Nell’ambito della 10° edizione del Black History Month Florence, fino al 28 febbraio 2025 a IED Firenze – ex Teatro dell’Oriuolo si apre la mostra, ad ingresso gratuito, George Zogo: La Foule et l’Appel, sviluppata in collaborazione con gli studenti del Master in Curatorial Practice di IED sotto la direzione del collettivo curatoriale BHMF.
George Zogo: La Foule et l’Appel è una mostra che ha un importante scopo educativo illuminando il più ampio racconto degli artisti africani in Italia. Esplora le loro lotte e i loro trionfi, la loro integrazione nel tessuto sociale e culturale della loro patria d’adozione e il loro impatto duraturo. In questo modo, sfida l’invisibilità che spesso avvolge queste figure, offrendo invece uno spazio di riconoscimento, dialogo e apprendimento. George Zogo: La Foule et l’Appel è un viaggio attraverso la vita e l’opera di un artista la cui eredità trascende il tempo e il luogo. È, in altre parole, una celebrazione della creatività e della connessione e, nel contempo, un invito a riflettere sulle narrazioni che danno forma alla nostra comprensione dell’arte e dell’identità affinchè, nell’abbracciare la bellezza della molteplicità, possiamo comprendere l’efficacia del potere del dialogo nel collegare i mondi.
Il titolo, (la folla e l’appello), tratto da due dipinti, evoca il rapporto tra l’artista e il pubblico, tra il linguaggio e l’opera di Zogo e le comunità a cui ha contribuito e dato forma.
Il progetto vuole essere un omaggio, una riscoperta e una riflessione sulla vita e il talento dell’artista, attraverso una rara selezione delle sue opere, archivi personali [1] e testimonianze, per una narrazione che riguarda l’arte, l’appartenenza, la trasformazione e l’eredità.

Le astrazioni pittoriche, le sculture realizzate in diversi materiali e i lavori di gioielleria sono solo alcune delle dimensioni artistiche di George Zogo, il quale rifiutava le associazioni spesso riservate agli artisti africani dell’epoca. Le sue opere riflettono l’esperienza diasporica, la ricerca di connessione e di appartenenza.

Nella sua arte – che parla di temi di identità, migrazione e sintesi culturale – si ritrovano gli echi delle tradizioni camerunensi, la persistenza delle tecniche europee e lo spirito inquieto di un artista che cerca di intrecciare mondi diversi in un insieme armonioso.
George Zogo: La Foule et l’Appel è più di una mostra: è un atto di memoria e un invito all’azione. Essa mira a reintrodurre il suo lavoro nel mondo, a sottolineare il potere del dialogo e l’importanza dell’arte nel collegare i mondi, a preservare la memoria di un’artista il cui contributo è stato ingiustamente trascurato. Amico del Sindaco Giorgio La Pira, la sua partecipazione alla vita culturale di Firenze gli valse importanti riconoscimenti: una personale a Palazzo Strozzi nel 1976, l’inclusione nell’innovativa mostra Transafricana a Bologna nel 2000 e prestigiosi riconoscimenti come il Premio Europeo Lorenzo il Magnifico e il Gonfalone d’Argento.
GEORGE ZOGO
La storia di Zogo è una testimonianza di resilienza, creatività e del potere dell’ibridazione culturale.

Nato a Saha in Camerun, George Zogo (1935-2016) è arrivato a Firenze nel 1966 con una borsa di studio del governo camerunese, dopo aver studiato legge a Lione. Faceva parte della prima generazione di intellettuali e artisti africani arrivati in Europa nell’era post-indipendenza. Questa generazione ha modificato e plasmato il panorama culturale in cui è arrivata. Firenze, con i suoi ampi musei e monumenti pubblici dedicati al Rinascimento, e con il sindaco Giorgio La Pira e i suoi Dialoghi Mediterranei, divenne la sua casa d’adozione. Zogo strinse un’amicizia con La Pira e si fece strada in città come ambasciatore vivace e costante della creatività africana.
Il suo arrivo nel 1966 coincise con una devastante alluvione che sommerse Firenze. Zogo si unì all’afflusso internazionale di persone coinvolte negli sforzi di recupero, forgiando un legame con Firenze che sarebbe durato nel tempo. Nell’arco di cinque decenni Zogo ha partecipato a un’ampia gamma di mostre innovative in Italia con progetti personali e collettive dedicate all’arte del continente africano e le sue opere fanno parte di numerose collezioni. Zogo ha condotto un programma radiofonico dedicato all’afromusica su Antenna Tre insieme ad Andrew Ndukuba, a testimonianza del ventaglio di contributi culturali per i quali era noto.
IL LINGUAGGIO DELL’ARTE

