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ETICHE DEL RICONOSCIMENTO E ETICA DELLA LIBERAZIONE – Fraser, Dussel, Taylor, Honneth, Habermas – III Parte

La democrazia moderna

Potremmo pensare l’età contemporanea, sul piano politico, come l’epoca del progressivo riconoscimento del diritto costituzionale democratico. Questa dinamica ci permette di vedere più chiaramente come la democrazia abbia introdotto una politica dell’uguale riconoscimento e ora torna come richiesta di parità delle culture e dei generi.

Lo statuto delle società democratiche è basato sull’accettazione del principio di uguaglianza e di autonomia individuale, così come formulate nel Moderno. A seconda del bilanciamento tra individualità e principio di uguaglianza emergono declinazioni differenti della democrazia.

Nonostante che il liberalismo stia di fatto rendendo le comunità politiche attuali sempre più individualistiche. l’”ethos della democrazia moderna non può essere liquidato come mero relativismo, bensì include piuttosto, in positivo, il riconoscimento incondizionato del prossimo come persona, e quindi un ethos della collaborazione personale anche in ambito politico-sociale”. Se uguaglianza giuridica e sociale, libertà individuale e interesse generale sono elementi costitutivi della società democratica, allora bisogna stimare nella “solidarietà tra estranei” l’humus su cui edificare la casa comune e il sostegno prepolitico per la coesione civile.

Ciò esclude una concezione ‘cinica’ della democrazia, che interpreta la società come una sorta di contenitore esterno alla natura umana, solo funzionale alla gestione del conflitto tra diversi che perseguirebbero, utilitaristicamente e strategicamente, prioritariamente i propri interessi. Questo modello identitario e chiuso di civiltà tende a ignorare, trascurare o assimilare l’altro secondo modalità che oscillano dall’indifferenza al dominio.

Questa visione competitiva ed egoistica della società è quanto di più contrario ai principi di una politica del riconoscimento opposta alla logica del dominio: la relazione riconoscitiva realizza un incontro non escludente tra soggettività, in cui ogni uomo persegue la propria inalienabile libertà di autorealizzazione.

Honneth, il riconoscimento come autorealizzazione.

 Axel Honneth

Nella prospettiva avanzata da Honneth, l’esigenza di far emergere una logica morale dei conflitti sociali comporta il tentativo di leggere i processi e le dinamiche pubbliche “in relazione alle pretese normative strutturalmente implicite nel rapporto di reciproco riconoscimento”. La centralità della categoria di riconoscimento è connessa alla costituzione intersoggettiva dell’identità personale. Viene privilegiata non l’esperienza concreta dell’altro, quanto vagliate le condizioni relazionali necessarie per la costituzione dell’io, in cui il piano comunicativo si intreccia con l’esperienza emotiva.

Il riconoscimento procede da quelle pratiche sociali volte all’espansione della solidarietà tra estranei. La solidarietà tra estranei, come tra le etiche post-metafisiche, si costruisce a partire dalla certezza che l’io non può mai darsi senza l’altro.  In Habermas (2007) si legge: “negli sguardi del Tu, di una seconda persona che parla con me in veste di prima persona, io divengo cosciente di me stesso non solo come soggetto che esperisce in genere, ma allo stesso tempo, come io individuale”.

Sulla scia di Habermas e della critica al solipsismo metodico della modernità, Honneth propone un’idea dell’identità personale come costituita socialmente. La soggettività non può darsi senza l’intersoggettività, e l’intersoggettività per essere piena deve essere segnata dal mutuo riconoscimento, L’elemento intersoggettivo è elemento originario della stessa costituzione dell’io all’origine della coscienza di sé, sua autentica condizione di possibilità.

