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GIOVANNI PASCOLI E SERENA PUSCEDDU

La poesia di Pascoli, “L’Assiuolo” rappresenta una meditazione sulla natura e il dolore, utilizzando un linguaggio ricco di immagini evocative e un ritmo che cattura l’essenza della notte e dei suoni che la abitano. Attraverso la sua descrizione del canto solitario dell’assiuolo, Pascoli esplora temi di solitudine, memoria e malinconia, creando un’atmosfera di introspezione profonda.

D’altra parte, “Autunno in fiore” di Serena Pusceddu si concentra su una celebrazione della bellezza naturale e delle emozioni che essa suscita. Con un linguaggio semplice e delicato, la poetessa riesce a trasmettere la vivacità e la gioia della stagione autunnale, evidenziando come la natura possa essere un rifugio e una fonte di ispirazione. Le immagini di fiori colorati e canti di uccelli festosi si intrecciano con una melodia che rispecchia l’energia travolgente dell’amore.

Mettere a confronto queste due poesie permette di evidenziare come, in modi diversi, entrambe affrontino la complessità delle emozioni umane attraverso il prisma della natura. Mentre Pascoli riflette sulla malinconia e il mistero della notte, Pusceddu esplora la gioia e la vitalità del giorno. Questo dialogo tra le loro voci poetiche offre una riflessione profonda sulla relazione tra l’uomo e la natura, sottolineando l’importanza dei sentimenti e delle esperienze che essa può evocare.

Giovanni Pascoli

È un poeta e scrittore italiano nato il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, in Italia. È considerato uno dei principali poeti italiani del tardo Ottocento e uno dei maggiori esponenti del decadentismo. La sua opera è nota per l’uso evocativo della natura e per la profondità delle emozioni espresse.

Pascoli ha vissuto un’infanzia segnata da tragici eventi familiari, tra cui l’omicidio del padre, che hanno influenzato profondamente la sua poetica. Dopo aver studiato presso l’Università di Bologna, dove fu allievo di Giosuè Carducci, iniziò a insegnare letteratura italiana nelle scuole superiori e successivamente nelle università.

Le sue prime raccolte di poesie, come “Myricae” (1891), rivelano un interesse per il mondo rurale e per gli elementi semplici e quotidiani della vita. Pascoli utilizza il simbolismo della natura per esprimere emozioni complesse, creando immagini vivide e suggestive che riflettono le sue esperienze personali e il suo mondo interiore.

Pascoli ha anche scritto saggi e traduzioni, mostrando una profonda conoscenza della letteratura classica e moderna. Le sue opere successive, come “Canti di Castelvecchio” (1903) e “Poemi conviviali” (1904), consolidano la sua reputazione di poeta raffinato e introspezionista.

Giovanni Pascoli morì il 6 aprile 1912 a Bologna, ma il suo contributo alla poesia italiana rimane fondamentale. La sua capacità di trasformare il quotidiano in poesia e di dare voce alle emozioni più intime attraverso la natura continua a ispirare lettori e scrittori di tutto il mondo.

La scelta

In “L’Assiuolo,” Giovanni Pascoli esplora la complessità della natura e della condizione umana attraverso un linguaggio evocativo e suggestivo. La poesia, ambientata in una notte silenziosa, cattura l’essenza del paesaggio e il senso di mistero e inquietudine che pervade l’animo umano. Pascoli utilizza immagini potenti e simboliche per riflettere sulle emozioni profonde e sui ricordi che emergono nel silenzio della notte. L’assiuolo, con il suo canto triste e solitario, diventa il simbolo del dolore e della memoria, intrecciandosi con le altre immagini naturali per creare un’atmosfera di introspezione e malinconia. Attraverso la sua abilità poetica, Pascoli ci invita a immergerci in un mondo di sensazioni e riflessioni, dove ogni suono e ogni immagine contribuiscono a una meditazione sulla vita, la morte e il tempo. La sua capacità di evocare sentimenti profondi attraverso semplici elementi naturali rende questa poesia un’opera di straordinaria bellezza e intensità emotiva, capace di toccare le corde più intime del lettore.

