Secondo quanto recentemente riportato da Bloomberg, citando la Semiconductor Industry Association, Huawei starebbe sviluppando una rete segreta di produzione di semiconduttori con una serie di fabbriche “ombra” in Cina, grazie alle quali potrebbe aggirare le sanzioni imposte dal governo americano. Per farlo, l’azienda avrebbe ricevuto circa 30 miliardi di dollari in fondi statali dal governo e dalla città di Shenzhen, acquistando due fabbriche esistenti e ne starebbe costruendo almeno altre tre. Inoltre, queste fabbriche sarebbero tutte sotto nomi di altre società, così da evitare le restrizioni e dunque acquistare indirettamente attrezzature americane per la produzione di chip. Tuttavia, questa mossa non è priva di rischi: se confermata ufficialmente la notizia riportata da Bloomberg, potremmo assistere ad un ulteriore escalation nella lotta tecnologica tra Cina e USA. Mentre Pechino cerca di colmare il divario tecnologico con l’Occidente e di diventare un leader nella produzione di semiconduttori, gli Stati Uniti cercano di raggiungere l’indipendenza dalle fonderie asiatiche. Una chiusura totale dei rapporti commerciali tra le due superpotenze avrebbe conseguenze negative per entrambe.
Questa rivelazione avrebbe sollevato non pochi dubbi e preoccupazioni all’interno dell’amministrazione Biden che, monitorando la situazione, sarebbe pronta a intervenire. Il veto imposto nel 2019 dall’amministrazione Trump per i semiconduttori ha senz’altro avuto un impatto significativo per Huawei, una volta leader nel mercato degli smartphone di mediogamma e delle infrastrutture di rete. Il colosso cinese ha infatti subito perdite considerevoli in campi cruciali ed è stata costretta a porre fine alla produzione interna dei chipset SoC Kirin, che un tempo erano un caposaldo dei suoi dispositivi. Inoltre, l’esclusione da tutti i servizi Google e al 5G ha reso gli smartphone Huawei molto meno attraenti per i consumatori internazionali, poiché non avevano accesso all’ecosistema Android completo, minando ulteriormente la posizione competitiva di Huawei. Tutto ciò ha pesato irrimediabilmente sulle finanze dell’azienda cinese, registrando un calo del 69% in meno rispetto al 2021.
Se per i primi tempi del blocco, era possibile comunque continuare a fare affari con Huawei ottenendo delle speciali licenze di esportazione (come per quella data a Intel), l’arrivo di Biden alla Casa Bianca ha però inasprito le sanzioni, sospendendo anche l’emissione di queste licenze speciali. Anche se, nel caso del 5G, Huawei potrebbe tornare grazie a una collaborazione con la Semiconductor Manufacturing International Co. (SMIC), principale produttore di chip cinese. L’obiettivo è quello di sviluppare chip 5G a 7 nanometri, che potrebbe consentire al colosso cinese di rimettersi in carreggiata con le altre Big Tech e rientrare nel mercato dei dispositivi di prossima generazione, nonostante SMIC si trova ancora indietro rispetto a concorrenti di calibro come Samsung in termini di tecnologia e capacità di produzione. Questo scenario solleva infine un interrogativo fondamentale: fino a che punto si spingeranno Cina e USA per difendere i propri interessi tecnologici?