Per la prima volta, dalla famigerata “manina” di Luigi Di Maio, si è seriamente aperto uno scenario di crisi di Governo. Se la “manina” era un disguido velocemente rientrato, infatti, questa volta si tratta di una questione molto più seria: sul Tav non si può mediare, o si fa o non si fa.
In questi mesi Lega e Movimento 5 Stelle avevano portato avanti una politica di “do ut des” su diversi punti: dalla legge anti-corruzione grillina che non piaceva alla Lega, passando per la legittima difesa sulla quale il ministro del Lavoro si è dichiarato “non entusiasta”, i due partiti di maggioranza avevano finora, con il Presidente Conte come mediatore, sempre messo in primo piano il contratto di Governo rispetto alle divergenze ideologiche.
Come già detto, però, la questione Tav lascia poco spazio a vie di mezzo, anche per via dell’importanza che assume sul piano strategico per i due partiti. Da un lato la Lega, che, dopo aver sostenuto il Movimento nell’approvazione del Reddito di Cittadinanza, non può permettersi di fermare una simile opera pubblica: i ceti produttivi del Nord non glielo perdonerebbero. Dall’altro lato, il Movimento 5 Stelle, che vive un’enorme crisi di consensi (molti proprio in direzione leghista) e aveva fatto del “no” al Tav un punto cardine della propria campagna elettorale un anno fa: dopo aver ritrattato sull’Ilva e su molti altri punti, rischierebbe di firmare la propria condanna in caso di un ennesimo cedimento.
Ecco perché in questi ultimi giorni, tra Lega e M5S, si sono sentiti toni radicalmente diversi rispetto a ciò a cui eravamo abituati.
A gridare battaglia per primo è stato il Ministro dell’Interno Salvini, che in tv ha dichiarato: “Se devo andare fino in fondo, vado fino in fondo. Siamo in due a dire di ’no’, vediamo chi ha la testa più dura”.
La risposta di Di Maio non si è fatta attendere: “Sono sbalordito da questa minaccia di crisi di governo. E per che cosa poi? Noi stiamo solo chiedendo di far avviare al Presidente del Consiglio un’interlocuzione con la Francia e con la Commissione Europea su un tema che è dentro il contratto di Governo: la ridiscussione integrale di un’opera. Intanto, non bisogna impegnare soldi dei cittadini per una cosa che si sta andando a ridiscutere. Questo sarebbe il motivo per aprire una crisi di Governo? Credo che questo sia un comportamento irresponsabile”.
Il vero colpo di scena, però, è stato quando Giuseppe Conte, finora sempre arbitro imparziale, ha espresso, per la prima volta, la sua chiara opinione. Pur negando la possibilità di una crisi di Governo, ha infatti dichiarato di “avere perplessità” sulla Torino-Lione, e che se i lavori dovessero iniziare oggi, si batterebbe per non farla. Per questo, gli sono giunti i ringraziamenti del vicepremier Di Maio.
Altri esponenti di punta del Movimento 5 Stelle (tra tutti Airola, Morra e Paragone) si sono apertamente schierati per il “no”. Gianluigi Paragone, ex leghista, si è addirittura rivolto direttamente al vicepremier in quota Lega con un tweet, scrivendo che “Se Salvini non vuole rispettare il contratto e vuole la crisi di governo per un’opera inutile mentre stiamo realizzando Reddito Di Cittadinanza, Quota 100 e tante riforme importanti per l’Italia, se ne assumerà la responsabilità”.
Un’idea concreta su come andrà a finire il nodo Tav potremo averla soltanto lunedì, dato che Matteo Salvini ha dichiarato di non avere intenzione di fare alcuna mossa prima di allora. Ma cosa succederebbe se questa ferita dovesse rivelarsi davvero insanabile?
Silvio Berlusconi, a riguardo, ha le idee chiare: “Forza Italia è pronta a sostenere un governo con Salvini premier”. Il “rimpasto”, però, non appare una soluzione così scontata in caso di rottura tra Lega e M5S: il centrodestra unito, con la composizione attuale del Parlamento, avrebbe una maggioranza troppo risicata, ed è difficile che Salvini possa decidere di non passare all’incasso elettorale dopo aver raddoppiato i consensi nel giro di un anno. Berlusconi, invece, attualmente ha numeri che si avvicinano a quelli del leader leghista, abbastanza da avere un peso determinante in un eventuale Governo, cosa che non avverrebbe in caso di nuove elezioni. Questa divergenza strategica potrebbe creare non pochi problemi agli equilibri del centrodestra.
Nel M5S, invece, la senatrice Paola Nugnes ha addirittura aperto al Partito Democratico: “Se la Lega dovesse impuntarsi sul Tav, saranno loro a prendersi una responsabilità sul Governo. Intanto cercherei altre e più opportune alleanze in Parlamento. Non possiamo lasciare il Paese in mano alla destra identitaria”. Le posizioni della senatrice Nugnes, però, sono state più volte antitetiche rispetto a quelle dei vertici del Movimento, il che fa pensare che le sue dichiarazioni siano strettamente personali. Tra l’altro, se anche così non fosse, PD e M5S non avrebbero molte speranze di governare serenamente, per questioni numeriche e per via degli storici attriti tra le due parti.
A questo punto, si fa concretamente strada l’ipotesi di elezioni anticipate al 26 maggio, stessa data delle Europee: in tal caso, si tratterebbe di un vero e proprio “D-Day” per la politica italiana, che vedrebbe una probabile vittoria della Lega di Salvini.
Proprio Matteo Salvini, in questo momento, sembra l’unico col coltello dalla parte del manico: che rimanga l’uomo forte del “Governo del Cambiamento”, che diventi premier con il centrodestra in caso di rimpasto di governo o che si torni alle elezioni, per lui sarà un trionfo.