Fornero, reddito e flat tax: ecco il programma Lega-5S
Primo vertice oggi tra il leader della Lega Matteo Salvini e il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio, che si incontreranno nuovamente domani o dopodomani.
“Si sta lavorando sulla legge Fornero, sul lavoro, sugli sbarchi e sulla legittima difesa”, ha fatto sapere Salvini lasciando la zona della Camera.
Sono i temi che “saranno parte fondante del programma di governo”, assicura. “Il reddito di cittadinanza e la flat tax saranno le misure principali sulle quali opereremo”, l’arco temporale per realizzarle è “il 2019”, ha fatto sapere dal canto suo Rocco Casalino, a capo della comunicazione M5S, a termine del tavolo tecnico Lega-5Stelle. “Sono stati individuati come punti di partenza importanti – aggiunge il deputato Alfonso Bonafede – ora saranno oggetto di dibattito e approfondimento, ma qualsiasi dettaglio ci chiedete su tempi e modalità – puntualizza ai cronisti – li conosciamo solo in parte”. “Abbiamo parlato anche di conflitto d’interessi, nessun problema”, hanno aggiunto poi i due facendo sapere anche che “sulla legge Fornero con la Lega c’è totale sintonia, valuteremo se” optare “per il superamento o per la modifica”.
Quanto al reddito di cittadinanza diventa però a tempo determinato: due anni al massimo, poi stop al sussidio da parte dello Stato a chi è senza lavoro. E’ quanto apprende l’Adnkronos da autorevoli fonti M5S. La richiesta sarebbe stata avanzata dalla Lega al tavolo tecnico coi 5 Stelle e accettato dalla controparte.
“Con l’incontro di oggi sono state gettate le basi per scrivere un contratto di governo tra MoVimento 5 Stelle e Lega contenente i punti programmatici da realizzare per il Paese”, si legge in una nota congiunta di M5S e Lega. “Si è trattato di un incontro molto positivo, che ha messo in luce una piena sintonia prima di tutto sul metodo con cui si sta procedendo e che prevede ulteriori incontri tecnici da qui a domenica per scrivere un programma di governo definitivo”, scrivono ancora.
Insomma si parla di temi, i nomi verranno poi. Eppure, al termine dell’incontro di oggi tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini non si nascondeva un certo ottimismo sulla formazione della squadra: “Sulla composizione dell’esecutivo e sul premier sono stati fatti significativi passi in avanti“, si legge nella nota congiunta dei due leader. Passi avanti che però non hanno portato alla formalizzazione di un candidato premier: “Un nome terzo, di altro profilo e con un’impronta politica forte”, assicurano fonti M5S. In ogni caso, Di Maio butta acqua sul fuoco: “Evitiamo il gioco del toto-nomi: prima si parla di temi e dopo di nomi”.
Dai vertici M5S filtra la notizia che Di Maio e Salvini avranno un ruolo di primo piano nel governo, in una sorta di ’triumvirato’ che porterà a una gestione ’collegiale’ dell’esecutivo insieme al futuro presidente del Consiglio. Presto per dire se per loro sarà ritagliato un ruolo da vicepremier (dato per probabile in casa 5 stelle) o se occuperanno ’solo’ ministeri di peso. Tutto al momento può accadere: c’è chi addirittura mette in dubbio la presenza dei due leader nell’esecutivo che verrà. “Non è ancora deciso se Salvini e Di Maio saranno nel governo – sostiene il deputato M5S Emilio Carelli -. Per quanto ne so io, non sono previsti all’interno del governo ma dovrebbero mantenere un ruolo” alla guida dei loro rispettivi partiti. Obiettivo tenere le ’mani libere’.
E intanto, mentre tecnici e parlamentari di Lega e M5S cercano di trovare la quadratura per stilare un contratto di governo che permetta di aprire le porte di Palazzo Chigi, crescono i rumors sui possibili nomi che andranno a riempire le caselle ministeriali del governo che si profila all’orizzonte. Tra quelli che circolano in queste ore, si fanno spazio Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, già indicati nella squadra di governo presentata da Di Maio prima delle elezioni.
Fraccaro, nel frattempo, è stato nominato questore anziano alla Camera, impegnato in prima linea sulla partita vitalizi, dunque le sue quotazioni in un eventuale esecutivo Lega-M5S sono date in calo. Il nome di Bonafede, invece, è in ascesa, ma il grillino potrebbe contendersi il ministero di via Arenula con Giulia Bongiorno, al suo secondo mandato in Parlamento, stavolta in quota Lega.
