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ETICA ED EMANCIPAZIONE – Ermeneutica e teoria critica (IV^ Parte)

Il carattere umanistico dell’etica

“Lo scopo dell’impresa umanista è l’umanizzazione della realtà della convivenza umana, superando sia la dissociazione tra individuo e società, sia la falsa realtà che gira intorno a se stessa e si nutre della propria sostanza “disincarnata”. (José Manzana)

Negli affari umani e nelle questioni sociali siamo tutti agenti, siamo tutti coinvolti. La coscienza etica si manifesta in tutta l’ampiezza della sua razionalità pratico-umana, attraverso l’analisi della situazione e la volontà di emancipazione.

L’impegno umanistico mette in luce i condizionamenti e le implicazioni mondano-sociali dei rapporti interpersonali, cercando la mediazione e il passaggio delle esigenze morali al campo delle decisioni pratiche. Mentre la realtà, a causa della globalizzazione a tutti i livelli, diventa planetaria, il pensiero deve essere aperto ad una prospettiva planetaria. Cercare un’etica con dimensione sociale e politica, in una realtà planetaria e con una coscienza planetaria, significa rispondere alle sfide poste dalla maggior parte delle persone del nostro pianeta e dalla loro grave situazione di povertà, sfruttamento e disumanità.  

Questo deve essere uno dei fili conduttori del pensiero “planetario” e “cosmopolita” Dare il primato teorico e pratico alle maggioranze popolari e ai popoli oppressi costituisce uno dei criteri ermeneutici fondamentali della realtà, se proprio si vuole essere fedeli alla realtà e alle esigenze etiche. La filosofia e il pensiero in generale non possono rimanere estranei alla sfida di questo criterio fondamentale.

Il circolo della riflessione e della prassi -vero circolo ermeneutico- non può apparire vizioso. Le prospettive suggerite dall’ermeneutica di Gadamer, come erede della tradizione della filosofia pratica aristotelica, vanno nel senso di recuperare il buon senso pratico rappresentato dalla phronesis. L’esercizio della phronesis aiuta a sostenere la solidarietà da cui dipende la democrazia.

Hans-Georg Gadamer

 La phronesis si distingue dalla techné, la conoscenza tecnica, di cui Gadamer è critico. La phronesis è strettamente correlata all’ethos, per cui l’etica è una phronesis di emancipazione. Di fronte a queste interpretazioni – phronesis come ethos – non esiste distanza tra etica e politica, pur affermando l’autonomia di entrambe. Cercare di superare allineamenti e ingiustizie non costituisce un compito illusorio della riflessione umana e della pratica che l’accompagna, ma piuttosto il dovere più intimo e nobile di ogni vero pensiero.

Karl Marx ha denunciato una realtà che tormenta costantemente le società “democratiche”: un’organizzazione sociale che in teoria stabilisce la libertà civica di tutti e in pratica stabilisce il dominio di pochi sulla grande maggioranza attraverso la proprietà dei mezzi di produzione e dei grandi mezzi economici di una società.

Karl Marx

Occorre arrivare a un concetto ampio e ricco di democrazia. In questo senso, la qualità morale di una società democratica è determinata dalla sua reale attenzione allo sviluppo di tutti, ma soprattutto di coloro che si trovano in una situazione di indifensione, povertà e marginalità. Non si tratta di assistenza sociale, si tratta soprattutto di sviluppo dell’autonomia personale e sociale che deve spostarsi dalla sfera politica agli altri ambiti della vita di una società. Le libertà civili e politiche non possono essere isolate in un limbo idealistico rispetto ai diritti economici e sociali, diritti che devono anche essere stabiliti.

