Natura e arte: un legame inscindibile che il respiro dell’essere umano creatore fa assurgere a sfere divine, spargendo bellezza.
Dalle pietre del nostro teatro greco, scolpite dalla mano dell’uomo, si eleva l’alito dell’arte, quella teatrale, nella sua fase di condivisione di verità universali, attraverso il guardare tutti insieme ciò che accade su una scena in cui è protagonista la mimesi della realtà umana, complessa, indagata nelle sue viscere più profonde.
Bisogna partire da ciò per cogliere la profondità e il senso d’incanto artistico della mostra “Edipo.
Lo sguardo in sé”, inaugurata il 4 giugno 2022 e aperta fino al 6 novembre, curata dal Sovrintendente dell’Inda Antonio Calbi.
Dopo i sentiti ringraziamenti a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione, nel suo discorso illustrativo delle opere e della loro collocazione sono emerse la sua enorme cultura e la grande passione con cui, attraverso il percorso progettuale e realizzativo, ha dato vita, nel connubio con le opere già esistenti al museo, ad un “simposio” variegato, armonico al quale ci ha invitati, conducendoci nei meandri magici dell’arte.
La sensazione destata è la medesima nell’assistere all’interpretazione di un attore che, sulla scena del nostro teatro greco, permea di sé, attraverso il proprio fuoco interiore, lo spirito assorbito del personaggio, diventando un tutt’uno, portando alla luce qualcosa non di recitato ma di veramente sentito, che fa emozionare. Apprezzabile il lavoro di ricerca e di geniale intuizione nella scelta delle varie opere di 26 artisti moderni e contemporanei, di cui alcuni siracusani operanti altrove, altri emergenti, altri che hanno un legame con la città. Tutti hanno diretto le loro mani e genialità artistica, riguardo al grande e primordiale mito di Edipo, creando un binario parallelo a quello teatrale realizzantesi al teatro greco, con Edipo re di Sofocle, che fa giungere, ad ogni replica, dalla cavea l’afflato quasi ieratico di migliaia di spettatori, apprezzanti il lavoro degli interpreti diretti dal famoso regista Robert Carsen.
Peculiare, nella mostra, il legame di passato e presente, che vede attraverso il percorso di approccio conoscitivo alle opere l’intreccio di pensiero critico, spirito inventivo, uso di materiali vari, a evidenziare il senso intrinseco dell’arte che non valuta la sua bellezza in base al basso o all’alto, povertà o preziosità, nella materializzazione artistica interpretativa del grande enigma Edipo. Oltre a ciò, i rimandi simbolici alla luce e al buio, all’omicidio, all’autopunizione, all’incesto, alla peste punitiva, alla forza inevitabile del destino a cui si contrappone quella impotente dell’uomo, libero tuttavia di decidere da sé riguardo al proprio epilogo, non soppressivo ma di ricerca di vita interiore, nel prosieguo della ricerca della verità. Le opere sono accomunate dal filo conduttore della cecità (pur rimosse, al momento inaugurativo, le bende, coprenti gli occhi delle statue, dalle mani di Giuseppe Sartori, Edipo personaggio) che va interpretata variamente in seno a quella modernità che presenta la tragedia greca, portatrice del dubbio, dell’ incertezza, dell’enigma… Del resto la vita è questo: inspiegabile, casuale, enigmatica, dalle fila tirate dagli dei invidiosi della felicità dell’uomo, perseguitato da un fato inoppugnabile…
Interessante l’allestimento globale, nelle sale museali, di cui è direttrice Rita Inzolia, in cui sono esposte opere splendide di artisti di grande notorietà, quali Arnaldo Pomodoro, Alfredo Pirri, Mimmo Paladino, Emilio Isgrò e altri, sono collocate le opere edipiane, in una sorta di interscambio semantico, una sorta di contrappasso dantesco per contrasto o analogia. Esse sviscerano un enigma totemico, che ha ispirato letteratura, psicologia, teatro, cinema, pittura, scultura, tracciando un’impronta indelebile nel percorso della vita dell’uomo. Si procede tra sculture, quadri, tondi, maschere, teste di Moro, bianche, tra le quali una coperta dal velo nero, quale quelli adoperati in Edipo Re, nella stagione teatrale in corso. Tutte rendono esplicito il sentire tragico di Edipo, con rimandi al nucleo religioso cristiano della sofferenza, a quello amletico umano e alla speranza, spesso quale traccia cromatica, gialla, simbolo di luce. Edipo, infatti, non si uccide e pur cieco si mette in movimento nel trovar vita attraverso altri sensi che non siano gli occhi che permettono di guardare il male che proviene dall’ uomo e dagli dèi. Mostra pregevole, che fa riflettere e provare sentimento nel rilevare i collegamenti tra l’universale e il particolare, il passato e il presente, la vita collettiva e quella individuale, nel dicotomico, classico, malinconico, pur naturale, inevitabile, alternarsi di luce e buio, giorno e notte, gioia e dolore che accomunano tutti noi.