Altri nomi che circolano in ambienti grillini, quelli di Vincenzo Spadafora, uomo ombra di Di Maio; Andrea Roventini, indicato ministro dell’Economia in un esecutivo M5S e questa mattina avvistato a Montecitorio; Emanuela Del Re, data agli Esteri prima delle elezioni e oggi deputata nelle file dei 5 Stelle. Della vecchia squadra di governo M5S, presentata prima delle urne con un’attenta campagna di comunicazione, potrebbe essere traghettato in un esecutivo M5S-Lega Lorenzo Fioramonti, il professore a Pretoria nemico del Pil ed eletto a Montecitorio.
E ancora, la medaglia olimpica, oggi deputato, Domenico Fioravanti allo Sport; l’oncologo Armando Bertolazzi alla Sanità. Ma per il dicastero di Lungotevere Ripa circolano altri due nomi: Giulia Grillo, attuale capogruppo alla Camera, e il senatore chirurgo Pierpaolo Sileri. Altri nome in ascesa, quelli di Laura Castelli, deputata torinese vicina alla sindaca Chiara Appendino e impegnata in tutti i dossier economici del M5S, e Stefano Buffagni, al suo primo mandato in Parlamento ma nell’inner circle di Di Maio.
Sul fronte Lega, tra i nomi più gettonati quello di Giancarlo Giorgetti, il Richelieu di Salvini: scendono le quotazioni da premier ma salgono quelle che lo vorrebbero al ministero dell’Economia, uno dei dicasteri più complicati sul percorso ad ostacoli dell’accordo Lega-M5S.
In ascesa anche il nome di Armando Siri, ispiratore della legge sulla flat tax, per lo Sviluppo Economico o i Trasporti, di Claudio Borghi per l’Agricoltura e dell’economista Alberto Bagnai per l’Istruzione. Altro veterano spendibile per un governo ’giallo-verde’, Roberto Calderoli, già ministro con Silvio Berlusconi e con il quale ha sempre mantenuti canali aperti. Oggi Calderoli era presente al tavolo tecnico sul contratto di governo.
Circolano inoltre i nomi di due parlamentari molto vicini a Salvini: Nicola Molteni, attualmente a capo della commissione speciale di Montecitorio, e Raffaele Volpi, parlamentare di vecchio corso e ’artefice’ dell’approdo della Lega nel Meridione: per quest’ultimo crescono i rumors di un ruolo da ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Ilva, stop trattativa
Trattativa Ilva al capolinea. Dopo 8 mesi di un confronto dal percorso accidentato che aveva dribblato un’indagine dell’Antitrust europeo e una sentenza Tar per la sospensione del dpcm ambientale al momento neutralizzata, il negoziato tra sindacati e Arcelor Mittal si arena definitivamente oggi sull’ultima mediazione tentata dal governo per cercare di sbloccare la cessione e convincere Fim Fiom Uilm Ugl e Usb a chiudere la partita. La proposta del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda girata oggi nel corso di incontro convocato un pò a sorpresa al Mise, infatti, è stata di fatto respinta dai sindacati che hanno chiesto di emendare il testo ma senza successo.
Un no unitario anche se con sfumature fortemente differenti che hanno finito per convincere il ministro a interrompere le trattative anche alla luce delle accuse, c’è chi ha parlato di un vero e proprio scontro, di una parte del sindacato circa la legittimità dello stesso Calenda a trattare. “Non ci sono le condizioni per proseguire”, è stata la considerazione finale del ministro che comunque, assicurano dal Mise, “non ha mai abbandonato il tavolo”. Il ’cerino’ dunque ora passa al prossimo esecutivo.
“I sindacati hanno deciso di non aderire alle linee guida dell’accordo proposto ma il Governo ritiene di aver messo in campo ogni possibile azione e strumento per salvaguardare l’occupazione, gli investimenti ambientali e produttivi anche attraverso un enorme ammontare di risorse pubbliche”, rivendica appena terminato l’incontro il ministro Calenda che risponde anche alla Fiom che aveva definito “irricevibile” la proposta e tra quelli che avevano messo in dubbio la legittimità del governo dimissionario. “Liberi di non firmare e di sostenere che non sono più legittimato. Ma non di dire cose non vere. Non solo neanche un licenziato ma garanzia posto di lavoro a tempo indeterminato per tutti i lavoratori dell’Ilva”, spiega ancora su twitter.
La proposta avanzata al tavolo infatti prevedeva l’assunzione a tempo indeterminato di circa 10mila lavoratori nella nuova Ilva di Mittal; il trasferimento con assunzione stabile di circa 1.500 lavoratori in una newco creata da Ilva e Invitalia, la Società per Taranto; ed una soluzione occupazionale a fine piano, dunque al 2023, anche per i restanti 2300 lavoratori che avrebbero finito per restare nella vecchia Ilva in capo all’amministrazione straordinaria. Per questi infatti, si legge nelle linee guida della proposta, ci sarebbe stata “la garanzia di continuità occupazionale a tempo indeterminato”.
