(Adnkronos) – Lo stendardo processionale dipinto da Giorgio Vasari nel 1549 per la Compagnia di San Giovanni Battista dei Peducci, costituito da due raffinatissime tele raffiguranti la Predica del Battista e il Battesimo di Gesù, sarà al centro di “Si è mangiato altro che pane e messer Giorgio. Fortuna critica e nuove ricerche sullo Stendardo dei Peducci”, la mostra dossier a cura di Serena Nocentini che sarà allestita da venerdì 11 ottobre – con vernissage giovedì 10 alle ore 12.00 – presso il Museo diocesano di Arte Sacra di Arezzo. Le capacità del Vasari pittore verranno messe in luce, oltre che da questo capolavoro che ben rappresenta il nucleo di opere vasariane custodite al Museo, da tele sotto alcuni aspetti inedite riscoperte nella badia delle Sante Flora e Lucilla e riportate alla luce e restaurate per l’occasione. Non solo: anche la Giostra del Saracino celebra Giorgio Vasari nell’anno a lui dedicato, esponendo presso il Palazzo Comunale due Lance d’Oro dedicate al poliedrico artista aretino in una mostra dal titolo “Il migliore nientedimanco tra tutti i legni che si adoperano alla scultura è il tiglio. I colori della Giostra”, che aprirà sabato 12 ottobre alle 11.00. Entrambe le iniziative si inseriscono nell’ambito di “Arezzo. La città di Vasari”, il sistema di esposizioni, eventi e celebrazioni per rendere omaggio al maestro aretino nei 450 anni dalla morte, promosso da Comune di Arezzo e Fondazione CR Firenze con Fondazione Guido D’Arezzo, in collaborazione con Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero della Cultura, Gallerie degli Uffizi, con la curatela del comitato scientifico presieduto da Carlo Sisi (entrambe le mostre sono visitabili fino al 2 febbraio 2025, info www.vasari450.it). La fortuna critica dello Stendardo dei Peducci, testimoniata dallo stesso Vasari nell’Autobiografia, può leggersi ulteriormente in un secondo stendardo, sicuramente coevo e conservato presso la badia delle Sante Flora e Lucilla. Come per lo Stendardo dei Peducci, le due tele che compongono questa insegna processionale erano state separate e trasformate in singoli dipinti – uno dei quali rinvenuto di recente nei depositi della chiesa –, e per dimensioni, soggetto e stile l’esemplare è praticamente identico all’originale del Museo diocesano. “Si è mangiato altro che pane e messer Giorgio” ha fornito l’occasione per un intervento di restauro – sponsorizzato da Fondazione Guido d’Arezzo e Opera Laboratori e coadiuvato da una fondamentale campagna d’indagini diagnostiche non invasive e da puntuali ricerche archivistiche – che, per la prima volta, permetterà di esporre lo stendardo della badia a confronto con l’originale del Museo diocesano. E poi le lance. Sono due le edizioni della Giostra del Saracino che hanno dedicato a Vasari la Lancia d’Oro: quella del 2024 e quella del 2010. La prima è realizzata a quattro mani dal maestro intagliatore Francesco Conti e dall’artista Giovanni Frangi, tra i maggiori esponenti dell’arte contemporanea italiana. Rami che avvolgono un tronco costituiscono la parte principale dell’elsa di Frangi – in legno di tiglio, che Vasari definiva: “il migliore tra tutti i legni perché ha pori uguali e ubbidisce più agevolmente alla lima et allo scarpello” –, idealmente ispirati al dettaglio del serpente attorcigliato all’albero dell’”Allegoria dell’Immacolata Concezione”, tavola vasariana custodita agli Uffizi. Nel completarla, Conti ha tratto spunto dal dipinto “Le primizie della Terra vengono offerte a Saturno”, parte degli affreschi della Sala degli Elementi di Palazzo Vecchio. Per l’asta Conti ha tenuto a mente ‘Le Vite’ del Vasari e la scultura, l’architettura e la pittura, ovvero le tre arti figlie del disegno