Negli Stati Uniti d’inizio ‘900 un sempre maggior numero di uomini e di donne abbandonavano le campagne in cui erano nati per trasferirsi, spesso definitivamente, nelle ben più ricche città. Eppure, malgrado il progressivo entusiasmo con cui tale urbanizzazione veniva vissuta dalla popolazione locale, nei genitori dei bambini e degli adolescenti americani crebbe il sempre più insistente timore che l’allontanamento dalla vita rurale potesse portare i figli a distaccarsi da quei valori e da quell’amore per il duro lavoro che solamente le giornate trascorse nei campi potevano offrire.
Quando, nel 1909, l’illustre editorialista William Boyce si recò per un viaggio di lavoro in Inghilterra, era ben consapevole di quanto, fra i propri compatrioti, fosse forte il desiderio di ritrovare una serie di esperienze capaci di ricollegarli al genuino mondo della natura. Accadde tuttavia che, durante la propria permanenza a Londra, Boyce ebbe la sfortuna di perdersi nei meandri della nebbiosa capitale britannica: fu solamente il provvidenziale intervento di un giovane ragazzo del posto a salvarlo e a permettergli di ritrovare la via di casa. Ma l’aspetto più interessante è che quando l’editorialista ringraziò lo sconosciuto giovanotto, quest’ultimo diede una risposta che probabilmente avrebbe cambiato per sempre la storia del volontariato giovanile mondiale: “Ho semplicemente fatto il mio dovere: sono un boyscout”.
Esistono numerose fonti contrastanti riguardo la possibilità che, prima di ripartire per Chicago, Boyce avesse conosciuto o meno Baden-Powell, storico ideatore dello scoutismo. Ciò che è certo, tuttavia, è che la sua esperienza londinese e, in particolare, il suo incontro con quel giovane ragazzino, lo portarono a tornare in patria con il desiderio di replicare negli Stati Uniti l’esperimento dei Boy Scout. Come preziosi ed inaspettati alleati, poté contare su una personalità illustre come l’ex Presidente Theodore Roosevelt, da sempre attento ad incoraggiare la conservazione della “virilità americana”, e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi giorni, disposta a promuovere il progetto fra i propri adepti e ad istituire fra le due organizzazioni una tacita alleanza che sarebbe perdurata addirittura fino al 2018. In un anno vennero così fondati i BSA, Boy Scout of America, un gruppo che, nel giro di un secolo, avrebbe raggruppato oltre due milioni e quattrocentomila membri, divenendo sinonimo di disciplina, organizzazione e cultura del sacrificio.
Eppure, sembra proprio che la centenaria associazione rischi ora di essere giunta al capolinea, o perlomeno, sempre più insistenti sono le voci secondo cui i BSA potrebbero presto essere costretti a dichiarare bancarotta in seguito a una serie di scandali che li hanno travolti negli ultimi anni e che col passare del tempo starebbero assumendo dimensioni sempre più significative (“sarebbe il più grande fallimento della storia legato agli abusi sessuali” ha scritto in queste ore il Boston Globe). È infatti della giornata di ieri la notizia secondo cui Janet Warren, perito durante un processo per abusi sessuali, avrebbe pubblicamente dichiarato che dal 1944 a oggi sarebbero stati ben 12.254 i minorenni vittime di molestie durante la propria esperienza nei Boy Scout, e che ben 7.819 sarebbero invece i volontari o i leader dell’associazione che si sarebbero resi protagonisti di tali nefandezze.
In merito a ciò l’avvocato Jeff Anderson, rappresentante di molte delle vittime nel corso del processo, ha pubblicato sul sito del proprio studio legale i nomi di 180 degli stupratori in questione. Sempre Anderson, ha inoltre invitato chiunque abbia subito una molestia di qualunque genere mentre faceva parte dei Boy Scout a farsi avanti e a non trincerarsi nel proprio silenzio; in particolar modo, occorre sottolineare che gli Stati del New jersey e di New York hanno di recente modificato i propri rispettivi ordinamenti, prolungando significativamente i tempi della prescrizione legati a questo tipo di reato proprio al fine di permettere anche a chi ha subito delle violenze ormai molti anni fa di poter finalmente ottenere giustizia.
La replica dell’associazione non si è fatta ovviamente attendere, e attraverso un comunicato i BSA ci hanno tenuto a far sapere che: “Niente può essere più importante della sicurezza e della protezione dei bambini. Ci scusiamo sinceramente con chiunque abbia subito abusi durante il periodo dello scouting, siamo profondamente addolorati”. Eppure, per quanto la loro costernazione possa essere sincera, difficilmente potrà servire a ridimensionare uno scandalo che col passare dei giorni sta assumendo dei contorni sempre più inquietanti e che, indipendentemente da ogni altra considerazione, porta in sé la drammaticità legata al fatto che la vita di migliaia di bambini innocenti è stata forse irreversibilmente rovinata.