Qual è il contenuto etico dell’ordine politico? In sé il politico è ordinato ad un fine etico, grazie alla situazione di mediazione del politico rispetto alla vita collettiva. La missione del politico è portare le relazioni umane a un livello etico, definito come una modalità di relazione in cui ogni persona è veramente trattata come fine per l’altra e la qualità etica della vita collettiva rappresenta un’esigenza che non può essere racchiusa in una formula precisa, se non come orizzonte di azione. In ogni momento storico, a seconda degli sviluppi delle conoscenze, dei mezzi tecnici, delle risorse, delle possibilità istituzionali, si vede come questa esigenza si concretizza in progetti specifici, capaci di orientare efficacemente l’azione, ma si possono delineare alcune linee fondamentali: obiettività, realismo, profezia e utopia, nel senso di una vera e propria etica sociopolitica di emancipazione.

La “civiltà del capitale”, la società “democratica neoliberista”, capace di risolvere i problemi fondamentali come unica alternativa praticabile, non è una soluzione per l’intera famiglia umana. L’approccio kantiano secondo cui ciò che non è universalizzabile non può essere giustificato moralmente, suppone una trasformazione sociale, un cambiamento di mentalità e un cambiamento di direzione storica. La vera soluzione è instaurare una “civiltà del lavoro” e dei diritti, contro una “civiltà della povertà”, del capitale e della sopraffazione.

Non si tratta solo di creare un nuovo ordine economico mondiale, ma di fondare una nuova civiltà. La possibilità di civiltà, cioè la costruzione di un universo umano e fraterno non solo implica denunciare le ingiustizie strutturali, ma è anche fondamentale per sviluppare progetti concreti per stabilire alternative sociali e politiche, possibili modelli alternativi. Il “realismo costruttivo” è l’altra faccia necessaria della denuncia dell’ingiustizia.

Per creare modelli economici, politici e culturali che rendano possibile una “civiltà del lavoro” in sostituzione della “civiltà del capitale”, gli intellettuali, cioè i teorici critici della realtà, hanno una sfida e un compito ineludibili. Non bastano la critica e la distruzione, ma occorre una costruzione che serva come alternativa reale, un pensiero che diventi prassi di emancipazione e apra spazi di libertà. Questa è la chiave profonda della riflessione e dell’azione. Se la realtà diventa ogni giorno più planetaria, anche il pensiero deve esserlo.

Cercare un’etica con dimensione sociale e politica, in una realtà planetaria e con una coscienza planetaria, consiste nel rispondere alle sfide poste dalla situazione della maggioranza delle persone e dei popoli del nostro pianeta e dalla loro grave situazione di povertà, sfruttamento e disumanità. Attraversiamo una fase storica in cui la libertà di pochi si fonda sulla negazione della libertà di molti. La libertà di tutti non si ottiene attraverso la liberalizzazione, ma attraverso la liberazione. La liberalizzazione è la strada dei pochi forti, che sono più preparati a trarre vantaggio dalla presunta parità di opportunità.

La liberazione è la via della maggioranza, che accederà alla vera libertà solo quando sarà liberata da un mondo di oppressione e quando le condizioni reali di vita e di sviluppo sociale e politico saranno soddisfatte, affinché tutti possano esercitare la propria libertà.

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Bibliografia

Habermas J., Vorstudien und Ergänzungen zur Theorie des kommunitativen Handelns, p. 539- 540 (citación del manuscrito inédito de WELLMER A., Thesen über Vernunft, Emanzipation und Utopie, 1979, p. 53)

Bianco, G., Epistemologia del dialogo. Pensamiento del éxodo, Biblos, 2002

Ferry J.-M., Habermas. L’éthique de la communication, Presse Universitaire de France, 1987

Ricoeur P., “Science and Culture. Habermas and Gadamer in Dialogue”, en Philosophy Today, 1973, p. 164-165.

Manzana J. Martínez de Marañon,“De la sobriedad empírica a la razón práctica”,en,Instituto Fey Secularidad, Convicción de fe y crítica racional, Salamanca, Sígueme, 1973

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Data:

9 Maggio 2024
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