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Elizabeth Holmes e la vicenda Theranos

Ci sono tutti gli elementi di una spy story nella vicenda che ha trascinato nel fango la Theranos. La giovane imprenditrice di successo Elizabeth Holmes, fondatrice ed amministratrice delegata della società americana specializzata in strumenti sanitari ed esami clinici, avrebbe trascinato migliaia di investitori nella sua iperbole, creando un vero terremoto nella Silicon Valley. La falla nel sistema ha evidenziato come l’incauta fiducia degli investitori debba fare i conti con un sistema che premia migliaia di start up con eccessiva generosità. La Holmes, indicata come la “pioniera del tech”, sosteneva di aver inventato un dispositivo in grado di rivoluzionare il mercato delle analisi mediche: l’innovativa tecnologia avrebbe consentito di effettuare un ampio spettro di analisi mediche partendo da una sola goccia di sangue piuttosto che dalle tradizionali fialette. Grazie ad un analizzatore portatile, il sistema Theranos avrebbe consentito di superare il ricorso a siringhe e fiale garantendo un abbattimento di tempi e di costi.

Questo elemento è stato alla base del crescente successo della start up, che nel 2014 ha raggiunto i 9 miliardi di dollari di valore.

Ora, dopo le accuse di frode massiccia della Securities and Exchange Commission, la Holmes rischia di passare alla storia come una delle più grandi truffatrici della storia statunitense.

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La Holmes, dopo aver lavorato al Genome Institute of Singapore, abbandona gli studi in chimica e decide di darsi all’imprenditoria. Grazie al sostegno del suo docente di ingegneria chimica, Channing Robertson, nel 2003 la inventrice – il cui genio viene paragonato a quello di Steve Jobs – fonda Theranos. Il progetto a cui sta lavorando è di quelli destinati a rivoluzionare la tecnologia dei laboratori di analisi, ferma più o meno da cinquant’anni, e pertanto esige segretezza totale. Ma il dato più interessante dal punto di vista economico è che il progetto si inserisce nell’offerta dei farmaci da banco, nel florido mercato dell’automedicazione: una vera miniera d’oro. Theranos è finalmente pronta per il mercato.

La Holmes sa bene come suscitare la curiosità degli investitori e, in breve tempo, cattura l’attenzione dei media divenendo il volto della sua star up. “E’ assurdo che negli Stati Uniti sia più facile comprarsi un’arma da fuoco che farsi un’analisi medica” questo è il mantra che la profonda conoscitrice di marketing recita durante le interviste, indossando un dolcevita nero, astuto rimando al geniale inventore della Apple.

Indicata dal Time come una delle persone più influenti del mondo e da Forbes come una delle donne più potenti, la Holmes appare come una imprenditrice instancabile e caparbia: mai una vacanza, stile di vita morigerato, vegana, incapace di avere relazioni se non quella con il suo lavoro.

L’azienda, nel frattempo, stringe un importante accordo con la catena Walgreens, la più grande del Paese con oltre ottomila farmacie, per installare nei loro esercizi i cosiddetti Theranos wellness center, le postazioni di prelievo. La crescita del mercato è esponenziale. Nel giro di alcuni mesi, Forbes valuta in nove miliardi di dollari il valore dell’azienda, ed Elizabeth, che possiede circa la metà delle quote, diventa la dodicesima donna più ricca degli Stati Uniti con un capitale di 4,4 miliardi di dollari.

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Nel 2015, però, la situazione precipita improvvisamente. A sollevare il caso è il Wall Street Journal, il quale pubblica una serie di reportage che mettono in dubbio l’efficacia degli esami di Theranos sulla base di dichiarazioni di ex dipendenti. A scriverli è John Carreyrou, due volte premio Pulitzer e una delle firme più autorevoli del giornalismo investigativo statunitense. Il giornalista dimostra che l’azienda non rispetta alcuno standard, tanto che quasi nessuno dei suoi risultati è affidabile.

