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ESPERIENZE DOLOROSE: PESO, CRESCITA E CAMBIAMENTO

Le esperienze di sofferenza segnano nel profondo dell’animo. Il dolore ci tocca dentro. E’ inevitabile. E’ come una goccia d’acqua che disturba la quiete apparente del mare. Molte gocce unite al forte soffio dell’implacabile vento interiore, danno vita ad una tempesta. A questo punto, da un lato qualcuno tenta di aggrapparsi in qualche modo alla scialuppa di salvataggio e, dall’altro invece, qualcun altro si lascia andare.

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In entrambi i casi, le conseguenze sono amare. E’ il momento in cui l’oscurità prende il sopravvento. Si scende verso il basso. La vista è annebbiata e le forze sembrano perdute. Poi, quasi in un istante, si tocca il fondo. Una botta incredibile. La sofferenza si irradia in tutto il corpo come una scarica elettrica. Non c’è modo di fermarla. E’ necessaria per dare la spinta che consente la risalita in superficie.

cms_2158/Basta.jpgAltrettanto dolorosa. Ugualmente straziante. Ci rimbalza di nuovo verso l’alto. Ma stavolta è diverso. Risaliamo con una nuova consapevolezza. Siamo vivi anche se un po’ bruciati. Questo è quello che accade quando il dolore si prende gioco di noi. O meglio, quando siamo noi a permettere a ciò che ci procura dolore di prendere il sopravvento. Succede che cadendo, si perde molto sangue e poi comunque ci si rialza. Però la cicatrice rimane. Vero è che il tempo costituisce uno dei migliori aiuti. Tuttavia non può esser l’unico a sanare completamente. Questa è un’operazione che richiede una piena conoscenza di sé e del proprio modo di essere. La difficoltà risiede nella incapacità di gestire situazioni simili a quelle che precedentemente hanno creato dolore. L’operazione tipica di un cervello ferito nel cuore è la costruzione di un sistema di credenze devastanti e negative verso la vita in generale. Il pensiero fisso è che una situazione che ci ha causato dolore una volta, è destinata a ripetersi nel tempo. Questo dipende da noi. Da quanto facciamo resistenza al pensiero. Possiamo decidere di continuare a ripetere gli stessi schemi mentali o cambiare metodo di approccio all’esistenza.

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Dal negativo al positivo. Il fatto è che si tratta di un problema che non riguarda solo noi in quanto singoli ma la società in generale. Si pensi, ad esempio, a chi a causa di rovinose esperienze passate, è convinto che le persone siano cattive ed egoiste per natura. Un atteggiamento che porta scompenso oltremodo perché induce a comportarsi con diffidenza e indifferenza e a sviluppare atteggiamenti di negatività e quindi cattiveria. Al contrario, per provare a modificare quello che non funziona, bisogna spostare l’attenzione sull’atteggiamento mentale. E’ possibile aprire l’armadio delle sofferenze e lasciarle andare via. Guardarle volare ringraziandole. Una ad una oppure insieme. L’importante e non appendersi ad esse perché con i loro artigli invisibili agli occhi, intaccano la libertà e limitano la persona. Contribuiscono a renderla insicura, fragile, chiusa, aggressiva, piena di rabbia e di paura.

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L’obiettivo di questa trasformazione è un presente “vivo”. Un “qui e adesso” forte. Una rivincita verso se stessi. Chiudere la porta di un passato -che comunque ha insegnato qualcosa che si doveva necessariamente capire per crescere- per far spazio ad un carpe diem meraviglioso. Questa è la vera svolta. Un cambiamento che porta alla felicità. La propria luce nel cuore.

Data:

2 Maggio 2015