A poche ore dalla smentita da parte del Governo italiano circa i presunti tagli su istruzione e cultura,
si cerca di salvaguardare il concetto stesso di democrazia che si basa proprio sull’istruzione e sulla cultura. Partiamo dal presupposto che l’istruzione è un requisito necessario perché si diventi cittadini e persone a pieno titolo. Mandela ci ricorda, a tale proposito, che “l’educazione è l’arma più potente per cambiare il mondo”; l’istruzione inoltre è una prerogativa fondamentale per cambiare una condizione di partenza sfavorevole. Bisogna investire dunque in istruzione ed in cultura per un futuro in cui si rinforzino i diritti e le libertà dei cittadini, in cui si sviluppino le risorse e le nostre potenzialità ed in cui si acquisisce la competenza rinforzata dalla conoscenza che ci porta ad agire con consapevolezza. L’istruzione ci aiuta a gestire meglio i rapporti con gli altri ed ad agire produttivamente nella vita politica, sociale e culturale.
Come riportano le note ministeriali, “la scuola italiana vive attualmente una situazione di incertezza, sebbene si siano avute riforme settoriali, non organiche, e spesso aventi natura sperimentale”.
Il sistema scolastico italiano, di fatto, è così ripartito: Scuola dell’infanzia, 1°Ciclo (Scuola primaria e Scuola secondaria di 1° grado) e 2° ciclo, che comprende invece la scuola secondaria di 2° grado, in cui si sviluppa l’autonomia del giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale.
L’OCSE, nel pubblicare i risultati dell’indagine internazionale sull’insegnamento e l’apprendimento, ha fatto emergere che l’età media dei docenti italiani si attesta intorno ai 49 anni, mentre quella dei dirigenti intorno ai 56. “Il 35% degli insegnanti lavora in scuole in cui almeno il 10% degli studenti ha un background migratorio. Il 94% dei dirigenti scolastici riferisce che i loro docenti ritengono che bambini e giovani debbano apprendere che le persone di culture diverse hanno molto in comune” si legge inoltre.
Facendo riferimento ai modelli organizzativi europei l’Italia, che prevede l’offerta di un curricolo comune di base a livello primario e successivamente a livello secondario inferiore, risulta essere agli ultimi posti in classifica. L’istruzione a struttura unica, tipicamente caratterizzante i Paesi nordici, si pone invece ai primi posti: in esso gli studenti non devono sostenere esami e nei primi anni non vengono neppure valutati. La Secondaria è facoltativa, dura tre anni (dai 15 ai 19 anni d’età) e può preparare all’università o al mondo del lavoro. C’è un’ampia libertà di insegnamento sia a livello di programmi che di libri di testo. Le classi raramente superano i 20 alunni e già dalla primaria vengono insegnate due lingue aggiuntive oltre a quella nazionale.
Il sistema scolastico polacco risulta essere in realtà uno dei migliori d’Europa. La scuola primaria è obbligatoria. Si comincia a 6 anni e si conclude a 12 anni. Terminato questo ciclo c’è un esame, che fa accedere alla scuola secondaria inferiore (simile alla nostra scuola media), anch’essa obbligatoria per tre anni. L’esame dei 15 anni chiude pertanto il periodo della scuola dell’obbligo. La scuola secondaria superiore è invece generalmente di due tipi: c’è il liceo, che si svolge in tre anni, oppure l’istituto tecnico, che ha un corso quadriennale; al termine di entrambi c’è un esame chiamato “di maturità”. Il ruolo degli insegnanti varia a seconda delle età: nei primi tre anni della primaria c’è una sorta di maestro unico, mentre negli ultimi tre i docenti si dividono le materie.
Il sistema è molto simile a quello italiano e anche le materie insegnate sono pressoché le stesse.
In Italia però non si attuano periodicamente le riforme come in Polonia e dunque non è possibile monitorare il sistema scolastico costantemente ed intervenire per cercare dei modi per migliorarlo.