1. Dagli esordi agli anni ‘90
Nelle ultime decadi del XX e gli inizi del XXI secolo l’area murgiana, altopiano dell’entroterra barese tipico per il suo aspetto brullo e pietroso, con una scarsità di vegetazione ed una tradizione contadina rurale e pastorale, è stata caratterizzata dallo sviluppo del settore del mobile imbottito, un settore dell’artigianato locale che non aveva storicità sullo stesso territorio nei secoli passati (come lo è stato per i produttori di tessuti nel pratese, gli orefici vicentini, gli artigiani del pellame nel marchigiano o i produttori di mobili in Brianza), né tantomeno una tradizione pregressa per cui erano stati conservati saperi e conoscenze volte allo sviluppo del settore in particolare. Nonostante ciò la produzione di mobili imbottiti si svilupperà a livello tale da costituire l’area di maggiore produzione a livello mondiale.
Ancora oggi economisti e studiosi del settore non riescono a spiegare questo fenomeno che sebbene viva un periodo di crisi globale e del settore costituisce un primato di eccellenza artigiana, accanto a tutti i prodotti italiani che costituiscono il Made in Italy. Esso rappresenta un riscatto per una popolazione di un’area particolare del Mezzogiorno italiano caratterizzata da una scarsità di risorse primarie, dalla mancanza di un graduale processo di industrializzazione (come nel Nord Italia), una carenza di infrastrutture che rendono difficili i trasporti e i collegamenti con le maggiori città del Nord Italia e il resto del Nord Europa, alti tassi di criminalità locale e una macchinosa burocrazia locale. L’Italia meridionale è stata caratterizzata da alti flussi di emigrazione già dal secolo scorso e attualmente, fenomeno ancor più grave, dalla “fuga di cervelli” di giovani laureati pugliesi che abbandonano la loro terra d’origine per trovare nuove possibilità lavorative che permetterebbero loro di realizzarsi e di impiegare le conoscenze e le competenze acquisite durante anni di studi.
Durante gli anni ’70, ’80 e primi anni ’90 numerosi artigiani che producono imbottiti per il solo fabbisogno locale si specializzano e iniziano a produrre commesse di lavoro per i negozianti del centro-Nord Italia, qualcuno contatta i rivenditori di grandi catene di distribuzione tedesche per produrre commesse e allargare la vendita oltre il mercato nazionale, decisiva la scelta di focalizzarsi e specializzarsi nell’export. Nel giro di pochi anni le stesse botteghe e aziende locali irrompono sulla scena nazionale “sfruttando” alcuni fattori e posizionandosi ai primi posti nella produzione a livello mondiale. Tra i fattori che favoriscono questo processo: una forte competitività dovuta ai bassi costi medi della subfornitura locale, un’alta qualità artigianale del prodotto con il design industriale e l’utilizzo di tecnologie di produzione avanzate: ingegnerizzazione del prodotto e dei componenti, forte controllo delle fasi di lavorazione, differenziazione del prodotto, elevata attivazione di reti di subfornitura; logistica just in time e marketing strategico. Alcune aziende locali si specializzano e si pongono sulla scena nazionale ed internazionale per volumi d’affari, mercati raggiunti, numero di addetti. Tra queste aziende spicca la Natuzzi, azienda creata nel 1959 da Pasquale Natuzzi, il “genio” del mobile imbottito che comprende come il concetto di divano in pelle possa essere democratizzato e proposto anche alle classi medie con prezzi accessibili e crea un impero che nel 1993 vede la sua azienda quotata in borsa a Wall Street decretandolo il primo produttore italiano nel settore dell’arredamento e leader mondiale nel settore dei divani in pelle. Nel 2006 la holding Natuzzi Inc. raggiunge 123 mercati nei cinque continenti con un fatturato di 735,5 milioni di euro.
Ma il Gruppo Natuzzi non è isolato e, nei comuni vicini a Santeramo in Colle dove sorge lo stabilimento principale, altre realtà medio piccole si affacciano al mercato globale, nei pressi di Altamura (Tirelli, Max Divani, Contempo), Matera (Nicoletti, Calia, Piquattro e Incanto) e Gravina, realtà produttive, che, anche per emulazione, contribuiscono a creare il Distretto del Salotto, un indotto, primo a livello mondiale che catalizza il dieci per cento della produzione del mobile imbottito a livello mondiale (nel 2002 il fatturato di aggira intorno ai 2,2 MLD di euro, con 550 imprese e 14500 addetti circa, l’80% della produzione è votato all’export, rappresentando il 55% del totale della produzione italiana di salotti nonché l’11% del totale mondiale).
