Il fumetto, forma d’arte che ha saputo appassionare intere generazioni con storie che erano veri e propri film d’azione. Un intreccio perfetto tra immagini e parole che correvano lungo un filo narrativo con colpi di scena e realismo d’immagini, dal tratto alcune volte marcato, altre sfumato, quasi surreale. Tanta fantasia per i ragazzi dell’epoca, ma anche molta lettura.
Ma come mai nei fumetti si trovano tante strane parole e, soprattutto, che cosa significano? “Gulp”, “sniff”, “splash” sono solo alcuni di questi termini strampalati che, nel bel mezzo del racconto, comparivano per segnalare un’azione, un gesto, uno stato d’animo. Ebbene, si tratta di onomatopee (o parole onomatopeiche), che si usano per imitare o riprodurre un rumore o un suono associato ad un oggetto. Ce ne sono tantissime, con significati diversi: ad esempio, “tic tac” indica il rumore che facevano le sveglie di una volta. Sono dei suoni che il linguaggio del fumetto riproduce e marca con la sigla cd, finalizzati a mantenere alta l’attenzione del lettore.
A volte i suoni sono fondamentali nell’economia della storia perché ne rappresentano la svolta narrativa, lo snodo. Nella tecnica fumettistica queste parole, oltre a produrre il suono, vengono anche sottolineate in maniera visiva attraverso quello che in gergo viene definito lettering, ossia l’uso appropriato di forma, grandezza, colore e tipo di carattere delle lettere che compongono la parola, per segnalare al lettore velocità, forza, caos e tutte quelle suggestioni che il racconto richiede.
Altre onomatopee possono essere considerate come le prime forme di emoticon dell’epoca, in quanto si tratta di parole inserite nel fumetto per indicare lo stato d’animo o l’emozione che prova il personaggio. La maggior parte di queste parole deriva da verbi inglesi molto comuni.
Queste le onomatopee più comuni: gulp (da to gulp, inghiottire); splash (da to splash, spruzzare); bang (da to bang, esplodere); sniff (da to sniff, fiutare); boom (da to boom, scoppiare); slam (da to slam, sbattere); sob (da to sob, singhiozzare); broom (da to broom, spazzare). Ma ci sono anche: brrr, per indicare il freddo; chomp (dall’omonimo verbo) che significa masticare rumorosamente; argh, un grido molto forte per indicare paura o dolore; bum, un colpo di pistola; deng, per indicare un suono metallico; eh eh, per alludere a un atto d’astuzia; etch per indicare uno starnuto; pluff, il rumore di un tuffo…. Potrebbe continuare all’infinito la lista di queste espressioni tipiche del linguaggio del fumetto, che rappresenta una forma d’arte unica e straordinaria, anche se caduta un po’ in disuso con l’avvento di Internet, dei social e del web 3.0. Un prezioso patrimonio che andrebbe fatto riscoprire ai ragazzi, perché capace di infondere creatività e immaginazione molto più di qualsiasi nuova tecnologia.