Massimo Favia, consulente di direzione con esperienza sia in Italia che all’estero, ha rilasciato all’International Post l’intervista che segue.
Una breve presentazione per i nostri lettori: Chi è Massimo Favia?
Laureato con lode in Economia Commercio, si iscrive al secondo corso di laurea in scienze statistiche ed economiche con lo scopo di valorizzare competenze di analisi statistica a supporto dei processi decisionali in azienda. Docente esperto in materie economiche si è specializzato in consulenza di direzione, analisi organizzativa e valutazione delle performance lavorative, per diversi anni ha occupato il ruolo di amministratore unico per conto di una società in Romania.
– All’interno della testata International Post, Massimo Favia, oltre ad orientare i nostri lettori con i suoi articoli di economia e finanza, segue uno sportello informativo su bandi e finanziamenti europei. Vuoi parlarcene?
Ritengo che i finanziamenti siano un valido strumento a supporto dello sviluppo competitivo delle organizzazioni, tuttavia, non è superfluo sottolineare, che sono caratterizzati da un tecnicismo tale da non essere fruibili a chiunque. Di qui l’idea di favorirne la conoscenza e le possibili applicazioni anche mediante l’International Post.
– Dall’esperienza maturata anche in grandi gruppi industriali, quali ritieni siano i principali errori nella definizione delle strategie delle imprese, da evitare soprattutto in questo periodo di crisi?
Ve ne sono molti sebbene alcuni più frequenti e in apparenza innocui. Cominciamo da una trappola comune, apparentemente priva di insidie ma in realtà molto pericolosa: 1. SCEGLIERE I COLLABORATORI CON CUI SI VA D’ACCORDO TRASCURANDO PARAMETRI DI SCELTA PIÙ IMPORTANTI.
– Vuoi spiegarci meglio? Credevo che lo scegliere collaboratori con cui andare d’accordo fosse un punto di forza per una azienda…
Io vado perfettamente d’accordo con moltissime persone, ma sono poche quelle con ci lavorerei. Il problema è di competenza non di relazione, i gruppi di lavoro si costituiscono con lo scopo di affrontare problematiche spesso complesse la cui risoluzione richiede approcci non semplici e di conseguenza competenze strutturate. I collaboratori dovrebbero essere scelti in base al criterio della “competenza”, se le persone oltre che essere competenti vanno anche d’accordo è un piacevole plus, ma non un must, ricordiamo inoltre che non andar d’accordo spesso dipende dalla incapacità relazionale di chi li coordina. Un buon manager dovrebbe saper gestire l’aggressività e la spigolosità del collaboratore competente. C’è anche un altro pericolo, se il capo si sceglie i collaboratori con cui va d’accordo rischia di circondarsi di inutili yes man, e alle riunioni si sentirà dire spesso che ha ragione, a questo punto la riunione perde di significato e sarebbe meglio non farla, visto che il risultato è nella testa di una sola persona. Rimane però un aspetto positivo in tutto ciò, visto che il capo si è scelto i collaboratori con cui va d’accordo, terminata l’inutile riunione, ci può andare a mangiare una pizza, magari mettendola nel conto spese dell’organizzazione per cui lavora.
– Quali altri errori manageriali dovrebbero essere evitati?
2. CONSIDERARE IL PERSONALE COME COSTO E I MACCHINARI COME INVESTIMENTI. La causa di questo errore è spesso contabile, basta leggersi un bilancio per scoprire che la voce personale è indicata tra i costi quella degli impianti tra gli investimenti. L’errore potrebbe trarre in inganno il management soprattutto in periodi di decisioni complesse, ovvero dovendo affrontare una politica di contenimento dei costi, tra un computer e il progettista che lo ha sviluppato quale dei due deciderà di trattene in azienda? Se la politica è di contenimento dei costi la risposta è fin troppo ovvia. Ricordiamo che il personale è il vero capitale in grado di creare valore in azienda. Il vero valore aggiunto di un progetto non è mai nel software utilizzato per descriverlo bensì nella testa di chi lo ha ideato.
