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I GATTI LO SAPRANNO (I parte)

Ancora cadrà la pioggia sui tuoi dolci selciati … Ci saranno altri giorni, ci saranno altre voci … I gatti lo sapranno

cms_19602/2.jpgGiovanni Ricciardi è professore di greco e latino in un liceo di Roma.

Come ebbe modo di raccontare in una sua intervista alla quale ebbi modo di assistere, la sua carriera di scrittore è dovuta a un caso fortuito. A seguito di uno sfortunato incidente occorsogli, nel letto di ospedale, anche per trascorrere il lungo tempo a disposizione, inizia a scrivere il suo primo romanzo, il cui personaggio principale è un commissario di polizia, Ottavio Ponzetti. Una volta guarito Ricciardi completa il suo libro e lo invia a varie case editrici, inconsapevole che quello sarà poi protagonista di una fortunata serie pubblicata a cura dell’Editore Fazi.

cms_19602/1.jpgIl romanzo di esordio esce nel 2008, con il titolo (evocativo, come vedremo a breve) I gatti lo sapranno, che risulterà poi vincitore del premio Belgioioso Giallo 2008. Un altro Il silenzio degli occhi sarà finalista al premio Fenice Europa 2012, mentre Il dono delle lacrime figurerà quale candidato al premio Scerbanenco 2014.

L’ultimo episodio della serie è La vendetta di Oreste. La nuova indagine del commissario Ponzetti del 2019. Una raccolta con le prime tre indagini del commissario Ponzetti è uscita nel 2012; un’altra, con altre tre, nel 2015; la terza, con le ultime due, nel 2018.

In questo articolo ci soffermeremo sulla prima prova del nostro Professore, che apre la strada alla felice serie, per l’appunto I gatti lo sapranno

“I Gatti” mi hanno ricordato un altro autore letto in precedenza, Francesco Campora, con due libri all’attivo (rispettivamente del 2003 e del 2009): Il dilettante e L’acqua non ha memoria, pubblicati dalla giovane casa editrice Voland. Lo scenario è sempre Roma e i suoi quartieri (in particolare San Lorenzo), e così il genere (il giallo), ma il protagonista non è un Commissario, bensì uno studente fuori corso (frequenta l’Università di Giurisprudenza “La Sapienza” di Roma), di volta in volta “assoldato” come detective per la soluzione di casi particolari.

Sicuramente mi ha affascinato il riferimento ai luoghi di Roma che ben conosco: P.zza Vittorio e L’Esquilino, il Rione Monti, lo stesso riferimento al liceo classico “Pilo Albertelli” (“antagonista”, in senso bonario, del liceo classico “Gaio Lucilio” di San Lorenzo, che io ho frequentato).

Il libro di Ricciardi appare scorrevole a partire già dal suo incipit.

Ci ritroviamo infatti immediatamente calati nell’ambiente romano del rione Esquilino, dove si trova il Commissariato, con la sua realtà di sede prevalente di extracomunitari e dove c’è Fassi: “il Palazzo del freddo”. Si accenna dunque alla famiglia del Commissario, con le due figlie, la maggiore, Gisella e Maria, che frequenta il quinto ginnasio, la moglie Gloria, don Fabio, il parroco anziano della Chiesa di Sant’Eusebio a P.zza Vittorio.

Ma lo spazio maggiore è naturalmente dedicato è soprattutto a lui, al protagonista, Ottavio Ponzetti, che ha svolto 15 anni della propria attività in quel Rione: un Commissario molto particolare, come appare già nella premessa e come poi vedremo nello sviluppo del caso.

Alla fine di quell’esperienza di più di dieci anni (il 1° capitolo infatti si intitola “Trasloco”), il Commissario è intento ad “imballare la [sua] roba e ordinare certe pratiche”, il 25 marzo in “un pomeriggio quasi estivo”, la famiglia al mare. È allora che traccia sul filo dei ricordi la narrazione di quei fatti del 26 maggio 2005, di quella storia così particolare, prima di affrontarne un’altra nel successivo libro (chi lo leggerà saprà quale). E’ una riflessione che Ottavio Ponzetti ci propone in un “assolato e silenzioso pomeriggio”, volendo riannodare i fili di quella “folla di particolari e coincidenze” di quella “vicenda singolare e a suo modo bella” (p. 15).

Dopo il rione Esquilino lo scenario si estende al rione Monti, con lo sfilare dei personaggi (scanditi quasi ad uno ad uno nei capitoletti), i vari “interpreti” della vicenda, nei quali il Commissario si imbatte: la sora Giovanna “la gattara”, innanzitutto, l’Ispettore Iannotta del Commissariato all’Esquilino, il barbone Arturo, Matteo Francinelli e Martina Blasetti, che si dovrebbero sposare, Olga Portinari, la portinaia/maga, Alex Marini, dipendente dell’AMA di notte e giornalaio di giorno, Camelia, la rumena, che lavora a ore presso varie famiglie dell’Esquilino, la famiglia del cinese Paolo, col secondo figlio Peter, compagno di classe della figlia Maria e “bravissimo in matematica”, suor Elvira delle suore di San Vincenzo. C’è anche l’avvocato Galloni, e il suo vecchio cane con la “cataratta, e senza le unghie tagliate”: Galloni con i suoi dòtti consigli (preziosi anche in futuro), intessuti di massime latine e più propenso alla grammatica:

È il principio di realtà che manca, oggigiorno. Ci piace più la letteratura o la grammatica, commissario?»

