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GEOECONOMIA – Come la Cina sta vincendo

La Cina ha ridotto le aspettative sulla crescita del Pil nel 2024.  L’economia cinese è in lievissimo rallentamento, con una crescita del PIL che nel 2024 potrebbe essere del  5% , un livello che per l’Italia è un sogno. La spesa militare aumenterà però del   7,2%  a circa 236 miliardi di dollari,  quello USA per il 2024 dovrebbe essere circa di 836 miliardi con un aumento del 2,3%, lasciando  gli USA al primissimo posto. Una differenza nel tasso di crescita del 4-5% che se permane alla lunga consentirà alla Cina di raggiungere gli USA tra qualche decennio, anche se oggi gli USA spendono circa 3,5 volte più della Cina. Quindi se gli USA vogliono mantenere il loro primato mondiale il momento migliore per una guerra preventiva con la Cina sarebbe adesso, quando è ancora relativamente debole, ma dubitiamo che il governo cinese sia così ingenuo da scatenare oggi una guerra. Taiwan può aspettare.

Una differenza di tasso di crescita del 5% a sfavore della Cina. A sfavore perché la spesa militare sottrae sistematicamente risorse alla assistenza e agli investimenti. Un esempio sono i tagli fiscali per stimolare la crescita, tra cui la riduzione per le imposte sui settori produttivi, mentre i contributi delle imprese al sistema previdenziale saranno ridotti.

Il governo cinese, trasferendo dalle imprese alle famiglie i costi di mantenimento degli anziani riduce così il costo del lavoro, favorendo la competitività delle aziende cinesi all’estero. Ma riduce così anche i meccanismi di tutela sociale e accresce le disuguaglianze. Si spiega così come la  maggior competitività delle aziende cinesi rispetto a quelle europee sia anche dovuti ai minori costi per le imprese in termini di costo del lavoro.

La strategia del governo cinese è quella tipica del “dumping” commerciale: si praticano prezzi più bassi della concorrenza per distruggerla, in modo che una volta distrutta sia possibile praticare prezzi molto alti recuperando le perdite precedenti e realizzando guadagni. Una strategia che si sta dimostrando letale per la UE dove il settore della produzione automobilistica sta per scomparire, complice anche la decisione suicida di passare alle vetture a batteria proibendo la vendita di vetture con motore endotermico dal 2025.

La UE si è messa in trappola da sola: man mano che le aziende europee chiudono, sono trasferite all’estero o cadono in mani cinesi la possibilità di concorrenza cessa, e appena possibile il sistema Cina potrà recuperare con gli interessi. Grazie ai maggiori prezzi possibili nell’area UE i lavoratori cinesi vedranno una crescita continua del loro benessere, a cui corrisponderà un continuo calo di quello dei lavoratori UE e degli altri Paesi importatori che abbiano lasciato distruggere la propria industria nazionale.

Gli effetti devastanti, per i Paesi importatori dalla Cina, di questa strategia sono già evidentissimi per gli USA e per l’Europa, dove  moltissime  aziende private hanno dovuto chiudere per la concorrenza cinese. Negli USA la presidenza Trump promette dazi alle importazioni, ma bisognerà vedere se manterrà le promesse a livello necessario per rilanciare la produzione interna.

La strategia sviluppista della Cina si sta dimostrando  efficace contro  quella perseguita negli ultimi trenta anni dagli USA e dalla UE soprattutto perché la classe dirigente dei due sub-continenti o non ha percepito la minaccia o nulla ha fatto per reagire. Forse anche perché ad essere danneggiata dall’avanzata cinese è solo la classe dei lavoratori, mentre i percettori di rendite finanziarie  o di retribuzioni parassitarie ne hanno tratto e ne traggono enormi benefici.

