Don Fabrizio Salina aveva torto! Panta rei, tutto scorre. Anche la Sicilia cambia in continuazione. Altro che il gattopardesco cambiar tutto per nulla mutare! Complessivamente, si può pure pensare che la Sicilia muti in meglio. Per fenomeni di carattere globale che favoriscono una più lunga aspettativa di vita, per nuovi paradigmi che favoriscono una minore diseguaglianza tra uomini e donne e una più equa distribuzione della ricchezza, per l’apporto diretto e indiretto di tanti siciliani diversissimi tra di loro che hanno innalzato l’immagine e l’economia dell’Isola.
Essendo gli errori difficilmente figli unici, riscontriamo un altro infortunio di Don Fabrizio, sempre rammentato dagli amanti del vino: accompagnare il timballo di maccheroni con lo Chablis! Un vino bianco francese! In Italia, in Sicilia? Suvvia!
Tanti anni dopo, rimedierà il raffinato Conte Luchino Visconti, enofilo e con la passione per la Biancolella. E Claudia Cardinale e Alain Delon, belli e fortunati, brinderanno nel film “Il Gattopardo” con un calice di vino rosso.
Parliamo di vino e di eccellenze. Non si può che fare cenno a Gabriella Anca Rallo e Alessandro Modica, due imprenditori che veicolano la Sicilia nel Mondo; la prima operante nella Sicilia occidentale, il secondo nella Sicilia orientale. Il loro successo è un successo per tutti noi. Infatti, se è vero – ed è vero! –, quanto scrisse John Donne, poeta e religioso inglese vissuto tra il 1500 e il 1600, “la morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere per chi suona la campana: essa suona per te”, risponde a verità anche il contrario: il successo di un uomo che lavora con competenza, passione, onestà, per la collettività è un successo per tutti noi.
Come è noto, si narra ne “Il Gattopardo” che, avvenuta l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, il piemontese Chevalley compì un lungo e faticoso viaggio da Torino alla residenza estiva del Principe, a Donnafugata (luogo immaginario, non trattandosi della località di Donnafugata, nel ragusano), per proporgli la nomina a senatore. Don Fabrizio rifiutò con nonchalance. Così in quel colloquio “… Caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagagliaio”. In effetti, anche al riguardo il Principe sbagliava o almeno parzialmente. È vero, pochi regali ha avuto la Trinacria dal Regno d’Italia e non sempre graditi; ma è stato bene accolto, alla fine del secolo scorso, il regalo del piemontese Giacomo Tachis, enologo di fama mondiale che ha permesso al vino siciliano di competere, per qualità, con il Piemonte e la Toscana. È stata proprio come una bomba – alla Johnny Dorelli: “arriva la bomba che scoppia e rimbomba … ah ah … si tratta di me! –per la viticultura siciliana, l’arrivo di Tachis nel 1992 in Sicilia. Trenta anni fa! Proprio nell’anno delle bombe di Capaci e di Palermo e delle bombe utilizzate per salvare Zafferana Etnea dalle colate laviche dell’Etna.
A proposito dell’Etna e dei suoi vini, Tachis raccontò anni fa: “L’ho fatto provare a un mio amico, un bravissimo opinion leader californiano. Mi ha detto: ‘questo è un meraviglioso Borgogna’.E io risposi: “Invece no, è un vino dell’Etna”.
Panta rei, tutto scorre. Anche il vino di qualità ormai scorre a fiumi e dalle terre di Trinacria si diffonde in tutto il mondo, o quasi.
Diversi sono i vini siciliani esportati in quasi tutto il mondo: Stati Uniti, Giappone, Francia e così via. Iniziano il loro viaggio da Noto, Ragusa, Siracusa, Vittoria, Marsala, Trapani, Alcamo, Palermo e da diversi altri centri trinacri.
Noto! La città del clero, della cultura e della nobiltà. La città dei “cugini” del Gattopardo. Merita una breve presentazione.
Come scrive Pippo Fava nel suo libro “ I Siciliani”, Cappelli editore, 1980: “ … Una specie di Oxford della Sicilia orientale, nella quale si potevano praticare tutti gli studi possibili affidati al clero, soprattutto ai gesuiti e ai benedettini i quali avevano fatto dei loro seminari delle autentiche università…..l’ultima città siciliana a cadere in mano ai musulmani….nel 1693 a Noto abitavano quasi ottanta famiglie nobiliari, praticamente i padroni di mezza Sicilia. Nel 1860, è un esempio di patriottismo.