«Be’, forse la letteratura…».

«E qui sta il busillis, commissario. Tornare alla umile analisi logica oggi farebbe molto bene, soprattutto alle giovani generazioni, ma anche a noi, anche a noi […] Perché la grammatica, res humilis […], è tuttavia più prossima alla verità che non la superbia vanagloria della letteratura. Con le dovute eccezioni, s’intende…» (p. 125).

Riflettevo, proprio qualche giorno fa, come sia distante il personaggio di Ottavio Ponzetti ed i suoi “metodi” dai personaggi e dalla spesso un po’ maniacale ed eccessiva precisione medico-scientifica di tanti libri americani del genere (penso, ad esempio, a Kay Scarpetta, la famosa l’anatomopatologa di Patricia Cornwell, alle “vicende” narrate da Dan Brown, e talora – ma il tocco è più lieve – ai personaggi di Michael Chricton – un autore che amo molto, soprattutto per la vena “fantascientifica”).

Invece nel caso de I gatti lo sapranno ci troviamo alle prese con un giallo sui generis, il cui protagonista appare più vicino al Commissario Maigret di Simenon o ai personaggi di Laura Toscano (come il Maresciallo Rocca) e poco (nonostante le copertine dei due libri dell’autore) al Commissario Montalbano di Andrea Camilleri: che pure in qualche modo al personaggio di Maigret è legato. Infatti (come del resto nelle altre fortunate serie Le avventure di Laura Storm con Lauretta Masiero e il Tenente Sheridan, con Ubaldo Lay) nella famosa serie televisiva Le inchieste del Commissario Maigret Camilleri fu delegato alla produzione (indimenticabile Gino Cervi e Andreina Pagani e la grande regia di Mario Landi).

L’opera di Ricciardi inoltre, pur “calata” nel genere letterario del “giallo”, è anche, nel contempo un testo intessuto di letteratura e un percorso personale e intimo del personaggio principale, nel suo rapporto con i luoghi romani, con l’ambiente di lavoro (in primis l’ispettore Iannotta), e soprattutto con la sua famiglia, nel momento di un bilancio (anche sentimentale) della propria vita.

Dunque guardare I gatti lo sapranno unicamente come ad “un giallo” è a mio avviso fuorviante e riduttivo. Bisogna infatti svolgere oltre lo sguardo, attento, alle altre due ulteriori direttrici appena indicate, per poter assaporare la sua essenza più profonda.

PERCORSO LETTERARIO

Il primo riferimento è nell’esergo del libro ed è di tipo letterario/musicale.

Si tratta del brano intensissimo Cancion de las simples cosas del cantante argentino Cesar Isella (brano eseguito mirabilmente, tra gli altri, da Soledad Pastorutti, da Mercedes Sosa e ripresa dallo stesso Vinicio Capossela nel suo concerto al Festival Grec il 14 lug 2009), brano che ci introduce nella nostra vicenda sia giudiziaria che personale, con il suo “congedo” “da piccole cose” “quelle semplici cose che restano dolenti dentro al cuore” (p. 7).

Il secondo fondamentale riferimento è lo sguardo costante ad Alessandro Manzoni, alla sua cordialità e modestia, con la sua prosa piana e apparentemente semplice (sappiamo il lungo lavorìo delle varie stesure de I Promessi Sposi), ai suoi personaggi

E il secondo capitoletto ci mette già sull’avviso:

“mi piace aiutarla [Maria] in italiano, soprattutto con I Promessi Sposi. Me li ricordo bene, avevo imparato a memoria Quel ramo del lago di Como, Addio monti sorgenti e Scendeva dalla soglia di uno di quegli usci” (p. 14)

(l’importanza della “memoria”, ormai piuttosto dimenticata nella scuola, come evidenzia anche Daniel Pennac nel suo libro Chagrin d’école!),

passando poi ai “venticinque lettori” grazie al “manoscritto ritrovato” (e inventato) che qui diventa il nastro del fascicolo relativo all’indagine. Viene in tal modo instaurato subito con tale meccanismo un particolare rapporto con il destinatario, il lettore, come nel grandissimo esempio manzoniano.

Ma il legame con l’autore milanese continua nell’ambito del libro: ad esempio da uno spunto dell’Ispettore Iannotta:

«Commissa’», disse Iannotta, «nun è che a questa volevano falla fori pe’ quarche motivo?». Sì, ma quale? Uno sguardo, un capriccio? Tutto può essere. In fondo, perché don Rodrigo vuol rapire Lucia? Perché è bella? No. Perché ne è invaghito? No. Per una banale scommessa con il cugino: se mi capitasse, non lo riterrei un movente credibile. (p. 26).

E ancora:

come se il nostro mestiere potesse redimere, invece che punire, quando ci riesce. Ma redimere è una parola grossa. Ci sono tre assassini nei Promessi sposi. Gertrude, la più infelice; il Griso, il più simpatico, uno che ha imparato l’obbedienza, non la virtù; e Lodovico, il solo che alla vista dell’uomo ‘morto da lui’, decide di cambiare vita. Di espiare. (p. 57).

(Continua)

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21 Ottobre 2020