di cui disquisiva nel trattato. Poi i simboli di Arezzo, le Logge Vasari e i simboli di Firenze presso cui Vasari ha lavorato alla Corte dei Medici, quindi gli Uffizi e uno scorcio di Palazzo Vecchio. In alto parti rosa di legno rarissimo richiamano i soffitti di Casa Vasari e l’oro bianco e l’oro zecchino rifiniscono il trofeo impreziosendolo. La Lancia del 2010 è stata invece realizzata dal maestro Conti su bozzetto di Mauro Capitani, vincitore del concorso di idee dedicato. Nell’elsa trovano spazio tre putti reggicero, sormontati dalla Madonna del Conforto, che sovrastano un cubo in cui due delle quattro facce rappresentano la scrittura e la pittura, simboleggiate da penna e pennello ed espressione de Le Vite e dei dipinti del Vasari, mentre le altre due rappresentano l’architettura del Vasari attraverso spaccati delle Logge aretine che portano il suo nome e della Galleria degli Uffizi. “Una ‘prima’ che contribuisce a impreziosire il percorso d’arte che accompagna la grande mostra internazionale dedicata a Giorgio Vasari e che ne approfondisce le capacità pittoriche. Un’ulteriore testimonianza della ricchezza e diffusione della sua opera nel nostro territorio, alla quale si accompagna l’omaggio della Giostra, anima e identità popolare della città, una conferma della più ampia partecipazione a questo anno di celebrazioni”, ha dichiarato il sindaco Alessandro Ghinelli. “La mostra al Museo Diocesano – spiega Lorenzo Cinatti, direttore di Fondazione Guido d’Arezzo – segna l’ultimo scalino che porterà poi all’inaugurazione del 30 ottobre della mostra principale il teatro delle Virtù, nella Galleria d’Arte Moderna Contemporanea. È ora ben visibile la prospettiva d’insieme che ha guidato questo anno vasariano che lascerà tracce importanti anche per il futuro, non fosse altro per l’opera di restauro di capolavori importanti che la fondazione Guido D’Arezzo ha appositamente finanziato e sostenuto come il dipinto ‘La predica di San Giovanni Battista nel deserto’ che per l’appunto avremo il piacere di ammirare in questa occasione e negli anni a venire”. “È un evento importante per la città e per la diocesi questo anniversario del Vasari che, insieme ai 650 anni dalla morte del Petrarca e ai 720 dalla nascita, fa di questo 2024, per Arezzo, un anno speciale – dice il vescovo della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro mons. Andrea Migliavacca. “La mostra ci aiuta a cogliere l’unicità del Vasari pittore, scrittore e architetto. Le opere del museo diocesano, così come quelle presenti in altre chiese, come per esempio Camaldoli, ci fa custodi di un importante patrimonio. E con l’attenzione a considerare che si comprende davvero il Vasari unitamente a Cosimo I, così come è possibile capire realmente il granduca mediceo, solo insieme al grande Vasari”. “Le celebrazioni vasariane – conclude Serena Nocentini – sono una grande opportunità per conoscere e valorizzare le opere del nostro autorevole concittadino. Una mostra può non essere necessariamente solo un progetto espositivo ma può diventare momento di ricerca e di confronto. Il restauro delle due tele della Badia permette oggi di cogliere i tratti peculiari delle figure e di apprezzarne tanto la maestria tecnica quanto la finezza esecutiva. La resa ricercata, quasi tattile della superfici e dei particolari – riemersa grazie l’eccellente restauro condotto da Francesca Gattuso – insieme alla composizione salda e luminosa ci fanno pensare che anche queste due tele possano essere uscite dalla bottega di Giorgio Vasari. Ma come abbiamo detto, questa sarà l’occasione per aprire il dibattito”. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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