Honneth individua tre spazi in cui la dinamica del riconoscimento prende forma e si sostanzia in senso relazionale: la famiglia, la società civile e la comunità politica. Honneth considera che “l’integrità delle persone umane dipende in maniera costitutiva dall’esperienza del riconoscimento intersoggettivo”. Queste diverse forme di riconoscimento possono essere concepite come le condizioni intersoggettive della possibilità, per i soggetti umani, di pervenire a nuove forme di relazione positiva con se stessi. La connessione esistente fra esperienza del riconoscimento e relazione con se stessi emerge dalla struttura intersoggettiva dell’identità personale: gli individui si costituiscono come persone solo apprendendo, dalla prospettiva di un Alter che incoraggia e approva, a rapportarsi a se stessi come esseri con determinate proprietà e capacità.

Due chiavi teoriche sono molto significative: per un verso, la grammatica del riconoscimento può essere stimata come il codice morale profondo dell’autorealizzazione personale e, per altro verso, una concezione dell’identità umana in senso relazionale e intersoggettivo assegna alla dimensione dell’”essere-con-altri” e del “noi” un decisivo tratto fondativo per la costituzione dell’”io”. Un soggetto “può rapportarsi a se stesso nei modi positivi della fiducia in se stesso, dell’auto-rispetto, e dell’autostima” e allo stesso tempo essere attore, di tre tipi di riconoscimento: “le forme di riconoscimento proprie dell’amore, del diritto e della solidarietà rappresentano protezioni intersoggettive che tutelano e assicurano quelle condizioni della libertà interna ed esterna da cui dipende il processo di autonoma articolazione e di realizzazione di fini di vita individuali”. L’amore (rapporti primari), il diritto (rapporti politici), la solidarietà (ethos dei rapporti sociali) fissano “quelle condizioni formali dei rapporti di interazione, nel cui ambito gli esseri umani possono essere certi della loro ‘dignità o integrità’”.

Tali forme di relazione garantiscono una sorta di “infrastruttura morale” che permette, nel mondo della vita, un’interazione funzionale alla crescita individuale e comunitaria. Uscendo da sé in funzione dell’altro nel riconoscimento, ne cogliamo una traccia nell’io stesso: “Dal momento che per essere in condizione di pervenire all’autorealizzazione gli individui devono sapersi riconosciuti, occorre loro una valutazione socialmente condivisa dei valori, quale può essere prodotta solo sulla base di fini comuni”.

Su tale piano possono essere condivisi i valori che rispettano il pluralismo delle società avanzate e l’apertura alla differenza. Riflettendo sul futuro sociale dell’umano, Honneth opera un sostanziale allargamento del tradizionale concetto moderno di giustizia, funzionale al superamento dell’opposizione tra ‘comunitarismo’ e ‘universalismo’, mentre tenta di integrare l’opposizione tra la Moralität kantiana, intesa come convinzione che i soggetti siano sempre dei fini in sé e persone autonome, e la Sittlichkeit hegeliana, che valorizza l’ethos di particolari forme di vita e i contesti storici.

“Questa posizione – afferma Honneth – si distanzia dalla tradizione di derivazione kantiana in quanto non prende ad oggetto soltanto l’autonomia morale della persona, ma piuttosto le condizioni della sua piena realizzazione: la morale, intesa come punto di vista del rispetto universale, diventa uno fra i molti dispositivi protettivi che servono il fine di rendere possibile una buona vita”. La natura intersoggettiva dell’identità personale fa emergere il forte rapporto che esiste tra esperienza del riconoscimento e relazione con se stessi nel percorso verso l’autorealizzazione.

Il mancato riconoscimento produce conflitti che sfociano nella violenza, nella discriminazione, l’emarginazione e l’esclusione. In quanto forme di misconoscimento, la violenza come lesione fisica e morale dell’individualità, la discriminazione o privazione di diritti, l’umiliazione sociale come ferita alla dignità personale del soggetto, sono all’origine di conflitti tra diversi.  Il misconoscimento lede la possibilità dell’autorealizzazione e concorre alla generazione dei conflitti.

(Continua)

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Data:

19 Settembre 2024

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