“O meraviglia! Quante creatura divine io vedo qui! Che umanità splendida è questa! O nuovo mondo impavido, che ospiti uomini di tal genere”. Il passo tratto da La Tempesta di Shakespeare, contenuto a sua volta nel libro di Huxley Il mondo nuovo, potrebbe essere usato come messaggio di benvenuto su questa terra a favore di potenziali alieni, incuriositi dal nostro modus vivendi.
Il problema per i nostri ospiti si porrebbe una volta entrati nella nostra quotidianità. Sotto la sottile apparenza si celerebbe, ahinoi, una realtà ben diversa, preconizzata sublimamente dallo stesso Aldous Huxley. Lo scrittore britannico insieme a Orwell e Bradbury, è stato uno dei massimi scrittori di fantascienza e dalla visione distopica della realtà. Il mondo del futuro appare secondo le scritture di questi autori non certamente auspicabile, dato il forte controllo sociale, l’indottrinamento psicologico e la selezione eugenetica. Nella visione in particolare di Orwell e Huxley il futuro non sarà poi così roseo come potrebbe a una prima occhiata apparire dopo che il ‘900 ha portato innovazioni nel campo della scienza e della tecnica.
I due autori presagivano, seppur da punti di partenza simili, destini diversi per l’umanità. Orwell immaginava che saremmo stati sopraffatti da un dittatore. Nella visione di Huxley non sarà il grande fratello a toglierci l’autonomia, ma sarà la gente stessa a essere ben felice di essere oppressa e in più adorerà la tecnologia che libera dalla fatica di pensare. Orwell temeva che i libri sarebbero stati banditi; la paura di Huxley invece risiedeva nel pensare non che i libri fossero vietati, ma che non ci fosse più nessuno desideroso di leggerli. Orwell temeva coloro che ci avrebbero privati delle informazioni; Huxley quelli che ce ne avrebbero date sin troppe, fino a ridurci alla passività e all’egoismo. Orwell temeva che la nostra sarebbe stata una civiltà di schiavi; Huxley invece che sarebbe stata una cultura cafonesca, ricca solo di sensazioni e di bambinate.
Le considerazioni appena esposte sono contenute tutte in un libro di Neil Postman dal titolo, anch’esso, profetico, Divertirsi da morire. A queste considerazioni aggiungo, e finisco, quelle di Bauman nel suo Modernità liquida. Il sociologo polacco nell’affrontare le caratteristiche nefaste del nostro tempo, ci parla di una leadership controllata e di una sorveglianza data dalla seduzione: «L’accesso alle informazioni è diventato il diritto umano più tenacemente difeso, e il livello del benessere tra la popolazione in generale viene oggi misurato dal numero di case dotate di televisori».
Queste citazioni di autori e scrittori mi è venuta in mente quando ho letto l’intervento del presidente dell’Antitrust durante la relazione annuale al Parlamento. Secondo Pitruzzella “internet non è il regno dell’armonia e della libertà, come suggeriva un certo millenarismo tecnologico, ma il terreno dei nuovi conflitti del XXI secolo”. Dubito che la frase abbia destato dall’incipiente torpore estivo i nostri governanti e non so neppure quanti comuni cittadini si siano preoccupati di questa affermazione, data la stretta corrispondenza tra l’allarme lanciato e l’oggetto del j’accuse. E allora forse converrebbe (ri)leggere Huxley…