In pratica se fossero accertati, 12 mesi prima del termine temporale previsto per la realizzazione del piano ambientale e industriale, casi di lavoratori senza prospettiva occupazionale stabile, sarebbe previsto un intervento di Invitalia, in via prioritaria, attraverso la società per Taranto e quella per Cornigliano o di Am Investco, supportata dal Mise, per assicurare loro una occupazione stabile. Un’opzione questa che avrebbe avuto comunque in dote 200 milioni di euro per mettere mano ad esodi volontari incentivati fino a 100mila euro e ammortizzatori sociali assicurati per 5 anni. Ma per Fim Fiom e Uilm le garanzie per la riassunzione di tutti e 14mila i lavoratori ex Ilva non erano così nette.
“Un negoziato durato otto mesi e che purtroppo è ormai alla vigilia anche di un cambio di governo non si può concludere con un sì o con un no per altro su un testo che non abbiamo condiviso e che se accolto avrebbe condizionato la trattativa”, ha commentato il leader Uilm, Rocco Palombella che non ha condiviso il testo “perché ha riproposto un po’ tutte le tematiche che ci hanno diviso da Mittal in questi mesi ed in modo particolare per quel che riguarda gli esuberi che vengono confermati a 4.000”. No dunque ad “un prendere o lasciare” dice ancora.
E no anche dalla Fim di Marco Bentivogli. “C’erano troppe cose da modificare. I numeri non andavano bene e abbiamo riscontrato una certa rigidità del governo a modificare la proposta”, spiegava al termine dell’incontro confermando comunque la disponibilità del sindacato a proseguire la trattativa perchè, ha detto, ora “Mittal ha totalmente le mani libere e questo non mi sembra un grande risultato”, prosegue puntando il dito contro quei sindacati che hanno invece cercato lo scontro delegittimando il governo. Una “trappola”, questa, per Calenda che ha così deciso che non c’erano le condizioni per andare avanti e chiuso la trattativa, spiega ancora. “Ora qualcuno spera di avere più risultati con il nuovo governo ma volersi scegliere il governo per fare un accordo migliore è un atteggiamento partigiano di una parte del sindacato che non sa fare solo il sindacato”, accusa.
Critica la Fiom che chiarisce come però sia “pronta a riprendere la trattativa”. “La posizione di Mittal non è cambiata di una virgola mentre la proposta del governo non da nessuna garanzia nemmeno quella di una assunzione a tempo indeterminato e si basa su un contratto di affitto stipulato tra esecutivo e Mittal che non è mai stato sul tavolo di trattativa”, dice il leader Fiom Francesca Re David. “Anche la newco con Invitalia avrebbe significato soltanto dare per scontato una esternalizzazione su cui non abbiamo mai dato l’ok”, prosegue ricordando come “il nodo su cui si è arenata la trattativa sia sindacale non politico”. E a chi gli chiedeva se fosse più ottimista con un nuovo governo risponde: “l’idea che siamo al servizio di qualcuno è una delle cose che ha inquinato questa trattativa. Invece resta il fatto che questo accordo sarebbe stato bocciato dai lavoratori”, conclude.
Amazon apre nuovo centro e ASSUME
Amazon apre un nuovo deposito di smistamento a Burago di Molgora, in provincia di Monza e Brianza. “La nuova struttura – si legge in una nota – consentirà ad Amazon di incrementare la capacità e la flessibilità della sua logistica in Italia, garantendo consegne più veloci ai clienti e un servizio migliore per le aziende che vendono tramite Amazon e che beneficiano della sua rete di distribuzione”. Il nuovo deposito di smistamento di oltre 5.000 mq creerà circa 70 posti di lavoro a tempo indeterminato nei prossimi anni, consentendo ai corrieri locali e regionali di consegnare gli ordini dei clienti più velocemente.
“Il deposito di Burago di Molgora rafforzerà la nostra rete logistica, permettendoci di rispettare le promesse di consegna ai clienti e supportare tutte le aziende che vendono i loro prodotti su Amazon”, ha dichiarato Gabriele Sigismondi, responsabile di Amazon Logistics in Italia. “Con questo nuovo deposito, inoltre, le aziende di consegna locali indipendenti potranno far crescere la loro attività, in quanto Amazon fornirà loro la tecnologia più avanzata per effettuare le consegne” conclude.