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GIOVANNI DI PAOLO DI GRAZIA – V^ Parte

Le opere di Giovanni di Paolo si trovano, non solo a Siena, ma nei musei di tutto il mondo, a Firenze, Parigi, New York, Boston, Londra, Amsterdam, Vienna, Madrid e Monaco, e altre città, come tante opere dei ‘Primitivi’ che hanno ‘preso il volo’ dai luoghi per cui erano state create.

Sapete dove si trovano moltissime opere dei cosiddetti “Primitivi” di cui fa parte anche Giovanni di Paolo? Sono al museo Petit Palais di Avignone, sono circa trecento opere.

“Primitivi” è il termine con cui Vasari indicò gli artisti italiani che vennero prima di Michelangelo e di Raffaello, gli artisti del XIV e XV secolo, da Giotto in poi e sino al pieno Rinascimento.

Forse il pensiero corre a Napoleone che ridusse le chiese a stalle e si portò via ogni ben di Dio, non è così.

Facevano parte dell’enorme collezione di Giovanni Pietro Campana, che aveva ottenuto la direzione del Monte di Pietà, comprava di tutto senza requie, acquistò, reperti antichi, vasi, ori e marmi e i “Primitivi” che al tempo erano poco apprezzati. Si lasciò prendere dalla smania del possesso attingendo alla cassa del Monte di Pietà, accumulando debiti inverosimili, fu arrestato, incarcerato, condannato dalle autorità papali, le collezioni sequestrate riuscirono a pagare i debiti ma i capolavori se ne andarono in altre corti, quella dello zar di Russia, ma soprattutto in quella di Napoleone III. Lo stato francese, decise poi, qualche decina di anni fa, nel frattempo i “Primitivi” erano stati rivalutati dalla critica, di riunirli al Petit Palais che era la residenza dei vescovi di Avignone e oggi patrimonio UNESCO.

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Giovanni di Paolo, Natività, Petit Palais Avignone

Questa Natività, contornata da angeli musicanti è nella sua semplicità magnifica.

Un bue, un asinello, una mangiatoia e il Bimbo ignudo, mentre la Vergine è vestita con un abito bianco ricamato finemente in oro è piena di grazia e delicatezza.

San Clemente, facente parte di un polittico si trova al Petit Palace di Avignone. Papa Clemente salì al soglio attorno al 100, è venerato come santo e martire sia dalla Chiesa cattolica che da quella ortodossa. L’agiografia narra che fu condannato all’esilio in Crimea e costretto ai lavori forzati, il suo fervore missionario tra i soldati e i compagni di prigionia fu tale che i romani gli legarono un’ancora al collo e lo gettarono nel Mar Nero. Qualche tempo dopo, durante un abbassamento delle acque, si vide una tomba in cui gli angeli avevano deposto il corpo del Santo. Da allora in poi una volta all’anno, per un miracoloso ritirarsi del mare, la tomba riappariva.

Questo racconto ebbe un tale successo che attorno al 700 i Santi Cirillo e Metodio, gli apostoli Slavi, intrapresero la ricerca del corpo di San Clemente nella regione del Mar Nero. Su una piccola isola trovarono una salma ancora legata all’ancora, credettero di aver ritrovato i resti del Santo e portarono le sue spoglie nella città di Roma. L’unica fonte attendibile che abbiamo su San Clemente, è che egli fu l’autore di una famosa “Lettera ai Corinzi” in cui vi era un’invocazione per le istituzioni politiche, nonostante Clemente sapesse che le persecuzioni ai cristiani sarebbero continuate, continuava a pregare e a invocare clemenza a coloro che condannavano ingiustamente i cristiani.

È la più antica lettera-preghiera scritta alle istituzioni politiche per ottenere la pace e la fine delle persecuzioni, preghiera che oggi si ripete per gli stessi luoghi.

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Giovanni di Paolo, San Clemente, Petit Palais Avignone

Il commovente dipinto della presentazione su un piatto della testa del Battista dove due commensali sconvolti si coprono gli occhi per non vedere, fa parte di quattro pannelli con le storie del Santo che un tempo facevano parte di una predella (la parte più bassa di una pala d’altare) che si trovano alla National Gallery di Londra. La predella faceva probabilmente parte di un polittico realizzato da Giovanni di Paolo per la chiesa degli Agostiniani di Cortona.

