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Una piscina sul tetto

È trascorso poco più di un mese dal drammatico incendio di Notre-Dame che, al pari della Cattedrale, ha devastato i cuori e le coscienze di milioni di cittadini europei, da sempre convinti che un simile luogo fosse non solo un’attrazione turistica quanto soprattutto un simbolo del cristianesimo, dell’arte e della storia del nostro continente. Eppure, com’era inevitabile, subito dopo lo smarrimento iniziale e senza indugiare ulteriormente in inutili lamentele ha avuto inizio il dibattito su come restituire a Parigi e alla Francia uno dei propri monumenti più emblematici e su come ricostruire, in altre parole, Notre-Dame nel minor tempo possibile e nel modo più adeguato.

Com’era facilmente prevedibile, la discussione che ne è conseguita ha generato non solo idee molto (forse troppo) creative, ma perfino divergenze e asprezze fra gli autori di progetti tra loro differenti sia da un punto di vista stilistico che sostanziale. Vi sono i tradizionalisti, convinti che la cattedrale debba essere ricostruita imitando con certosina attenzione lo stile gotico con il quale venne eretta nel XII secolo, tuttavia, sebbene questo gruppo rappresenti probabilmente la maggioranza dei cittadini francesi, ad esso si contrappone una seconda fazione assai meno innamorata del conservatorismo architettonico e assai più motivata, viceversa, a trasformare il dramma accaduto il 15 aprile scorso in un’occasione per modernizzare la cattedrale e con essa l’intera città.

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È il caso del pluripremiato architetto Vincent Callebaut, il quale ha proposto la realizzazione di una complessa guglia curva in grado di assorbire più luce ed energia di quante non ne servano per alimentare l’intera struttura, potendosi così permettere di ridistribuire l’energia in eccesso agli edifici vicini. Nel suo progetto, inoltre, accanto alla cattedrale dovrebbe sorgere un mercato settimanale della frutta e della verdura, simbolo a detta dell’architetto di un rinnovato binomio tra l’amore per la natura e la capitale francese: “Dobbiamo interrogarci su come riassumere le nuove prospettive del cattolicesimo” ha dichiarato quando gli è stato chiesto di spiegare le proprie intenzioni.

Sempre in chiave eco-friendly anche il progetto dello studio belga “Nab”, le cui menti più brillanti ambiscono a trasformare il tetto della cattedrale in una gigantesca serra munita, tra le altre cose, di un apiario in grado di ospitare le migliaia di api miracolosamente sopravvissute all’incendio di un mese fa (la cattedrale ospitava al proprio interno numerosi alveari). Ad ogni modo, fra gli stravaganti piani di lavoro già presentati non ne mancano anche alcuni di origine nostrana: è il caso del progetto dell’architetto italiano Massimiliano Fuksas, la cui intenzione sarebbe quella di sostituire il tradizionale tetto in legno con uno nuovo in cristalli di Baccarat, realizzando un effetto dall’indubbio valore estetico ma dalla non altrettanto indubbia coerenza stilistica con il panorama circostante.

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Sembrava che nulla potesse eguagliare tali idee in quanto a fantasia e temerarietà, eppure, a smentirci ci ha pensato un’ulteriore ed ingegnosa proposta, avvallata questa volta dallo studio Ulf Mejergren Architects di Stoccolma, secondo cui in cima a Notre-Dame bisognerebbe realizzare una piscina a forma di croce, simbolo a loro dire di un profondo rinnovamento artistico nonché preziosa occasione per i fedeli di meditare e riflettere sulle questioni spirituali godendosi il proprio rilassante bagno. La proposta ha immediatamente scatenato l’ironia del mondo del web: nella giornata di ieri su Facebook è divenuta virale una foto realizzata con Photoshop in cui in cima alla cattedrale è stato rappresentato uno spazioso parcheggio con delle auto posteggiate: “Così almeno risolveremmo il problema della mancanza di parcheggi in città” recitava la scritta a ridosso della vignetta.

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Ad ogni modo, malgrado la stravaganza delle soluzioni (scherzose e non), nelle prossime settimane il governo francese dovrà finalmente annunciare il vincitore del concorso internazionale indetto proprio dal primo ministro Edouard Philippe per individuare chi dovrà farsi carico della ricostruzione della preziosa guglia. La decisione s’intreccerà con una serie di eventi fondamentali per il Paese, come le elezioni europee di fine maggio e le sempre più abituali manifestazioni di protesta, e pertanto rischia di alimentare una volta di più la dicotomia fra i due volti di una Francia che dopo essere già sembrata divisa sul piano politico e su quello sociale, ormai sta iniziando a spaccarsi in due perfino su un territorio un tempo neutrale come quello dell’arte.

In un momento simile, sembra dunque difficile trovare nella nazione simboli di unità e di coesione; perfino i sei vigili del fuoco-eroi che nella fatidica notte in cui Notre-Dame andò a fuoco erano saliti alle luci della ribalta grazie al loro prodigioso coraggio, negli ultimi giorni sono stati viceversa accusati di stupro da una studentessa norvegese e, malgrado le indagini non siano ancora giunte a conclusione, gli stessi, come spesso accade in questi casi, sono passati nel giro di pochi istanti dall’essere degli eroi nazionali all’essere sei uomini comuni meritevoli solo del più sincero oblio o, peggio ancora, del disprezzo di una parte della popolazione. Una situazione che sembra costituire l’ennesima testimonianza di una Francia che troppo facilmente erige persone comuni a beniamini e che ancor più facilmente volta loro le spalle nei momenti più complessi.

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In altre parole, l’incendio della cattedrale, già di per sé drammatico, ha portato nelle settimane successive una serie di ulteriori tragedie regalandoci la certezza che il Paese ha bisogno di eroi, ma il dubbio su quali essi possano essere; regalandoci la certezza che i valori più nobili di Parigi e della nazione intera siano ancora vivi, ma il dubbio su dove essi si celino; e regalandoci, infine, la certezza sul fatto che Notre-Dame debba essere ricostruita in tempi brevi, ma il dubbio su come ciò dovrebbe avvenire.

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Data:

18 Maggio 2019