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FAKE NEWS, ITALIA PRIMO POSTO NELLA UE

cms_31933/1.jpgL’Italia può considerarsi il paese delle bufale, da intendersi non solo come il delizioso prodotto caseario tipico campano, ma anche per le cosiddette, e meno digeribili, fake news. Nella nostra penisola, infatti, sembra che le fake news attecchiscano e proliferino sui social network molto più che nel resto dell’Unione Europea. A dirlo e a certificarlo è il report pubblicato da Meta (impresa proprietaria di Facebook) in base al Codice di condotta Ue contro la disinformazione, dati pubblicati all’interno della prima pubblicazione semestrale dei rapporti delle grandi piattaforme online sull’applicazione del codice di autodisciplina contro la disinformazione, sottoscritto a giugno 2022. Meta ha reso noto di aver rimosso in Italia oltre 45mila contenuti da Facebook e 1.900 da Instagram solo nei primi sei mesi del 2023, ovvero numeri tra i più alti nell’Ue. Secondo il report sono italiani un terzo dei 140mila post rimossi da Facebook e poco meno di un terzo dei 6.900 cancellati da Instagram. Se si passa poi ad analizzare uno dei concorrenti più agguerriti di Facebook, ovvero TikTok, si può notare come il social cinese, solo nel primo semestre, abbia rimosso in Italia oltre 1,3 milioni di account falsi, a fronte dei 5,9 milioni eliminati nell’intera Ue. L’Italia dunque è in testa a questo non certo onorevole primato, un Paese il nostro, è bene sottolinearlo, in cui ben tre italiani su quattro dichiarano di preferire l’informazione online a quella, per così dire, tradizionale.

cms_31933/2_1696127484.jpgVi è poi un italiano su due che afferma di tenersi aggiornato su quello che succede in Italia e nel mondo tramite i social network, piattaforme utilizzate anche per acquisire informazioni di ordine storico-culturale. Ci si trova allora di fronte a una serie di responsabilità condivise, sia da parte di chi le informazioni le legge sia di chi queste informazioni le pubblica. Il Parlamento europeo, come è noto, è intervenuto sulla questione, approvando un Regolamento sui servizi digitali che, tra le altre cose, responsabilizza in maggior misura i gestori delle grandi piattaforme online sui contenuti pubblicati sule loro piattaforme. Il Regolamento Ue sui servizi digitali (dsa) è stato il frutto e la conseguenza degli effetti della pandemia sull’informazione che ha reso sempre più centrale nelle nostre vite il ruolo della realtà digitale, mettendo in evidenza le sue carenze dal punto di vista della sicurezza dell’informazione. Il Digital Service Act si è posto dunque come strumento contro la diffusione delle fake news attraverso l’obbligo per le Big Tech di controllare in modo più responsabile i contenuti diffusi sulle loro piattaforme. Secondo il Regolamento all’interno dei contenuti illegali, rientrano anche le informazioni che riguardano argomenti, prodotti o servizi «che, di per sé o in relazione a un’attività non sono conformi al diritto dell’Unione o di qualunque Stato membro, indipendentemente dalla natura o dall’oggetto specifico di tale diritto».

cms_31933/3.jpgLa definizione mette al centro in particolar modo le informazioni che diventano illegali nel momento in cui, per esempio, condividono contenuti di per sé illegali. Le piattaforme sono chiamate non solo a imporre restrizioni sull’uso dei loro servizi da parte degli utenti, sulle procedure e sugli strumenti utilizzati ai fini per moderare i contenuti, ma anche a valutare i rischi associati ai loro servizi e a mettere in atto i mezzi adeguati a rimuovere i contenuti ritenuti rischiosi o problematici; saranno poi organismi indipendenti a verificare, una volta all’anno, se vi siano state o meno delle infrazioni da parte delle piattaforme e a infliggere le dovute sanzioni. Al di là di ciò che qualcuno potrà pensare sull’efficacia o meno di tali controlli, rimane il problema delle insidie quotidiane rappresentate dalle fake news. Non esiste una ricetta univoca in grado di smascherare una bufala a una prima occhiata, piuttosto si può imparare con l’esperienza e con le dovute precauzioni a sospettare di una notizia e dunque a comportarsi di conseguenza. La cultura del sospetto, nel caso dei social media, sembra essere una buona base di partenza per ottenere un’informazione scevra dal predominio degli algoritmi.

Data:

1 Ottobre 2023