Ha attraversato un secolo, con i suoi 107 anni, il critico d’arte Gillo Dorfles. Affaticato dall’età e da qualche acciacco, si è spento lo scorso venerdì nella sua casa di Milano. Proteso fra le grandi metropoli internazionali, si è impegnato nella sua attività con passione e rigore.
Nato nel 1910 a Trieste (quando ancora il territorio faceva parte dell’Austria-Ungheria), era figlio di padre goriziano, mentre la madre aveva origini genovesi. Laureatosi in medicina, si era specializzato in psichiatria. Ma ben presto i suoi interessi furono orientati allo studio della pittura, dell’estetica e in generale delle arti. Professore di estetica alle Università di Milano, di Cagliari e di Trieste, fondò nel 1948 il Movimento per l’arte concreta. «La poetica del movimento, che si scioglierà dopo un decennio, aveva come scopo – spiegava Dorfles – il fatto di incoraggiare un’arte svincolata “da ogni contenutismo aneddotico e da ogni ‘ritorno’ stilistico verso un passato ormai accademico”, che curasse soprattutto i rapporti e le interazioni tra architettura, plastica e pittura, così da promuovere un rinnovamento effettivo del gusto in tutti i settori della vita moderna».
Negli anni Trenta il critico si era dedicato alla pittura, e questa sua passione non si era mai spenta, regalando nuova linfa alle sue attività… Si legge in una nota testata: «La sua opera ha attraversato gran parte del Novecento, facendosi testimonianza diretta dei fermenti artistici e delle esperienze estetiche del secolo, dalle prime agguerrite avanguardie alle seducenti proposte commerciali della cultura di massa, dalle utopie di redenzione ascetica delle neoavanguardie alla progettualità diffusa del disegno industriale”.
Predilesse un kitsch più raffinato, a cui dedicò un’intera pubblicazione nel 1968. È stato autore di numerosi libri, tra cui: L’architettura moderna (1954); La moda della moda (1984); Il feticcio quotidiano (1988) e Horror pleni; La (in)civiltà del rumore (2008); Conformisti (2009); Fatti e Fattoidi (2009). Qualcuno, nel rivolgergli un’intervista, gli aveva chiesto com’è la vita oltre i cent’anni, ed egli aveva risposto che non amava l’argomento. In questa fase della vita, spiegava, “si è presi dalla noia in quanto si fatica a leggere”. Tuttavia, riconosceva di essersi adeguato ai tempi usando il cellulare. Ammetteva inoltre di aver prediletto la buona cucina e di aver sempre bevuto del vino rosso pregiato.