L’Assiuolo
Dov’era la luna? Ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù…
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù…
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(e il pianto dell’Assiuolo
si udiva con un singhiozzo più vivo
nell’aria tranquilla che ascolta).
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù…

Pascoli conclude “L’Assiuolo” con una potente evocazione di suoni e immagini che amplificano il senso di solitudine e di inquietudine della notte. La ripetizione del canto dell’assiuolo, “chiù,” si fa eco di un dolore lontano e misterioso, che risuona nell’animo del lettore. La poesia si chiude con un richiamo alla fragilità della vita e alla bellezza effimera della natura, suggerendo una riflessione profonda sulla condizione umana. Pascoli, attraverso la sua maestria poetica, ci invita a contemplare il mondo con occhi nuovi, riconoscendo la complessità delle emozioni e dei sentimenti che ci legano alla natura e alla memoria. In questo modo, “L’Assiuolo” continua a risuonare come un canto malinconico e riflessivo, capace di toccare le corde più intime dell’animo umano. L’uso magistrale della lingua e la sua capacità di evocare immagini vivide rendono questa poesia un’opera immortale, che continua a ispirare e commuovere lettori di tutte le generazioni.

Serena Pusceddu

Residente a Roma, è un’impiegata in pensione che ha scoperto la passione per la poesia in tarda età. Nonostante il suo percorso professionale sia stato lontano dal mondo letterario, Serena ha sempre coltivato una sensibilità profonda verso le bellezze della natura e le emozioni umane. Questo amore per la poesia si è concretizzato nelle sue due raccolte pubblicate, “Fremiti di luna” e “Luna d’argento: tra melodie notturne”, dove esplora temi di amore, natura e introspezione con una scrittura evocativa e delicata. La sua poesia “Autunno in fiore” riflette la sua capacità di cogliere la bellezza nelle piccole cose e di trasformare la quotidianità in versi carichi di sentimento e colore.

La scelta

Serena Pusceddu, con la sua poesia “Autunno in fiore,” ci trasporta in un mondo dove la natura e i sentimenti umani si fondono in un’unica, armoniosa sinfonia. La poesia è un inno alla bellezza e alla forza della natura che, attraverso immagini vivide e metafore potenti, riflette il tumulto e la passione dell’amore. Le rose di diversi colori, che sbocciano contro un cielo nuvoloso, simboleggiano la varietà e l’intensità delle emozioni. Il ciclamino, con il suo fiore birichino, aggiunge un tocco di leggerezza e giocosità alla scena.

La descrizione dei boccioli intrisi di rugiada fresca evoca una sensazione di purezza e rinascita, mentre la melodia degli uccelli festosi e il mormorio delle foglie dorate e sanguigne creano un’atmosfera di gioiosa vitalità. Il contrasto tra le foglie che frusciano sulla terra nuda e il canto impetuoso di un fiume in piena sottolinea la dualità dell’autunno, stagione di transizione e cambiamento, e la potenza dell’amore che può travolgere e trasformare.

Autunno in fiore 
Son sbocciate le rose,
rosse, rosa, gialle, bianche,
ed il ciclamino dal fiore birichino.
Si ergono contro il cielo di nuvole invaso
teneri boccioli di fresca rugiada intrisi,
s’innalza una melodia strana di uccelli festosi,
del mormorar di foglie dorate e sanguigne
che frusciano sulla terra nuda,
del canto impetuoso di un fiume in piena.
Ed è come questa travolgente stagione 
il tuo amore che irrompe, invade, prorompe, stravolge.

La poesia “Autunno in fiore” di Serena Pusceddu ci invita a immergerci nella bellezza della natura autunnale e nel parallelo emotivo che essa traccia con l’amore. Le rose di vari colori e il ciclamino sono simboli di un’esplosione di vita e di gioia, che contrastano con il cielo nuvoloso, rappresentando le sfumature complesse dei sentimenti umani. I teneri boccioli intrisi di rugiada richiamano alla mente un’immagine di freschezza e di rinascita, evocando un senso di speranza e di rinnovamento.

La melodia degli uccelli festosi e il mormorio delle foglie dorate e sanguigne creano un sottofondo armonioso e vivace, che si contrappone al canto impetuoso di un fiume in piena. Quest’ultimo elemento suggerisce la forza travolgente e inarrestabile dell’amore, capace di irrompere, invadere, prorompere e stravolgere le vite. La poesia di Serena Pusceddu è un delicato affresco di emozioni, che attraverso la potenza delle immagini naturali, celebra l’intensità dei sentimenti e la loro capacità di trasformare profondamente l’animo umano.

Data:

8 Novembre 2024

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