– A proposito di capitale umano, la formazione del personale credo aumenti il valore stesso e l’immagine dell’impresa. Quindi, la domanda che viene spontanea è: quale valore dai alla formazione del personale?
Viviamo in un periodo in cui le competenze invecchiano più velocemente di noi, disattendere l’esigenza di garantire formazione continua a se stessi e al proprio personale equivale ad uscire dal mercato. Credo nella formazione e per questo dedico gran parte del mio tempo in aggiornamento studio e ricerca.
– Continuiamo con il decalogo degli errori: qual è il terzo e, quindi, i successivi?
3. NON SAPER VALUTARE I PROPRI COLLABORATORI. Il pericolo più grande di questo errore è nell’operare quotidiano. È impossibile “non valutare”, il capo ogniqualvolta decide di assegnare ad un collaboratore un incarico, valuta e delega, salvo poi controllarne l’operato, ma se non sa valutare correttamente rischia di assegnare il compito al collaboratore sbagliato. Ricordiamo che delega e controllo devono essere agite sempre insieme, se il collaboratore commette un errore nel portare a termine il compito assegnato il responsabile rimane il capo sia nella fase di scelta sia in quella del controllo, capacità spesso assente.
4.ABBASSARE I PREZZI AI PRIMI AVVISAGLI DI CRISI
Molti imprenditori non hanno compreso che la crisi che stiamo vivendo è prima di tutto finanziaria, i clienti spesso dicono “Non abbiamo denaro per acquistarlo, ma siamo interessati”. Abbassare i prezzi non modifica il problema “non ho denaro a 100 e continuerò a non averlo se me lo proponi con il 20% di sconto. Se la problematica è finanziaria si potrebbe continuare a vendere a 100, ma con modalità di pagamento dilazionate. Lo sconto inoltre ammazza il mercato oltre che il margine. Se poi lo sconto lo si deve fare per forza meglio girarlo in prodotti, magari il magazzino è pieno mentre il conto sistematicamente in rosso.
5. SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA
Rimanendo in metafora, l’allenatore ha una squadra in campo ma anche una panchina. A seconda della complessità del gioco sceglie chi mettere in campo. In azienda la squadra che vince in situazioni non complesse, potrebbe non saper vincere in situazioni difficili, ne è un esempio quello della crisi attuale. Non esistono manager per tutte la stagioni alcuni sono molto bravi in situazioni semplici altri invece in situazioni complesse, bisognerebbe talvolta avere l’umiltà di ammettere di non essere all’altezza e lasciare il posto a chi è in grado. Una buona soluzione è fornita dalla formula di tutoring o temporary manager, purtroppo poco applicata.
6. SI È SEMPRE FATTO COSÌ:
L’errore è simile al precedente, in situazioni complesse come quella attuale, in un mercato in cui tutto è cambiato, non possiamo pensare di applicare strategie oramai non più efficaci.
7. TRASCURARE I CONCORRENTI ON LINE
Le abitudini sono cambiate e stanno cambiando molto rapidamente, malgrado il timore di effettuare gli acquisti on line rimanga alto, sempre più spesso ci si rivolge ad internet per un acquisto, con consegna gratuita in 24 ore, di conseguenza il prezzo con cui mi devo confrontare non è più quello proposto alla vetrina accanto, bensì quello proposto su ebay dal mio nuovo concorrente indiano.
8. TRASCURARE CHE PER POSIZIONI ORGANIZZATIVE MANAGERIALI CI SERVE UN MANAGER E NON SOLO UNA PERSONA DI FIDUCIA:
Spesso l’analisi organizzativa termina col rilevare forti aree di miglioramento (gap di competenze e/o capacità) in posizioni cardine dell’azienda. In linea teorica non è difficile procedere, in pratica non bisogna trascurare la variabile “amicizia/parentela”.Sebbene alla domanda lascereste mai pilotare un aereo ad un pilota inesperto la risposta è chiaramente “NO” nella conduzione delle aziende le cose spesso si complicano. Cosa accade infatti quando le persone a cui vengono rilevati i principali gap di competenza hanno lo stesso cognome di chi ha commissionato la consulenza? Purtroppo sempre più spesso o non si procede o se qualcosa si decide di fare si procede col lasciare il pilota dov’è e al massimo si cambiano i passeggeri.