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Giovanni di Paolo- La testa di San Giovanni Battista a erode- National Gallery- Londra

Le opere di arte sacra un tempo erano solo devozionali, in special modo le icone bizantine e dei “Primitivi” erano considerate di poco conto, basti pensare che Corrado Ricci (1858-1934) un importante archeologo e storico dell’arte ravennate che si prodigò per la difesa del patrimonio artistico italiano, si ‘liberò’ assai facilmente di parecchie delle icone ravennati scambiandole con altri musei in cambio di opere ottocentesche. Così molte di queste opere d’arte, fuoriuscirono dal territorio italiano perché considerate artigianali, ma poi la critica d’arte cambiò opinione e oggi le stesse sono considerate preziosissime.

Federico Zeri, intorno al 1950, venne a conoscenza di un quadro munito di perizie di tre grandi esperti: era considerato un capolavoro della pittura umbra, tutto pareva in regola. Ma un giorno per un caso assieme al restauratore, videro un minuscolo pallino bianco, uno di loro premette con l’unghia per toglierla, dopo centinaia d’anni la pittura era certo secca, invece il colore trattenne l’impronta dell’unghia era quindi un falso; ma falso di quale dipinto?

Sempre per caso Zeri, venne in possesso di una fotografia che rappresentava un dipinto identico e che apparteneva a un piccolissimo paese vicino all’Aquila, che si chiama Sivignano.

Si recò sul posto e venne a sapere che qualche abitante del luogo, che si era accorto di uno strano traffico tra un trafficante d’arte e il parroco, pensando che volessero sostituirlo con una copia, avevano nascosto il quadro originale e cambiato il domicilio del quadro ogni settimana, per non tenerlo mai nello stesso posto. Nel frattempo era passato il fronte, e il trafficante era morto sotto un bombardamento.

Chi aveva in mano il falso lo mise in commercio.

Zeri avvertì i Carabinieri, i quali trovarono il dipinto sotto delle balle di paglia.

Il quadro originale oggi è nel Museo dell’Aquila.

Il falso, che girava con tre perizie, non fu distrutto, ogni tanto salta fuori in cerca di un compratore… cosa voglio dire con questo?

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Maestro di Sivignano, Madonna in trono col bambino 1250-1270 ca

La Chiesa ha sempre protetto l’arte, certo l’arte dei Primitivi era per lo più arte sacra, ma lo fa tutt’oggi con i nuovi linguaggi, (per esempio Bacon che è un artista ‘terribile e crudele’ è presente ai Musei Vaticani, chi si confronta con l’arte prima o poi fa “i conti con Dio”) purtroppo non solo deve fronteggiare gli espropri che ogni tanto avvengono (Napoleone ma anche l’Unità d’Italia), deve stare attenta anche coi papalini, quali il marchese Campana e prestare attenzione a qualche parroco compiacente. Tuttavia diversamente da certa stampa che si butta a pesce su certe tematiche, scagliandosi contro i sacerdoti, chi di voi non si è mai sentito dire che la Chiesa è straricca, che deve vendere i suoi ori e le sue opere d’arte per i poveri?

Forse il sacerdote voleva investire il denaro per i poveri, visto che si era nel dopoguerra e la situazione era di necessità verso la fame e meno verso l’arte. Infine non dimentichiamo che molte di queste opere sono state volute e pagate da istituzioni religiose locali per abbellire le loro chiese, opere artistiche il cui possesso oggi è sinonimo di ricchezza e di prestigio, ma che sono nate per devozione e senza la Chiesa non ci sarebbero state.

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Giovanni di Paolo- La Natività e l’annuncio ai pastori-1435- Pinacoteca Vaticana

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Le parti precedenti ai link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/GIOVANNI_DI_PAOLO_DI_GRAZIA__-__1%5E_Parte_31347.html

https://www.internationalwebpost.org/contents/GIOVANNI_DI_PAOLO_DI_GRAZIA_-_II%5E_Parte_31405.html

https://www.internationalwebpost.org/contents/GIOVANNI_DI_PAOLO_DI_GRAZIA_-_III%5E_Parte_31468.html

https://www.internationalwebpost.org/contents/GIOVANNI_DI_PAOLO_DI_GRAZIA_-_IV%5E_Parte_31531.html

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Data:

28 Agosto 2023