirà costantemente a livello internazionale e, per questo motivo, dal punto di vista economico-imprenditoriale il sito poteva chiudere. Purtroppo, però, tra meno di dieci giorni scade il termine imposto dai giudici e ancora oggi il petrolio continua ad essere estratto.

Lo scorso maggio Noboa aveva creato un comitato ad hoc, con lo scopo di monitorare e far rispettare le decisioni prese sulla cessazione di tutte le attività estrattive. Sinora, però, nessuna azione in tal senso sembra essere stata intrapresa. Qualche giorno fa, il 19 agosto, il ministro dell’Economia Juan Carlos Vega aveva comunque avvertito che, per ragioni tecniche, il processo di chiusura avrebbe potuto richiedere tra i 3 e i 5 anni. “C’è un chiaro mandato del popolo ecuadoriano di chiuderlo, al di là del fatto che si possa essere a favore o contro”, aveva dichiarato, e “il governo, responsabilmente, inizierà il processo di chiusura”. Col dovere di assicurarsi che queste fasi non comportino rischi “ambientali e sociali”.

Intanto i Waorani, “come proprietari del territorio”, hanno protestato anche per essere stati esclusi dal comitato costituito dal presidente, presentando un documento scritto, in tre punti, con il quale si chiede al governo di partecipare al gruppo di lavoro, e, soprattutto, sottolineando la disponibilità al dialogo, gli stessi chiedono il “rispetto dei diritti dei popoli indigeni, della loro governance e della struttura del popolo Waorani”.

Il Parco Nazionale Yasuní è un’oasi con una delle percentuali di biodiversità più alta al mondo. Ospita più di 2000 specie di alberi e arbusti, 204 mammiferi, 610 uccelli, 121 rettili e oltre 250 specie di pesci.  Si legge su El Comercio che, al suo interno, vi abitano i popoli indigeni in isolamento volontario dei tagaeri, dei taromenane e dei dugakaeri.

Al momento, Petroecuador opera all’interno del parco per lo sfruttamento petrolifero. Sempre El Comercio riferisce che il giacimento ha una produzione di circa 52.000 barili al giorno, costituente l’11% di tutta la produzione nazionale di petrolio e che il sito è il quarto più produttivo del paese.

“Il mio impegno a onorare questa decisione (l’esito del referendum, ndr) rimane fermo” ha risposto Noboa in seguito alle proteste dei Waorani, spiegando che con il suo intervento odierno la Corte costituzionale “potrà rivedere con rigore le azioni attuate dall’esecutivo per rispettare la decisione popolare”. Anch’egli, però, ha riconosciuto l’esistenza di limiti tecnici, che richiedono il rispetto di determinate tempistiche proprio per non compromettere l’ambiente. “La chiusura anticipata di un blocco petrolifero è una situazione senza precedenti nell’industria”, ha sottolineato.

(Foto di copertina ‘le proteste dei Waorani’ – credit EI Comercio)

                                                                     

Data:

22 Agosto 2024
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