Francisco Goya- ritratto di Manuel Osorio-177-88- Metropolitan Museum of Art
Proviamo a togliere il velo al mistero del ritratto di Manuel Osorio, dove il piccolo è raffigurato con un abito rosso, mentre gioca con una gazza da compagnia, che tiene nel becco un messaggio dove Goya pone la sua firma, una gabbia con una famiglia di uccellini e tre gatti. Il ritratto è noto anche come Red Boy e ha una fama oscura perché sembra profetizzare la morte del bambino, evento che si realizzò da lì a pochi anni. Premesso che all’epoca i bambini morivano spesso durante l’infanzia e che il committente sovente dava le direttive sulla composizione del dipinto, è tempo di considerare gli elementi ricavati: un periodo di sconvolgimento e ribaltamento, culminato con la rivoluzione francese e a seguire le guerre napoleoniche, uno scontro personale e politico fra la famiglia Altamira e i reali spagnoli, Carlo IV, Maria Luisa e il suo favorito; una guerra feroce fra le dame di corte dove il veleno non era solo metaforico, una regina frustrata per la scarsa avvenenza, derisa per l’uso della dentiera, disprezzata perché genera figli malaticci, la duchessa d’Alba che la surclassa, l’umilia, l’offende e le insidia il favorito, che se pure quest’ultimo le diceva… amo solo te le altre sono solo un divertimento, poteva esserne certa? Poi abbiamo un re il cui unico scopo era la caccia, un primo ministro, Manuel Godoy che si credeva il Napoleone di Spagna, dall’altra parte troviamo il conte d’Altavilla, potentissimo e molto intelligente che risponde al re… Maestà non sono io il nano, lo è lei nel suo letto e nella sua corte, mentre io nei miei stati privati sono un grande uomo, genero figli forti e intelligenti e ho una bella e colta moglie, una vera signora era facile comprende che quando Carlo IV, Maria Luisa e Godoy fossero andati al potere, ciò accadde nel 1788, lo stesso anno del ritratto, le vendette sarebbero arrivate. Già se ne sente il sapore nel ritratto di Juan María, il fratello di mezzo di Vicente e Manuel, che non ha l’aria malaticcia, anzi, eppure muore da lì a poco, la gabbia rossa con la scritta Dios non è usuale, il rosso è il colore della passione non di un’anima che deve volare in cielo in pace. Il ritratto di Manuel poteva servire come avvertimento di tenere la mano sul freno, l’abito rosso, le gatte, la gazza, gli uccellini tutti simboli per avvertire chi? Come colpire Cayetana? Ho scritto che amava i bambini certo amava i suoi nipoti. Come colpire quel saccente e incomodo del conte d’Altamira e come ferire quella gattamorta della contessa così delicata e fine? Di bambini piccoli ne muoiono tanti, se ne muore un altro si può incolpare qualcuno? D’altronde non è nemmeno chiara la morte di Cayetana e neanche la malattia di Goya che guarda caso qualcuno adduce al piombo dei colori, in quanto il pittore soleva inumidire i pennelli con la saliva.
Quindi tirando finalmente le somme: la famiglia di uccellini nella gabbia potrebbe rappresentare i bambini guardati e protetti attentamente dai genitori, allegoricamente la gazza è riferita alla morte, in particolare alle stregonerie, potrebbe rappresentare Godoy che in cambio dei privilegi ottenuti accontentava la regina in tutte le sue richieste, le gatte si potrebbero interpretare così, la prima amorevole e aggraziata che accarezza le gambe del piccolo con la contessa d’Altamira, la seconda più grossa che guarda con occhi allucinati la gazza con la duchessa d’Alba e dietro seminascosta la gatta tutta nera chi poteva rappresentare se non la regina Maria Luisa?
E il colore rosso? Uno dei simboli di questa tinta è l’asino rosso che rappresenta il male, per gli egizi evocava Seth e se l’anima lo avesse incontrato nel viaggio per l’oltretomba non avrebbe avuto scampo, non per niente Cristo entra a Gerusalemme, nella Domenica delle Palme in groppa ad un asino perché è Lui che tramite il suo sacrificio ammansisce il male del mondo. Goya sembra insistere spargendo indizi, suggerendo che il male, il veleno, sia il favorito della regina, pure sull’anello velenoso c’è ritratto di Godoy.
Il dipinto forse fu realizzato come un avvertimento ma non servì a molto se non a tramandare ai posteri la stupidità infinita dell’umanità. Nello scrivere questa ipotesi fantasiosa, non giudico nessuno dei personaggi, mi limito a constatare come sia facile oltrepassare i limiti senza accorgersene, diventando ridicoli nella ricerca degli eccessi, ma anche quanto sia importante porgere l’altra guancia senza rispondere alle offese con altre peggiori perché anche le parole possono essere come i colpi di una rivoltella e soprattutto provo amarezza nel riscontrare persone che occupano una posizione in grado di generare benessere per moltissime altre e quindi realizzarsi con piena soddisfazione ma preferiscono renderle misere e indigenti per restare forse più ricchi e suntuosi ma infelici. Non mi va di chiudere l’articolo con questa disillusione, perciò vi presento Augusta Rasponi del Sale, nobile non solo per censo, appartenente ad un ramo della casata ravennate di Giulio Rasponi che nel 1825 sposò la principessa Luisa Giulia Murat, figlia di Gioacchino Murat e di Carolina Bonaparte, un filo sottile esiste perché Gioacchino salì al trono che fu dei Borboni di Spagna e Carolina era la sorella di Napoleone.