“J’ADORE LA FEMME”, j’adore Lilì Marleen è il pensiero che mi viene alla mente, ricordando un mio spettacolo messo in scena col compianto Edoardo Guarnera qualche anno fa.
Amo celebrare le bellezze delle “femmes fatales” del passato. Tra i numeri presenti in quello spettacolo, c’era un quadro scenico sulla canzone Lilì Marleen ispirato, nel suo look, al mito Marlene Dietrich.
Non è un caso che abbia voluto fortemente ricordare questo celeberrimo brano musicale. Ad esso sono particolarmente affezionata. Risuona nelle mie orecchie sin dall’infanzia, quando ogni mattina alle sei, partiva il motivetto attraverso la sveglia del mio amato papà. Ricordo perfettamente quell’oggetto, come fosse ora davanti ai miei occhi: era laccato verde, design tedesco anni cinquanta, di una di forma che un po’ ricordava l’omega greca, il quadrante dorato con i numeri romani. La sua voce era un dolcissimo e melodioso carillon.
Lilì Marleen: la canzone che unì soldati di ogni fronte nella seconda guerra mondiale. Potenza della musica!
Il testo di venne scritto durante la prima guerra mondiale dal poeta di Amburgo Hans Leip. La raccolta di poesie di cui faceva parte, fu ripubblicata nel 1937 e giunse nelle mani di una cantante di cabaret il cui nome d’arte era Lale Andersen, che si esibiva a Berlino e a Monaco. Costei si innamorò di quel testo poetico, e chiese al suo amico e compositore Rudolf Zink di musicarla. Il risultato non ebbe molto successo, perciò la cantante, un anno dopo, decise di affidarsi a Norbert Schulze suo
ex amante divenuto, nel frattempo, un apprezzato compositore del regime.
Neanche questa volta, però, il pubblico mostrò grande entusiasmo per il prodotto, che continuò a vivacchiare nei negozi alla meno peggio.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale, fu per Lilì Marleen la vera svolta. Assai gradita a Rommel e ai suoi soldati, nonostante il testo non fosse un grande esempio di fedeltà militaresca, iniziò a essere trasmessa su Radio Belgrado. Quest’ultima, creata appositamente per le truppe tedesche, veniva captata in quasi tutta l’Europa e l’Africa settentrionale. Tutte le sere, alle 21.55 come sigla di chiusura delle trasmissioni, partiva “Lilì Marleen”. Inaspettatamente, la canzone divenne popolarissima anche tra i nemici del regime nazista! Successe così che, da quel momento, milioni di soldati e di civili si sintonizzassero su quella frequenza, sognando e versando qualche lacrima nell’ascoltare quella dolce e triste storia del soldato e della sua fidanzata che lui vorrebbe incontrare “wie einst”(come una volta) ma che, molto probabilmente, non rivedrà mai più.
Quando la guerra finì, Lili Marleen rimase. Piaceva ancora a tutti, anche se l’etichetta di canzone tedesca le conferiva un’ombra di negatività. Il riscatto arrivò una sera d’estate del ‘45, quando l’attrice tedesca (trapiantata negli Stati Uniti) Marlene Dietrich, la cantò in inglese durante la sua tournee in Germania tra i soldati americani. Il pubblico, entusiasta, le tributò un successo travolgente e il disco che venne inciso entrò nella storia della musica.
Da lì in poi Lilì Marleen è divenuta immortale. E’ stata tradotta in quasi tutte le lingue del mondo, è diventata l’ispiratrice anche di pellicole cinematografiche e opere teatrali, oltre a essere riproposta da interpreti di tutto il mondo fino a oggi.
La sua popolarità fu tale, aggiungo io, da essere perfino inserita nei carillon delle sveglie in modo da arrivare nelle case, esattamente come era accaduto a me.
Ed ora, da adulta, mi piace ricordare quella canzone a modo mio, nei miei spettacoli retrò vestita con quel frac, quel cilindro ed intrisa di quella vena malinconica che tanto l’ha fatta amare dal mondo intero.