La storia non è solo quella raccontata dai libri o da chi, amico o familiare, ce la racconta. La Storia parla anche attraverso le cose. Un cippo, una lapide, una pietra d’inciampo, una statua o qualsiasi altro segno raccontano momenti di storia. Sono segni che recano la voce di chi parla della storia di un paese. Talvolta li si ignora, molto spesso li si guarda distrattamente e si va oltre, rapiti sempre dalla ipercinesia di un vivere rincorrendo l’ordinario.
In questo momento, nelle umanità, è grande lo sconcerto per il massacro messo a punto dall’autocrate Putin e profondo il dolore per la vita delle democrazie (sempre di meno a giudicare dai numeri della mappa mondiale delle dittature) ancora una volta trascinate nel baratro dell’eterna lotta tra conflitti d’interessi e deismi suffragati dalla inveterata propaganda di stato che descrive una sua motivazione, speculare alla realtà. Come sempre sulla falsariga di altre ben note campagne missionarie di sterminio di vite inermi in nome di obiettivi oligarchici.
Ebbene in questo momento forse soffermarsi ad ascoltare la voce della Storia può aiutare a riflettere e a capire qualcosa di più. Se, ovviamente, si vuole capire.
Perché dico questo? Perché il mio pensiero va oggi alla scultura posta nel parco della città di Kyiv (quella i russi chiamano Kiev) – oltre la fermata metropolitana della storica piazza Arsenale, vicino al museo della carestia che anticipa Pecerska Lavra, il complesso monastico cuore della Chiesa cristiana ortodossa – che “racconta” l’ Holodomor ((in lingua ucraina e russa Голодомор) o “sterminio per fame“ di milioni di ucraini voluto dalle politiche staliniane.
Si trova proprio all’ingresso del parco. Raffigura una fanciulla ucraina vestita di stracci e di una magrezza impressionante che stringe al cuore cinque spighe di grano. L’immagine di una bambina a un passo dalla morte per fame, una creatura vittima di un genocidio. La sua colpa? Stalin,,il dittatore russo che aveva invaso il paese in cui era nata, affermava che chi possedeva più di cinque spighe se ne appropriava indebitamente e, quindi, doveva morire per il bene della comunità.
Alle sue spalle c’è la candela del ricordo.
Dopo la fine della Prima guerra mondiale l’Ucraìna era uno Stato indipendente ma nel 1919 l’Unione Sovietica la bramava nella comunità degli stati sovietici.
Gli ucraini si consideravano un Paese dell’Europa centrale, come la Polonia e non dell’est Europa e si batterono per affermare l’indipendenza dell’Ucraina.
Tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933, non volendo perdere il controllo della principale fonte di grano europea, Stalin , decise la collettivizzazione agraria, costringendo anche i kulaki, i contadini agiati (coltivatori diretti o piccoli proprietari terrieri), ad aderirvi contro la loro volontà. La collettivizzazione forzata delle terre produsse un’enorme carestia che colpì varie parti dell’Unione Sovietica, dal Caucaso alla Siberia, dal Kazakistan all’area del fiume Volga. Quanti si opposero alle requisizioni rifiutando di cedere i raccolti e uccidendo il bestiame piuttosto che darlo ai kolchoz pagarono cara la loro ribellione.
Per evitare che i contadini si rifugiassero nelle città, queste vennero isolate. Come sempre avviene Stalin fomentò la propaganda di Stato attraverso la quale venivano accusati i contadini che stavano letteralmente morendo di fame di essere i colpevoli della loro stessa situazione. Non si ebbe pietà per nessuno: donne, bambini, anziani furono massacrati senza pietà. Il resto morì per fame o epidemie. Simbolo della tragedia furono i bambini. Dei loro cadaveri si faceva scempio più che di altri: venivano mangiati dai sempre meno sopravvissuti.
La foto simbolo della tragedia del genocidio in Ucraina: una bambina affamata di Kharkov
Il culmine dell’Holodomor fu nella primavera del 1933. In Ucraina a quel tempo, 17 persone morivano di fame ogni minuto, più di 1.000 ogni ora, e quasi 24.500 ogni giorno. La gente stava morendo di fame per strada.
Fame e morte in una strada a Kharkiv nel 1933
Stalin insediò i russi nei villaggi ucraini svuotati. Durante il censimento successivo l’ enorme carenza di popolazione indusse il governo sovietico ad annullare il censimento. Vennero ordinate la distruzione dei documenti del censimento e la fucilazione degli addetti al censimento stesso (i più fortunati furono internati nei gulag) al fine di nascondere la verità.
Oggi, 28 Paesi in tutto il mondo presentano l’Holodomor come genocidio contro gli ucraini. Questa storia la ricorda la statua della bimba del parco di Kyiv.
Tutte le prove vennero distrutte. Ancora oggi vengono scoperte fosse comuni. Lo scrittore russo di origini ucraine Vasilij Grossman nel romanzo Tutto scorre, scritto tra il 1955 e il 1963, raccontò i terribili anni della collettivizzazione, della carestia e dello sterminio dei kulaki in Ucraina. Negli Anni ’60 agenti del Kgb sequestrarono il manoscritto, ma l’autore lo riscrisse. La copia, ritrovata dopo la sua morte (1964), fu poi pubblicata nel 1970, a Francoforte. In Russia il romanzo apparve solo nel 1989, ai tempi di Gorbaciov e della glasnost, la “politica della trasparenza”.
Qualche anno prima, nel 1986, in Inghilterra e negli Stati Uniti, era uscito il saggio Harvest of Sorrow dello storico inglese Robert Conquest, nel quale per la prima volta l’Holodomor veniva documentato e descritto nei particolari.
Per l’attualità dei temi contenuti nella trama consiglio il film di Bitter Harvest film del 2017 con Max Irons e Barry Pepper
Ambientato nell’Ucraina degli anni ’30, quando Stalin avanza le ambizioni dei comunisti al Cremlino racconta del giovane artista Yuri che lotta per salvare la sua amante Natalka dall’Holodomor, il programma di morte per fame che alla fine uccise milioni di ucraini.
L’Holodomor in quel momento debellò la resistenza ucraina ma non il desiderio di indipendenza dell’Ucraina dalla Russia.
Dov’era anche allora il Gesù della pace e dell’amore, il Gesù che voleva che si lasciasse che i fanciulli andassero a Lui? Era lì, ancora una volta crocifisso dai mali che contaminavano le volontà animate dagli stessi mali che lo vollero inchiodato alla croce a versare sangue innocente sulle zolle di un lembo di terra di questo pianeta.
Quella che ho raccontato è la storia della scultura della fanciulla che venne collocata nel parco di Kyiv perché ciò che avvenne allora non avesse a ripetersi mai più.
Era l’anno 1933. Oggi, nell’anno 2022, mentre imperversa l’invasione russa devastando il territorio e producendo migliaia di vittime, la Storia aggiunge un altro capitolo alla martoriata storia dell’Ucraìna. Racconterà, la Storia di oggi, attraverso una scultura di un altro fanciullo le migliaia di bimbi che hanno incontrato un Cristo crocifisso per volere di un’autocrazia indomita e spietata. E qualcuno si adopererà per parlarne denunciando quanto avviene contro ogni tentativo di demistificazione o insabbiamento.
Il mondo non è perfetto, non lo è mai stato e mai lo sarà, ma a ciascuno spetta il dovere di renderlo migliore. Anche impegnandosi a far conoscere ciò che la Storia ricorda attraverso i suoi segni.