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GB, PROTESTE CONTRO POTERI POLIZIA

Almeno 14 persone sono state arrestate nella notte a Bristol, in Inghilterra, nel corso dei disordini innescati da un nuovo raduno contro la legge promossa dal governo di Boris Johnson, a margine della normativa di emergenza introdotta sullo sfondo della pandemia, che assicura più poteri alla polizia. La protesta di Bristol, organizzata dagli attivisti radicali di “Kill the Bill” (un gioco di parole tra il titolo del famoso film e la frase “Uccidi la Legge”) ha visto raccogliersi stavolta circa 130 partecipanti nella zona di College Green. Nel fine settimana Bristol era stata teatro di una protesta analoga, ma più numerosa (si parla di migliaia di persone), sfociata in una quarantina di arresti e in un bilancio di diversi agenti feriti o contusi. Nonostante la condanna unanime degli episodi da parte della politica britannica, desta diverse perplessità questo nuovo atto legislativo promosso dalla maggioranza Tory, che permette alla polizia di porre fine a una manifestazione se i suoi partecipanti protestano a un volume “troppo alto”, e che rende punibile come crimine il mancato rispetto delle nuove norme anche se i manifestanti non ne sono informati dagli agenti.

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Un altro punto controverso è quello che riguarda l’introduzione dell’offesa di “pubblico disturbo” che mira a punire chi bloccherà strade e ponti per rendere pubblico il suo dissenso. Ha fatto anche discutere l’approvazione di una pena fino a dieci anni di carcere per i manifestanti che danneggino le statue. Situazione, questa, resa ancora più amara da diverse immagini che testimoniano le violenze degli agenti britannici, in particolare in occasione di un sit-in di alcune manifestanti femministe il giorno 13 marzo, bruscamente interrotto dalla polizia che ha arrestato e disperso in maniera brutale i partecipanti. La ministra dell’Interno, Priti Patel, ha definito “sconvolgenti” le immagini delle violenze degli agenti e ha chiesto l’avvio di un’indagine interna. La manifestazione era stata organizzata in memoria di Sarah Everard, 33enne rapita e uccisa a Londra dieci giorni prima: secondo gli inquirenti, il colpevole sarebbe l’agente di Polizia metropolitana Wayne Couzens. Mette apprensione l’evidenza del fatto che in molti Paesi, anche occidentali, i governi stiano sfruttando la scusa dell’emergenza Coronavirus per implementare legislazioni che forniscano sempre più poteri alle forze di polizia, riducendo anche le conseguenze che gli agenti dovrebbero affrontare in caso di abusi.

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Mentre negli Stati Uniti si sta finalmente discutendo dell’opportunità di porre un freno allo strapotere delle forze dell’ordine, che spesso e volentieri finiscono per commettere quei crimini che dovrebbero prevenire, in Europa la tendenza appare opposta. Prima della Gran Bretagna, qualcosa di simile era avvenuto in Francia, dove la maggioranza che segue Emmanuel Macron aveva proposto lo scorso novembre un nuovo pacchetto di leggi che rende illegale filmare o fare foto agli agenti in servizio. In questo caso, l’iter legislativo è stato rallentato dalle tantissime proteste popolari, a cui si era aggiunta la preoccupazione della Commissaria ONU per i Diritti umani. Sono cose che ci si aspetterebbe da Stati dittatoriali o comunque poco democratici, non certo dai Paesi noti come patrie della democrazia. Nonostante sia sicuramente opportuno che nelle condizioni attuali si evitino assembramenti di persone, anche se per giusta causa, bisogna infatti ricordare che le leggi sono fatte per restare tali anche una volta che la pandemia non ci sarà più, o non sarà più così grave come adesso. Lo Stato, che per antonomasia è, citando il filosofo Max Weber, il detentore del monopolio della violenza legittima, non dovrebbe cercare modi di poterla sfruttare maggiormente, spesso e volentieri verso chi protesta contro il governo in carica, bensì, al contrario, tentare ogni strada possibile per ridurne al minimo la necessità. La tendenza in Europa, purtroppo, non fa ben sperare in tal senso.

(foto di copertina da AdnKronos – interne dal web)

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Data:

24 Marzo 2021