Le tele di Zogo sono avvolte da campi di colore dove le forme a blocchi e le linee sono portatrici di ritmo e forma. Il suo linguaggio artistico è fatto di lavaggi saturi, motivi congestionati e stili di scrittura automatica in cui si intersecano immediatezza e deliberazione. Lavorando in modo trasversale e sfuggendo alle nozioni di esotico, il suo lavoro scardina i tropi prescritti che ancora persistono intorno agli artisti di origine africana in Italia. La risolutezza formale delle sue opere e la costante ricerca di nuovi linguaggi visivi sono parte di ciò che lo ha posizionato in modo così sicuro all’avanguardia della pratica artistica legata alla sua generazione.
Le opere di Zogo riflettono l’esperienza diasporica, la ricerca di connessione e di appartenenza. Sono profondamente personali ma di risonanza universale, e parlano di temi di identità, migrazione e sintesi culturale. Nella sua arte si ritrovano gli echi delle tradizioni camerunensi, la persistenza delle tecniche europee e lo spirito inquieto di un artista che cerca di intrecciare mondi diversi in un insieme armonioso.
INFLUENZA E CONNETTIVITÀ
Al di là della sua arte, la vita di Zogo è stata di profondo impatto nel tessuto culturale del nostro Paese. Conosciuto affettuosamente come “Le Doyen” (“Il decano”), era un pilastro delle comunità africane di Firenze. Per i nuovi arrivati è stato una guida, un amico e una fonte di conforto, aiutando molti a superare le complessità dell’insediamento nell’ambiente sociale, culturale e legale italiano. Il suo carisma e la sua gentilezza hanno intessuto reti di dialogo e di connessione, creando un ponte tra le culture in una città che stava affrontando le realtà dell’immigrazione e del cambiamento.
L’influenza di Zogo si è estesa ben oltre le relazioni personali. I suoi contributi alla vita culturale di Firenze gli valsero importanti riconoscimenti: una mostra personale a Palazzo Strozzi nel 1976, l’inclusione nell’innovativa mostra Transafricana a Bologna nel 2000 e prestigiosi riconoscimenti come il Premio Europeo Lorenzo il Magnifico e il Gonfalone d’Argento. Questi riconoscimenti hanno celebrato non solo i suoi risultati artistici, ma anche il suo ruolo di ambasciatore culturale, simbolo delle possibilità che emergono all’incrocio tra Africa ed Europa. Antonella Giordano
[1] Archivio George Zogo, Fondazione Giorgio La Pira, Archivio Rosenclaire Archivio Luloloko Mays, Archivio Andrew Ndukuba
Ci sono testi che riportano alla vita una storia, restituendole il respiro che rischiava di affievolirsi nel tempo. Il contributo di Antonella Giordano su George Zogo è un atto di ricomposizione che restituisce dignità, profondità e connessione. La sua scrittura attraversa la materia con una sensibilità capace di cogliere il non detto, rendendo visibile la stratificazione di esperienze che hanno plasmato l’opera e la vita di Zogo. Lungi dalle letture superficiali o dalle categorizzazioni che riducono un artista alla sua origine geografica, Giordano costruisce un racconto che è tessitura di appartenenze, in cui l’arte diventa spazio di incontro e la diaspora si manifesta come creazione di nuove identità. Il suo lavoro non si limita a ricordare, ma interroga, sfida l’oblio e invita il lettore a fermarsi, ad ascoltare. Dietro ogni opera d’arte vive una storia, e dietro ogni storia si intrecciano tracce che meritano di essere riconosciute. Questa sensibilità si fa cura. Per questo il grazie ad Antonella Giordano non è formale, ma sostanziale. Il suo contributo informa e ricuce, con la consapevolezza che la memoria è un ponte, non un archivio.