La tecnologia spesso viene vista come una sorta di materia di secondo piano che se c’è è bene, ma se non c’è cambia poco. In realtà questo modo di pensare è lo stesso che ha reso quasi incomprensibile il bando di concorso ministeriale inerente all’immissione in ruolo di docenti relativi a tali ambiti disciplinari, e pochi sanno che dietro le quattro discipline c’è un mondo didattico e docimologico che permette uno sviluppo di competenze trasversali, oltre che mirate, unico.
Chi ha avuto un percorso di studi di tipo industriale e/o ingegneristico ha ben compreso quanto sia stato produttivo e formativo poter mettere in pratica in ambito laboratoriale ciò che è stato trasmesso a livello teorico o verificato a livello scritto.
Lo sviluppo cognitivo dello studente si perfeziona e permette l’assorbimento degli apprendimenti principalmente nei contesti in cui è possibile sbagliare, quando il contesto è non giudicante, quando lavora in sinergia con i suoi pari spingendosi al confronto, al pensiero critico e all’apprendimento cooperativo. Questa corrente di pensiero, questo modo di insegnare, è stato da tempo applicato negli istituti tecnici e professionali in cui le attività laboratoriali l’hanno fatta da padrone in quanto molto più istruttive ed educative rispetto a numerose ore di lezioni frontali, e pian piano la scuola ha tentato di inserirla anche negli indirizzi di studio prettamente basati sull’apprendimento teorico (vedi i licei classici o scientifici tradizionali).
La mancanza, però, di competenze inerenti alle discipline del metodo sperimentale rischia di rendere poco produttiva ed efficace questa strategia didattica, spingendo, a volte, molti docenti a rinunciare in quanto si autovalutano non in grado di completare l’intera unità di apprendimento o l’intero progetto. E allora bisognerebbe cercare competenze all’esterno che, per attività non finanziate con fondi esterni, specialmente per le scuole del I ciclo di istruzione, risulta essere difficoltoso.
Eppure le STEM, Science, Technology, Engineering & Math, rappresentano non solo le materie base del metodo sperimentale, ma oggi si intersecano perfettamente nel contesto di educazione civica specialmente nel periodo emergenziale che sommerge la scuola.
Infatti tali discipline permettono lo sviluppo, nello studente, del pensiero critico, forse l’elemento cardine dello sviluppo dell’essere nella sua essenza, che, un domani, lo renderà cittadino del mondo, in grado di capire e di selezionare ciò che giusto da ciò che è sbagliato, liberandosi dai canoni di pensieri anche provenienti dalla propria famiglia (vedi disparità di genere, intolleranza verso l’altro sulla base di etnie e preferenze personali e sessuali), permettendogli di crescere e di svilupparsi in verticale applicando quei principi di rispetto del sé, dell’altro, dell’ambiente che oggi fanno fatica ad essere recepiti rispetto all’essere trasmessi.
Le STEM offrono la possibilità di lavorare in gruppo alla pari, di cooperare, di giudicare e di giudicarsi, di rendersi conto che la propria idea o la propria parola non è quella che per forza di cose deve essere quella della ragione, in quanto tali discipline forniscono sempre un risultato oggettivo: o è corretto o non è corretto. E’ il principio del mondo binario, quel fantastico mondo dei numeri digitali dove tutto è categorizzato, tutto è progettabile, nulla è impossibile, quel mondo che ha generato le magie dell’informatica, figlia della matematica, che insieme alla tecnologia ha sviluppato l’ingegneria.
Se i docenti avessero competenze tali da spendere in ogni ordine di scuola si darebbe un contributo non indifferente allo sviluppo di competenze civiche e di cittadinanza anche digitale, limitando, forse, anche i fenomeni di (cyber)bullismo e l’immedesimazione in fashionblogger o socialblogger di dubbia provenienza, dai dubbi valori: come riportava Freud “l’euforia della massa comporta l’annullamento del pensiero critico favorendo la regressione a una condizione illusoria di onnipotenza”