È fin troppo facile associare Munch a un quadro (che possiamo ritrovare in varie edizioni…) come “L’Urlo”: la disperazione della figura in primo piano che vorrebbe emettere un grido, quasi soffocato, e la disperazione del suo sguardo sono noti a tutti.
Eppure Munch ci ha regalato molto di più e la sua patria, la Norvegia, ne perpetua il ricordo esponendo la sua vasta produzione nei numerosi musei che si possono trovare in tutte le sue principali città. Il recente museo Munch di Oslo, di incredibile e futuristica bellezza architettonica, espone ben 1100 suoi dipinti, 4500 tra disegni ed acquerelli, 18000 opere grafiche e 6000 libri. Un incredibile patrimonio…
Ma oggi, soffermiamoci ora ad osservare un suo assoluto capolavoro. “Sera sul viale Karl Johan” (1892)
L’opera fa parte della serie di quadri imperniati sulla “paura di vivere” e viene esposta per la prima volta a Berlino nel 1902 con il titolo “Strada” suscitando critiche e stroncature.
Personaggi dipinti in nero con facce bianche cadenti si riversano come dei fantasmi, inarrestabili, verso lo spettatore. La scena rappresentata è quella di un incubo, un sogno angosciato che si è trasformato in un quadro. Munch non è mai stato felice. Si è opposto in ogni senso. Vide il celibato come una sofferenza, la libertà come schiavitù e stanze come claustrofobia. Nemmeno gli importava della vita di strada. Munch dipinse questa veduta del Viale Karl Johan, la via principale di Cristiania, l’attuale Oslo, nel 1892; in precedenza, aveva dipinto immagini relativamente realistiche della strada, ma qui diventa il teatro di una visione espressionista dell’ansia.
Egli sradica i dettagli, le finestre illuminate sembrano fluttuare nello spazio come enormi aquiloni rettangolari, e le facce sono senza tratti tranne i loro occhi fissi e spalancati, e in un volto, una barba e baffi. Quella che nella vita reale era una passeggiata prima del teatro o dopo cena, è stata filtrata attraverso un’angoscia sensibile per diventare una scena orribile. La forte composizione diagonale, con le facciate delle case sul lato sinistro del quadro, posizionando in primo piano i passanti nella serata, crea una sensazione di claustrofobia, di soffocamento, di oppressione.
Munch divide la tavolozza cromatica in tre blocchi di colori; le facciate rosse, le figure nere e il cielo blu scuro dietro, e in un disegno semplice ed efficace. I suoi colori sono luridi: giallo acido, blu scuro e viola, malva e pece; potrebbero quasi provenire da Van Gogh, ma l’effetto è diverso. In Van Gogh i colori brillano di luce verso l’esterno, mentre qui, sembrano provenire da uno stato di sogno in cui tutto è irreale e stranamente alterato.
Tagliando la vista per non mostrare i corpi dei personaggi, Munch crea un senso di minaccia; le teste sono ancor più da incubo e sembrano più vicine allo spettatore, quasi scoppiando fuori dal quadro. Le tecniche di ritaglio di Degas, le stampe giapponesi e la fotografia, forniscono a Munch un metodo di intimidazione della minaccia e dei disordini, mentre il vuoto e lo sguardo inflessibile dei borghesi, passeggiando, calano sullo spettatore, come ad evidenziare le maschere che queste persone sono costrette, dalle loro regole e dalle loro convenzioni, ad indossare. Tuttavia, rispetto a “L’urlo“, quest’opera è più simbolista che espressionista e la sua potenza pura, è nascosta sotto il bel cielo blu e le lampade ad incandescenza, una superficie di velluto che nasconde il terrore.
L’unico personaggio, contro corrente e che cammina in mezzo alla strada, evoca la situazione di Munch come un artista “bohémien” e radicale, braccato dalle autorità della classe media nel soffocante parrocchialismo di Christiania, in contrasto con il mondo più ampio e all’avanguardia di Berlino o Parigi cui ambiva. Una feroce critica alla società del tempo, un’accusa all’alienazione e allo spaesamento dell’umanità nella società moderna e alle convezioni della borghesia del tempo.
Il Palazzo verso cui la strada si prospetta è lo Stortinget, il Parlamento che, in quanto luogo dove vengono emanate le leggi e stabilite le regole sociali, domina la scena e simbolicamente è posto a vigilare con le sue finestre/occhi, dall’abbagliante luce gialla e bianca, sul rispetto dei valori borghesi. Le finestre illuminate sembrano sventolare nello spazio come grandi aquiloni rettangolari.
Ovviamente,la solitudine incomunicabile dell’uomo e la sua paura di vivere sono i temi centrale di quest’opera, dietro cui si cela anche un attacco feroce alla borghesia.
Edvard Munch ha creato con questo dipinto un potente ritratto di solitudine e paura. Per l’artista la città incarna gli orrori della vita moderna, la folla senza volto è ostile e fa emergere nell’uomo sentimenti di solitudine e paura.