La Corte Costituzionale Italiana rimuove un altro degli “sgambetti” che la legge Pinto (n. 89 del 2001) aveva concepito nei confronti dei principi consacrati nella C.E.D.U. (Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, art. 6) quanto all’equa riparazione per le ataviche lungaggini processuali.
Questa volta tocca all’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001, dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato solo con l’assunzione della qualità di imputato (cioè quando è prossimo il giudizio penale vero e proprio), anziché quando l’indagato, in seguito a un atto dell’autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico durante la fase delle indagini preliminari.
Va detto che la Corte di Strasburgo aveva in modo reiterato imposto di tenere conto, ai fini del computo della durata del periodo che segue la comunicazione ufficiale, dell’accusa di avere commesso un reato”. Il principio di carattere generale, infatti, è che la conoscenza di una iniziativa giudiziaria (o perché ne siamo artefici o perché la subiamo) incide da subito sulla nostra vita in termini di patimento e la C.E.D.U. prevede che, oltre i limiti fisiologici di durata di cause e procedimenti giudiziari in genere, questo patimento vada risarcito dagli Stati per non aver predisposto e garantito un efficiente e celere svolgimento della controversia.
Sicché è chiaro che, nel computo di questo tempo, deve essere considerato anche quello in cui il cittadino ha avuto conoscenza di indagini penali a suo carico. Sembra assurdo ma, per una cosa tanto elementare, c’è voluta una sentenza della Corte Costituzionale. I costi di questo intervento della Corte sarebbe il caso di girarli agli autori della legge 89 del 2001 e di chi l’ha promulgata, perché tutti hanno volutamente contravvenuto a principi cardine di natura superiore che, prima o poi, avrebbero corretto gli errori consapevoli. Perché lo hanno fatto? Forse per limitare il peso risarcitorio nel bilancio dello Stato, o forse per le pressioni di un apparato giudiziario timoroso di essere additato come responsabile di esborsi milionari a causa di pecche intollerabili che andrebbero semplicemente eliminate con interventi mirati, senza trucchi.