Una settimana dopo la pubblicazione del primo articolo di Carreyrou, la Food and Drug Administration (FDA) emette un comunicato ufficiale nel quale si legge che l’apparecchiatura di Theranos è stata approvata solo per esami sull’herpes e non per tutti i 200 esami nei quali invece viene impiegata. Inoltre, viene fuori che, in realtà, Theranos non usa quasi mai la provvidenziale macchina dei miracoli per effettuare gli esami del sangue: nel 2014, per esempio, solo 15 test su 205 sono stati gestiti con Edison. Per tutti gli altri, Theranos ha comprato presidi sanitari tradizionali da compagnie come Siemens.

Mentre la Holmes cerca di accampare filosofiche motivazioni con i media (“Questo è quello che accade alle persone che cercano di cambiare le cose”), la sua reputazione oscilla.

Contestualmente, nell’articolo si fa riferimento al misterioso suicidio di Ian Gibbson, il biochimico britannico che ha firmato insieme alla Holmes molti dei brevetti dell’azienda. Gibbson, secondo le dichiarazioni della moglie, era tormentato dall’enorme pressione che subiva dalla Holmes affinché risolvesse i problemi di cattivo funzionamento dei macchinari. Dal vaso scoperto, viene fuori che la Theranos ha mentito, inoltre, dichiarando di aver fornito dispositivi sanitari ai soldati statunitensi in Afghanistan.

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Nel gennaio 2016 l’ente di controllo dei laboratori di analisi, il Centers for medicare and medicaid services, comunica che gli esami del sangue effettuati dall’azienda mettono in pericolo la salute e l’incolumità dei pazienti.

La Catena di farmacie Walgreens smantella le quaranta installazioni nei suoi negozi in Arizona ed interrompe i rapporti con la Theranos. Intanto, la Fda vieta alla società di usare le macchine Edison.

Ad effetto domino iniziato, arrivano le cause: civile, penale più due cause collettive per truffa da parte dei fondi che hanno investito. Intanto Hillary Clinton, cui la Holmes ha finanziato la campagna elettorale, prende le distanze dall’imprenditrice, annullando un evento che avrebbe confermato il legame tra le due donne.

Nel luglio 2016, l’agenzia federale che regola i laboratori medici e diagnostici negli Stati Uniti revoca a Theranos la licenza a operare per un suo laboratorio in California a causa di pratiche non sicure e bandisce la Holmes per due anni dal business degli esami del sangue, comminandole una pena da diecimila dollari al giorno finché non si porrà rimedio. Forbes, intanto, condivide con Fortune e altri l’imbarazzo di aver partecipato alla colossale bolla di sapone, e corregge al ribasso la valutazione della Holmes, azzerandola.

A questo punto, la Holmes abbandona l’attività di laboratorio di analisi e patteggia le accuse, senza alcuna ammissione di responsabilità, della Consob americana, pagando 500.000 dollari. Non potrà ricoprire alcun incarico societario per i prossimi 10 anni.

La Theranos ha licenziato 340 persone – quasi metà dei suoi dipendenti – e ha chiuso il laboratorio.

Nel frattempo, in perfetto stile di denuncia del cinema americano, il regista Adam McKay, premio Oscar per The big short,ha tratto ispirazione dalla vicenda per la trasposizione cinematografica, con Jennifer Lawrence nei panni della camaleontica Elizabeth.

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Qualcuno, opportunamente, si era tenuto alla larga dalla ragazza dal dolcevita nero, prevedendone la disfatta. Google Ventures, per esempio, nel 2013 aveva esaminato la Theranos, cercando di ottenere informazioni sulla sua tecnologia, e si era resa conto che l’azienda era sfuggente sull’argomento. Il fondo di venture capital di Alphabet intuì che qualcosa non tornava e decise di non investire.

La favola dell’ammaliatrice di folle si è conclusa svelando criticità nel mondo delle start up americane, dove anche la più inconsistente delle idee, con i dovuti accorgimenti, può beneficiare di quell’acceleratore di ricchezza che è la Silicon Valley.

Data:

21 Marzo 2018