La sentenza di primo grado non è stata indulgente nei confronti di Davide Garofalo, il “barelliere della morte” di Biancavilla, in provincia di Catania. Il 46enne uccideva i pazienti direttamente in ambulanza iniettando aria nelle vene, in accordo con le agenzie di onoranze funebri, i cui servizi venivano “pubblicizzati” alle ignare famiglie delle vittime. Ma non è tutto: il presidente Sebastiano Mignemi ha messo in luce un importante aggravante che ha a che fare con il mondo della malavita. Pare infatti che Garofalo agisse in modo da favorire gli interessi di Cosa Nostra; un’ombra inquietante che si aggiunge ai contorni già agghiaccianti della vicenda.
La vicenda, e le relative indagini, si aprì nel 2017, quando un pentito rilasciò pesanti dichiarazioni ai microfoni del programma televisivo “Le Iene”. Quest’ultimo definì Brancavilla come un paese in cui “la gente non moriva per mano di Dio” ma per “far guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50”. Non si sa con esattezza quanti pazienti abbiano perso la vita per mano del barelliere, per il momento sono stati accertati gli omicidi di un 55enne e di una donna e un uomo molto anziani.
Nell’ambito della stessa inchiesta, sono stati indagati altri due barellieri per episodi analoghi, avvenuti a bordo di due ambulanze diverse, per un totale di oltre 50 morti sospette. Garofalo è seguito dall’avvocato Turi Liotta, che non ha predisposto il ricorso al rito immediato per il suo assistito. Il pubblico ministero Andrea Bonomo, nel corso della requisitoria, aveva chiesto la condanna a 30 anni per il barelliere. La sentenza del presidente della corte d’Assise prevede, inoltre, una provvisionale di 400 mila euro: 360mila per i familiari delle vittime e 40mila per le associazioni che si sono costituite parte civile. Ttra queste, l’Asp di Catania e il comune di Biancavilla. Dovrà ancora essere giudicato, ma con il rito abbreviato, l’altro imputato Agatino Scalisi, accusato di un solo omicidio.