– Mi viene anche da pensare che, molto spesso, chi ha ottenuto buoni risultati per lungo periodo è portato a pensare che le cose non potranno mai modificarsi al punto da metterlo in difficoltà e quindi a cullarsi, come si suol dire, sugli allori: può anche essere questo un errore manageriale?
Rispondo con un esperimento che si narra sia stato condotto in America, se si lascia cadere una rana nell’acqua bollente, la rana per spirito di sopravvivenza reagisce e salta fuori, se invece la rana viene messa in un pentolino con acqua fresca la rana non ha motivo di saltar fuori, se il pentolino viene messo sul fuoco la rana stranamente non reagisce, si abitua alla variazione di temperatura fino a perdere la vita, di qui il nono errore . NON AVVIARE PROCESSI INTERNI DI CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO IN UN PERIODO IN CUI TUTTO E’ CAMBIATO.
– Considerare il mercato come un tutto indistinto, nel quale l’unica cosa da fare è vendere il più possibile senza un’idea precisa di quali clienti vogliamo servire e con quale proposta commerciale, può essere secondo te un altro errore da evitare?
Tutto per tutti mi ricorda l’insegna di un vecchio emporio sotto casa che oramai non esiste più. In un periodo in cui la domanda si comprime e l’offerta si espande l’unico modo per conquistare quote di mercato è prenderla a qualche concorrente o scoprire nuove nicchie di mercato ancora libere. Nel settore alimentare ad esempio, trovo una fortissima offerta generalizzata, ma sempre più spesso nicchie non perfettamente soddisfatte, negli ultimi mesi mi è capitato di lavorare con persone intolleranti al glutine, vegane e sempre più spesso religiosamente credenti, p. es musulmani. La Caritas nel 2013 ha dichiarato che nel 2013 vi erano 1.651.000 musulmani presenti sul nostro territorio, il CESNUR 1.360.000, credo sia un mercato ancora insoddisfatto, riesco con maggiore facilità a trovare un ristorante con la carta delle acque che non uno con un menù dedicato a ciliaci, vegani etc. non trascuro il costo di adeguamento, per contro rilevo interessante il fenomeno.
– Mi pare di capire, tuttavia, che il manifestarsi di questi errori non sia sintomo di incapacità imprenditoriale o manageriale complessiva ma, spesso, può essere la conseguenza generata dalla sottovalutazione di aspetti particolari di un operare strategico.
Personalmente ritengo che la complessità faccia parte delle ruote della bicicletta sulla quale i manager hanno deciso di pedalare, il mercato, la crisi, i sindacati, i clienti, lo stato spesso assente rappresentano il quotidiano con cui i manager si devono confrontare per scelta, la scelta delle strategie corrette è parte della retribuzione, e non dimentichiamo che il vero proprietario dei sistemi organizzativi, ovvero chi paga lo stipendio, è il cliente finale, che se decide di scegliere il nostro concorrente ci licenzia in tronco senza preavviso.
– Non ritieni di essere troppo duro in questo passaggio?
No, Il mercato è silenziosamente feroce, mentre noi ne parliamo davanti a un caffè il mercato agisce e taglia fuori chi non ha la spina dorsale per affrontarlo. Se i manager ritengono il gioco troppo complesso dovrebbero fare una sola cosa, farsi da parte, anche perché se il sistema fallisce impatta inevitabilmente sui fornitori, sui dipendenti e sull’intero indotto. In questo purtroppo sono in pochi ad ammettere di non saper fare ed inevitabilmente li troviamo arrampicati su banali scuse pur di non ammettere ciò che il mercato spesso comunica in forma chiara e l’intero indotto è costretto a pagare, di qui il decimo errore 10. NON SAPER AMMETTERE QUANDO NON SI È ALL’ALTEZZA DELL’INCARICO E AGIRE DI CONSEGUENZA.