La UE si credeva non potesse  seguire la stessa strada della Cina, distruggendo il suo sistema previdenziale, ma l’Italia sta dando forti segnali in tal senso. Mentre la cultura familiare cinese è quella di un secolo fa, la struttura familiare europea si è profondamente modificata verso la famiglia nucleare che può sopravvivere solo grazie all’esistenza di un sistema previdenziale e sanitario pubblici pervasivi ed economicamente pesanti. Portare il sistema previdenziale e sanitario a livelli cinesi significherebbe replicare quanto è accaduto in Russia dopo il 1990, quando con l’immiserimento della classe povera la speranza di vita è drasticamente diminuita. Non sarebbe possibile neanche la scappatoia dell’emigrazione, perché mentre l’Europa ha le porte spalancate agli stranieri gli altri Paesi controllano rigidamente l’immigrazione infischiandosene della legislazione internazionale, né è  possibile una reindustrializzazione  se il costo del lavoro crollasse in meno di qualche decennio, e comunque occorrerebbe alzare barriere protezionistiche enormi. Purtroppo cinquanta anni di politiche dissennate e spendaccione nell’ambito delle spese superflue, con un ceto parassitario che si è arricchito a dismisura trascurando le capacità tecnologiche,  non possono essere recuperati in pochi anni.

E’ però possibile almeno “copiare” l’approccio strategico vincente della Cina, dove  esiste un mercato libero quanto decide il  Governo, e dove le aziende private sono libere di fare ciò che vogliono, purché seguano  le direttive governative. In Cina non esistono cessioni di aziende cinesi a padroni esteri senza vincoli pesantissimi, non esiste una immigrazione incontrollata, non esistono importazioni  libere poiché esistono una serie di lacci e lacciuoli di cui moltissimi basati sul “patriottismo implicito” per cui certe azioni che sarebbero dannose per la Cina vengono di fatto bloccate  grazie alla cooperazione silenziosa dei cinesi, e  le condanne per tali comportamenti, quando ci dovrebbero essere, sono risibili perché i giudici cinesi non guardano al diritto astratto ma agli interessi del popolo cinese.

Se la UE vuole sopravvivere, e non diventare una economia basata su turismo e agricoltura a basso costo (con salari crollati),  deve diventare un po’ cinese copiando dai primi della classe, che agiscono non secondo astratti principii economici e legali concepiti più  un secolo  fa quando l’Europa era ancora vincente, ma calcolando freddamente  la propria convenienza nel lungo periodo.

La UE quindi dovrebbe, tra l’altro:

– rallentare la rivoluzione ambientalista allineando le scadenze a quelle del resto del mondo, per evitare di distruggere interi  settori produttivi;

– attivare dazi pesanti quanto necessario per compensare i minori costi di personale degli importatori;

– tornare ad usare la Russia come fornitore di materie prime a prezzi bassi, azzerando il sostegno alle mire delle governo nazionalista ucraino sui territori ex-Ucraina abitati da russi e scippati nel 1991 approfittando del crollo dell’URSS;

– arrestare l’immigrazione non voluta, inassimilabile, economicamente gravosa;

– riformare il sistema formativo rendendolo meno costoso per le famiglie, abbreviando drasticamente il periodo formativo medio,  in modo da consentire l’ingresso nel mondo del lavoro stabile diversi anni prima.

Non si vede traccia di una sola di queste riforme, ormai siamo al rischio concreto che la stalla sia chiusa quando tutti i buoi saranno scappati.

Data:

22 Febbraio 2025

One thought on “GEOECONOMIA – Come la Cina sta vincendo

  1. Finché non ci sarà la pace in Ucraina, comprare prodotti russi comporterebbe finanziare l’aggressione russa. Per quanto riguarda i prodotti petroliferi l’Italia ha già trovato altri fornitori e non sarà facile ritornare a comprare dalla Russia. Il divieto di comprare autoveicoli endotermici scatterà dal 2032 e non dal 2025. Sono d’accordo nel ritenere la transizione ecologica troppo veloce, ma se le aziende, soprattutto automobilistiche, si fossero mosse per tempo, non saremmo in queste condizioni.

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