A Palazzo Ducezio, sede del Municipio, fa bella mostra di sé un telegramma di Garibaldi inviato ai patrioti di Noto che si ribellarono ai Borboni già qualche giorno prima dello sbarco a Marsala. Il 16 luglio, Matteo Raeli, dopo circa 10 anni di esilio a Malta, rientrò a Noto e fondò il giornale “L’Italiano”. Oggi Noto ha circa 24.000 abitanti, è la quarta città italiana per estensione territoriale ed è meta ambita del turismo culturale ed enogastronomico. Ricreata in altro luogo dopo il disastroso terremoto del 1693 – sicché esiste, a qualche chilometro da questa new town del diciassettesimo secolo, una Noto Antica –, il centro storico, esprimente uno stile tardo barocco, giustifica l’essere sito UNESCO. Nella via Corrado Nicolaci, conosciutissima traversa che collega la via del clero, cioè corso Vittorio Emanuele, e la via dei nobili, vale a dire Via Cavour, si svolge, nel mese di maggio, la famosa infiorata. In questa via, è stato costruito palazzo Nicolaci, pregiata e apprezzata opera dell’architetto siciliano Rosario Gagliardi “il maestro della Val di Noto”. Il Palazzo si distingue soprattutto per i balconi sorretti da mensoloni, cagnuoli, che raffigurano leoni, bambini, centauri, cavalli alati, chimere e sirene, con facce cattive e allegre, belle e brutte, ma in fondo tutte giocose nel loro complesso (vedi foto sopra di Vito Corvasce). Di fronte a Palazzo Nicolaci, la Casa Museo “Antonino Modica Nicolaci”ubicata in un edificio che è stato residenza di illustri e potenti nobili personaggi, tra cui Corrado Maria Deodato Moncada – nato a Noto nel 1736, vescovo di Catania per oltre 40 anni, dal 1773 al 1813 – e Matteo Raeli – il patriota di cui abbiamo parlato sopra, che fu anche giurista e politico, Ministro di Grazia e Giustizia e Culti del Regno d’Italia nel Governo Lanza –. Il Palazzo è stato anche abitato dalla nobile famiglia Landolina di Sant’Alfano, a cui si deve, tra le altre cose il ritrovamento della cosiddetta Venere Landolina, una scultura marmorea, copia romana di un originale greco della prima metà del I secolo a.C. Si può ammirare presso il Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa.
Non potevamo non visitare la Casa Museo. Contiene cartografie e incisioni del Settecento e dell’Ottocento – di Noto, Ispica, Pachino, Rosolini e Siracusa –, vestiti d’epoca ben conservati, una interessante collezione numismatica, spiritose vignette satiriche dell’800, documenti relativi alle antiche tonnare del siracusano e tanto altro ancora. La guida che ha illustrato, a noi e ad alcuni turisti statunitensi, le peculiarità dei vari oggetti, ci ha subito colpito per la competenza, la passione e l’empatia che ha saputo creare con il gruppo di visitatori. In effetti, era una guida particolare che fa diversi mestieri. Era Alessandro Modica, giovane imprenditore a tutto tondo che opera nel settore turistico alberghiero, gastronomico e agricolo. Nella storica azienda agricola di famiglia – ubicata a Bufalefi, in territorio di Noto, avente circa 300 ettari tra uliveti e vigneti, coltivati da secoli, oggi applicando la massima tecnologia nel rispetto dell’ambiente –, il padre Felice si occupa della produzione e Alessandro si occupa della commercializzazione nonché dello sviluppo turistico ed economico. Sono numerosi e prestigiosi i riconoscimenti ottenuti, in Italia e all’estero, per il vino e l’olio prodotti in azienda
Panta rei! Ne “Il Padrino” di Francis Ford Coppola, Don Vito Corleone importava olio dalla Sicilia. “Circa quindici anni fa delle persone volevano impadronirsi del commercio di importazione dell’olio di mio padre. Tentarono di ucciderlo e quasi ci riuscirono. Luca Brasi si mise in azione.
Per farla breve, uccise sei uomini in due settimane e pose fine alla famosa guerra dell’olio di oliva” (Michael Corleone).
Oggi l’olio viene ancora esportato dalla Sicilia agli Stati Uniti ma in quantità molto maggiori e in modo trasparente, le famiglie mafiose si interessano ad altro.
Alessandro Modica, a fianco fotografato da Vito Corvasce, è molto conosciuto e stimato a Noto e negli ambienti dell’imprenditoria turistica e agricola. Di nobile origine, laureato con il massimo dei voti a Bologna in Storia Antica alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, si è specializzato in numismatica antica, sempre a Bologna. Nel 2006 ha pubblicato, con il padre Felice Modica, Bufalefi, un libro illustrato con foto di Wowe, fotografo tedesco di fama internazionale. Alessandro Modica sta dedicando la sua vita a rilanciare l’economia siciliana. E c’è da credere alla risposta che ha dato in un’intervista rilasciata nel 2018, anche perché le parole sono state precedute e seguite dai fatti: “Sono profondamente legato alla mia terra tanto da impegnarmi costantemente nel recupero della storia, delle bellezze, della cultura e dell’arte che appartengono a questa città. Quando perseguo un progetto lavorativo legato a questo posto lo faccio sempre con l’idea di migliorare e valorizzare Noto, per me l’aspetto economico è sempre stato secondario”.
