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ETICA E POLITICA. VIGENZA DI UN PENSIERO -Per capire la realtà politica attuale con Hannah Arendt – I Parte

Il pensiero di Hannah Arendt è diventato un faro per comprendere l’attuale realtà politica. C’è bisogno di “pensare a cosa stiamo facendo”, in modo da rispondere alle circostanze che stiamo vivendo in un modo che sia creativo, coraggioso e ricettivo. La voce di Arendt  è unica e la sua profonda preoccupazione per la condizione umana ci ricorda che il suo non è solo un esercizio intellettuale, ma viene dall’esperienza. 

La libertà in cui credeva Arendt è quella che sperimentiamo quando agiamo in risposta alle ingiustizie.

Per Hannah Arendt la pluralità è la condizione del mondo. Tuttavia, dopo decenni di lotta per stabilire sistemi democratici liberali, plurali e inclusivi, stiamo vivendo una battuta d’arresto. Cosa succede quando le democrazie liberali non danno risultati? Quando i valori liberali sono visti come prerogativa esclusiva dei potenti? Questa è una minaccia contro la pluralità.

Arendt fa una distinzione tra pluralità e liberalismo: le democrazie liberali si adattano meglio alla condizione di pluralità, ma non sempre.  Ma cosa significa in concreto una politica della pluralità? Per Arendt vivere in un mondo plurale significa che è necessario lavorare per stabilire istituzioni politiche, culturali e sociali che possano creare le condizioni per l’azione, il dissenso e il consenso, da un lato, ma anche la privacy, il disagio, la cura, cioè per una politica della condizione umana e della pluralità naturale che esiste sulla terra.

Sulla banalità del male, il pensiero totalitario e la crisi dei rifugiati.

Il totalitarismo minaccia la libertà umana.  Oggi in molti paesi la bandiera della “libertà” viene issata soprattutto dai partiti di estrema destra, che sostengono politiche anti-immigrazione, antiaborto, ecc. Non c’è dubbio che i movimenti antiaborto e anti-immigrazione siano particolarmente ideologici, perché, nei termini di Arendt, ignorano la realtà di un mondo in cui le persone si spostano e si sposteranno e in cui ci sono e ci saranno donne che cercheranno di porre fine alle loro gravidanze

Arendt era sospettosa nei confronti di tutte le ideologie della libertà perché pensava che una volta che il pensiero ideologico avesse preso il sopravvento, coloro che non si fossero adattati, ne avrebbero sempre pagato il prezzo. Quindi il pensiero ideologico è dannoso per la libertà.

La libertà in cui Arendt credeva – insieme a Rosa Luxemburg – era il tipo di libertà che sperimentiamo quando agiamo, individualmente o collettivamente, in risposta a eventi e ingiustizie. Quella libertà non viene dalle astrazioni, e certamente non dalle bandiere della destra, ma dalla strada, dall’esperienza: “Le cattive ideologie rendono possibile il male, ma dobbiamo anche essere molto attenti alle politiche e alle istituzioni che sono meno ‘malvagie’“.

Donald Trump negli Stati Uniti, Vladimir Putin in Russia, Nayib Bukele in El Salvador, Javier Milei in Argentina. Come lottare contro l’ascesa populista oggi?

Arendt come pensatrice dei nostri tempi, ci ricorda che elementi “identificati con il pensiero totalitario si sono insinuati di nuovo nella nostra cultura politica“. Arendt ha identificato il totalitarismo come una possibilità coerente e minacciosa della politica democratica occidentale, con radici profonde nei suoi progetti di esclusione razzista, avidità capitalista ed espansione imperiale.

Nel suo studio epocale sul totalitarismo, Arendt ha scritto contro la tendenza a “spiegare i fenomeni con analogie e generalità tali che l’impatto della realtà e lo shock dell’esperienza non fossero più avvertiti“. Pubblicato sulla scia di orrori che dovevano ancora essere elaborati, Le origini del totalitarismo non era una storia accademica distaccata. Arendt ha descritto in modo memorabile i campi di concentramento come un “inferno” che sfidava la descrizione oggettiva. Possiamo così leggere “The Origins of Totalitarianism”, come un appello al presente da parte di una pensatrice antitotalitaria. Così i cittadini dovrebbero assumere il compito di Arendt: “affrontare e resistere alla realtà, qualunque essa sia o avrebbe potuto essere“. Se analizziamo i social media e la loro responsabilità, dobbiamo proteggere quei luoghi in cui il dialogo può succedere, che si tratti di consigli comunali, parlamenti, organizzazioni artistiche, ONG, gruppi, media, università, scuole, ecc. Ma non solo. 

Il pensiero e l’analisi devono essere intimamente correlati al desiderio e necessità di ricordare e testimoniare il disordine di una realtà sperimentata. Come ha detto Arendt, “ogni pensiero è un ripensamento, una riflessione su qualche questione o evento”. Poiché scriveva nel contesto del fascismo e del totalitarismo, la Arendt era profondamente diffidente nei confronti dei tentativi di cambiare la vita sociale ed economica con la forza. Allo stesso tempo, era inorridita dagli effetti sull’economia e sulla società della “crescita per la crescita” e del consumismo, impressionata da ciò che significava sia per la politica che per l’etica.

Quando sostiene che il totalitarismo è la manifestazione di tendenze sotterranee della nostra storia, Arendt sta allertando i lettori sulla fragilità dei nostri tempi, in cui masse atomizzate, ribollenti di rabbia, sono sempre più in rivolta contro norme e istituzioni. Modernizzando il pensiero di Arendt adattandolo al XXI secolo, per combattere la destra populista dobbiamo affrontare direttamente le disuguaglianze economiche e sociali. Il lavoro fa parte della condizione umana e quindi tutti dovrebbero avere il diritto a un lavoro gratificante in condizioni che non siano di sfruttamento ed eccessiva competitività.

Nell’era della distrazione, delle teorie del complotto e della post-verità, quali strumenti abbiamo per combattere l’ascesa dell’odio e la ricomparsa del pensiero totalitario? È stato detto che l’attuale pensiero totalitario è l’ultimo sussulto delle vecchie e nuove egemonie, che ci hanno dato il totalitarismo, nella più totale impunità di tanti politici bugiardi e dei loro cinici intrighi.

Per resistere “attivamente” alla strumentalizzazione della nostra attenzione, dobbiamo rifiutare di farci ingannare. Oggi sempre più persone hanno imparato a usare gli strumenti politici per trovare nuove soluzioni, cercando di umanizzare ciò che accade nel mondo e in noi stessi, anche solo parlandone.

Il compito politico urgente è ri-democratizzare il dialogo, l’attenzione e la concentrazione attraverso l’educazione e il pluralismo.

Le grandi storie di emancipazione del XX secolo ruotavano attorno alla crescente pluralità: femminismo, diritti civili, antifascismo, decolonizzazione. Affinché questi diritti continuino ad essere possibili, bisogna eleggere governi abbastanza coraggiosi da affrontare il dominio della tecnologia e investire nell’istruzione come progetto democratico.

Arendt ha profetizzato la nostra era di declino democratico più di 70 anni fa, quando ha osservato che “il governo democratico si era basato tanto sull’approvazione silenziosa e sulla tolleranza di sezioni indifferenti e inarticolate del popolo quanto sulle organizzazioni articolate e visibili del paese”.

(Continua)

Data:

19 Dicembre 2024

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