Circa 40.000 le persone scomparse dall’inizio della guerra della droga in Messico, cominciata nell’ormai lontano 2006, con un aumento di violenza e crudeltà sempre maggiori da parte dei cartelli. “Città del Messico, 12 maggio: le autorità messicane hanno scoperto i resti di almeno 34 persone in due proprietà separate nello stato occidentale di Jalisco”: queste le parole riportate dall’ANSA in mattinata. Risulta assolutamente evidente la spietatezza con cui questo tipo di criminalità organizzata agisca, giorno dopo giorno, con sempre peggiore efferatezza. Due dei corpi rinvenuti sono stati rapidamente identificati e gli scavi continuano incessanti. Lo stato ospita uno dei più feroci cartelli messicani, il Jalisco New Generation Cartel, noto anche per aver abbattuto un elicottero militare adoperando un lanciarazzi.
L’origine dei cartelli messicani è fatta risalire al vissuto e alle decisioni di Miguel Angel Felix Gallardo, un ex agente della polizia giudiziaria federale, che negli anni ‘80 aveva il totale controllo del narcotraffico sul territorio messicano e al confine con gli Stati Uniti d’America. Divenne presto il punto di riferimento per uno dei più celebri cartelli messicani: il cartello di Medellin gestito da Pablo Escobar. All’epoca Gallardo era infatti il signore assoluto della droga, riuscendo sempre a preservare un profilo basso, assicurandosi, così, la libertà di agire indisturbato. Per evitare di essere stroncato inaspettatamente e brutalmente dalle forze dell’ordine, egli decise di diversificare la sua organizzazione per aumentarne l’efficienza, creando così piccoli gruppi criminali, capeggiati da personalità meno note e pertanto meno contrastate dalla DEA (Drug Enforcement Administration – Squadra antidroga). La supervisione di Gallardo continuò fino al 1989, anno del suo arresto. Dopo la caduta del grande capo, avidità e brama di potere portarono i cartelli a divenire sempre più indipendenti l’uno dall’altro e sempre più aggressivi e violenti.
I contrasti da parte del governo cominciarono solamente nel 2006, con l’elezione di Felipe Calderon, che con atteggiamento decisamente opposto, rispetto a quello passivo tenuto dalla politica messicana durante tutti gli anni ’90, avviò la prima grande operazione contro la criminalità organizzata in Messico, incipit della attuale, quotidiana e sanguinosa guerra tra governo e cartelli.