“La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi”.
Fin dalla notte dei tempi l’uomo, inteso come specie, ha sempre manifestato la sua bramosia di potere e controllo.
Le Istituzioni, nonché le relazioni sociali nel senso più ampio, sembrano connotarsi per questa intrinseca spinta, piuttosto che per una relazione autentica con il popolo. Chi non ha mai incontrato un superiore, un amico, un collega con desiderio estremo di esercitare il proprio potere su qualcosa?

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I soggetti chiusi in questo schema di pensiero ricercano continuamente conferme nelle interazioni sociali e, al contempo, rifuggono da menti brillanti o comunque da teste ben fatte, piuttosto che da teste ben piene, come direbbe Edgar Morin.
“Bisogna vedere chi è che comanda; è tutto qua”, afferma Humpty Dumpty alludendo
all’ambiguità che intercorre frequentemente tra senso comune e conformismo, tra verità e potere, autorità e solitudine.
A questo proposito, torna in mente la figura del “Re” solitario descritto da Antoine de Saint-Exupéry
nel libro “Il piccolo Principe”, “vestito di porpora e d’ermellino”, bloccato in un loop esistenziale, tra desiderio di autorità e assenza di un autentico dominio. I libri per ragazzi rivelano spesso verità e insegnamenti che non emergono con immediatezza ad un lettore poco attento, alla mente di chi non sa leggere e ad un cuore che non riesce a sentire.

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Il re che governa su un pianeta molto piccolo, tanto da essere l’unico abitante, è una figura di potere assoluto, che ordina e comanda, ma la sua autorità appare totalmente infondata e illusoria, proprio perché non ha sudditi su cui esercitare il suo dominio. E, siccome è anche molto buono, impartisce degli ordini alquanto ragionevoli: “Se ordinassi a un generale di trasformarsi in un uccello marino, e lui non ci riuscisse, non sarebbe colpa del generale.
Sarebbe solo colpa mia”. Se da un lato, il re del “Piccolo Principe” rappresenta un simbolo di autorità vuota, al contempo, la sua presenza nella narrazione non è mai priva di un insegnamento. Antoine de Saint-Exupéry ci parla delle varie facce di un’umanità disperatamente sola, persa dietro mete illusorie (ed egoistiche), che mai saranno in grado di dar loro appagamento. Questa bizzarra situazione pone in risalto la solitudine (evidenziata dal fatto che i personaggi siano gli unici abitanti dei pianeti), di chi, pur rivestendo posizioni di rilievo, vive frequentemente come isola disconnessa da un mondo che, al contrario, dovrebbe dirigere. Non so a voi, ma a me questa figura sembra piuttosto attuale. Spesso cerchiamo di dominare ciò che non possiamo controllare e, in preda ad un delirio di vanità,
rischiamo di smarrirci.

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La vera leadership, come il piccolo principe apprende durante il suo viaggio, consiste nel saper ascoltare. Mentre il re cerca disperatamente di comandare un mondo che non necessita di ordini, il piccolo principe individua il significato profondo e autentico del potere nella capacità di amare e di comprendere empaticamente e consapevolmente.
Ottima analisi e bene articolata