“Un libro di narrativa, poesia o saggio che non si può non aver letto?” – “Il Gattopardo, di Tomasi di Lampedusa”; cosi invece rispose Alessandro Modica in un’altra intervista rilasciata nel 2008. Si, non ci eravamo sbagliati. Avevamo immaginato che aveva letto con gusto “Il Gattopardo”.
Panta rei, tutto scorre. Anche le donne di oggi sono molto diverse dalle donne del Gattopardo. A quei tempi, a quanto si sa, vivevano in un cono d’ombra e nella stragrande maggioranza non avevano molta consapevolezza di se stesse e accettavano con serenità di essere subordinate all’uomo che avevano sposato, spesso a seguito di matrimoni combinati. Dedicavano tutta la loro esistenza agli impegni famigliari. Oggi, quasi tutte, studiano, lavorano, viaggiano e sono indipendenti. La parità dei generi è praticamente quasi raggiunta. E, quindi, tenendo conto dei tempi moderni, non possiamo non citare una donna che si è fatta onore, nell’imprenditoria agricola. Una donna che si collega al contesto storico del Gattopardo, sbarco dei mille a Marsala, e al suo protagonista: Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta, marchese di Donnafugata.
È Gabriella Anca Rallo. Ha la sua azienda a Marsala e l’ha chiamata Donnafugata, in onore de “Il Gattopardo”.
Sotto, la foto proprio delle cantine storiche di Donnafugata, a Marsala.
Anca Rallo è una imprenditrice di successo che ha fondato nel 1983, insieme con il marito Giacomo, l’azienda vitivinicola Donnafugata, che oggi ha 5 cantine ed oltre 400 ettari di vigneti tra Marsala, Contessa Entellina, Pantelleria, l’Etna e Vittoria. Ne sono amministratori delegati i figli di Gabriella: Giuseppina, detta Josè, e Antonio. A proposito di vino, sembra che Dioniso (Bacco) abbia favorito il successo della spedizione di Garibaldi. Narrano infatti le cronache: “Lo sbarco venne agevolato dalla presenza di alcune navi inglesi nel porto adibite all’esportazione dell’ormai famoso vino Marsala; il timore di suscitare la reazione dei britannici colpendo erroneamente le loro navi da carico, scoraggiò i Borboni dal bombardare i due piroscafi carichi di garibaldini.”
Donnafugata significa donna in fuga. Una frase che a noi fa pensare al ciclismo e alle fughe per vittoria del piemontese Fausto Coppi. Ma ci fa anche pensare alla Signora Rallo, in fuga per la vittoria. Gabriella Rallo ha avuto tanti riconoscimenti nella sua carriera, ne citiamo solo alcuni. Scrive “La Repubblica” del 12 novembre 2018: “Con amore e per amore, dicono i saggi, si fa di tutto ed è per questo tutto che Gabriella Anca Rallo, donna siciliana dal garbo di altri tempi, è stata insignita dalla Presidenza della Repubblica di una delle più alte onoreficenze civili. La donna che è cuore e colonna dell’azienda Donnafugata, è stata infatti insignita del titolo di Commendatore della Repubblica per i suoi meriti in favore dell’affermazione del vino siciliano, ma anche e soprattutto per le energie spese per promuovere un più attivo ruolo della donna nell’isola”.
Nel 2019 è premiata ad Agrigento con il Telamone perché produce valorizzando il territorio. Il Telamone, istituito nel 1976, premia le personalità che si sono distinte in campo culturale, economico e sociale, dando lustro alla Sicilia nel mondo
Lo scorso 16 luglio, Josè Rallo è stata tra i sette imprenditori italiani che hanno ricevutodal Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, il riconoscimento di eccellenze del Made in Italy. L’ANSA riporta le belle e sincere dichiarazioni di Josè, figlia di Gabriella: “Emozione, orgoglio ma anche un rinnovato senso di responsabilità – ha commentato Josè Rallo, che insieme al fratello Antonio ha raccolto il testimone dell’azienda di famiglia – l’Italia è un paese straordinario che ha nel suo tessuto produttivo familiare un suo modello vincente”.
Due esempi di vita, quelle diGabriella Anca Rallo, encomiabile anche come madre di famiglia per come ha saputo crescere i figli, e di Alessandro Modica, imprenditore moderno del nuovo millennio e innamorato della Sicilia, volte al cambiamento, al progresso continuo ma senza tradire il passato e le tradizioni. Due imprenditori in fuga per la vittoria che smentiscono la Sicilia immutabile di Don Fabrizio Salina.
Che poi è anche la Sicilia di Polifemo e di Nessuno.
A proposito di Polifemo, chissà se anche a Omero piaceva il vino siciliano. La frase οἶνοψ πόντος, òinops pòntos, letteralmente “mare che agli occhi ha il colore del vino”, ricorre numerose volte nei poemi omerici.
La Polizia indaga.