2. La crisi mondiale e il declino
Uno spirito imprenditoriale, la passione per la propria terra d’origine e il forte legame con il territorio sono stati fondamentali per creare un prodotto capace di esprimere la dura condizione che caratterizza la vita dell’entroterra murgiano e del resto del sud Italia. La volontà di riscatto ha creato un’eccellenza italiana espressa dall’abilità di sapienti mani artigiane, portavoce di una tradizione che resta legata alle radici locali espressa a livello globale. Purtroppo il settore dell’imbottito non è stato risparmiato dalla crisi mondiale che ha visto un ridimensionamento quasi dell’80% della produzione, un calo vertiginoso della produzione, un gran numero di aziende fallite e migliaia di licenziamenti. La classe imprenditoriale non è stata in grado di fronteggiare i problemi e prendere soluzioni decisive ed efficaci primo perché non esistevano casi di crisi così disastrose nei decenni precedenti, secondo, anche per “inesperienza” a gestire momenti difficili come è avvenuto per altre realtà produttive che hanno già vissuto situazioni simili (come per esempio le aziende di tessuti nel pratese o le aziende artigianali venete). Spesso scelte azzardate (la partecipazione a fiere campionarie internazionali con costi altissimi e proibitivi) hanno causato la distruzione in pochi attimi di anni e anni di sacrifici per la creazione della stessa azienda. Sono stati registrati casi in cui la classe imprenditoriale a direzione di alcune realtà produttive mancava di personale con un’adeguata preparazione accademica (esperti di finanza, contabilità, marketing, ingegneria gestionale) in grado capire i sintomi del malessere e porre il giusto rimedio.
La situazione politica internazionale (dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001) e la grave crisi globale hanno contribuito al declino della produzione del mobile imbottito, inoltre alla “impreparazione imprenditoriale” a cui abbiamo accennato precedentemente, altri fattori hanno provocato la caduta dell’indotto del mobile imbottito e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Dal 2002 al 2007 i 12 mila addetti sono diventati 7 mila, delle 560 aziende se ne contano appena 163 a causa anche della delocalizzazione delle imprese pugliesi e lucane in paesi con manodopera a prezzi bassissimi (Brasile, Romania, Cina, Bulgaria, Albania), il forte apprezzamento dell’euro sul dollaro che ha reso le esportazioni non più favorevoli, a questo si deve aggiungere il ruolo del colosso cinese, il cui carattere imperialista vede una produzione illimitata di prodotti immessi sul mercato che per i prezzi di vendita i costi bassissimi della manodopera (con modalità di trattamento degli operai ai limiti dello sfruttamento e della violazione ripetuta dei diritti umani, non esistendo forme di sindacato a protezione dei diritti dei lavoratori) non hanno praticamente nessun competitors in grado di produrre e vendere con le stesse modalità e gli stessi prezzi.
3. La situazione attuale e alcune proposte per il futuro
Oggi il settore del mobile imbottito appare notevolmente ridimensionato, migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione e per loro sembra difficile un probabile reinserimento nello stesso settore o in altre realtà produttive, vista anche la mancanza di idonei percorsi formativi e corsi di formazione professionalizzanti. Il calo del potere d’acquisto ha fatto diminuire il potere di spesa dei cittadini, quindi minori ordini alle aziende, massicci licenziamenti, un alto tasso di disoccupazione (media nazionale del 12,1% circa, fonte ISTAT, dati aggiornati al I° semestre del 2013) e, ancor più grave, un altissimo tasso di disoccupazione giovanile dai 15 ai 24 anni del 35,3% (fonte ISTAT, dati aggiornati a Dicembre 2012).
Per far fronte a questa emergenza locale e nazionale la politica economica delle poche aziende rimaste in vita è stata quella di concentrarsi sull’export e sull’offerta di un prodotto di altissimo livello per un target di consumatori alto e lusso, il più delle volte appartenente a quelli stati in via di sviluppo, i cosiddetti BRIC’s (acronimo di Brasile, Russia, India e Cina) che domandano un prodotto con alti standard qualitativi e design ricercato. Moltissime aziende dell’indotto murgiano hanno raggiunto altissimi standard qualitativi e hanno ottenuto riconoscimenti e certificazioni di qualità (norme ISO 9001-2000-14001). In altri casi la produzione si è “convertita” in settori diversi ma complementari (come per esempio la produzione di arredi per il settore nautico, altra eccellenza d’Italia che registra un buon livello di crescita in questo periodo e necessita di personale altamente specializzato e competente). La domanda di prodotti con lo stile e il gusto italiano è ancora alta, del cosiddetto Made in Italy, ma per poter competere con i grandi produttori internazionali e poter battere la concorrenza cinese occorre investire in ricerca e sviluppo, progettare e realizzare un prodotto raffinato e innovativo, capace di stupire un pubblico anche ogni stagione (un po’ come accade per il settore moda). Per quanto riguarda la formazione già da molti anni è al vaglio degli esaminatori la proposta di creare un corso di studi professionale di disegno industriale per salotti e arredamento, per poter creare le figure professionali competenti che lavorino nelle aziende locali, inoltre occorrerebbe intensificare le partnership tra le Università e le realtà aziendali con stage e tirocini formativi per fare in modo da inserire personale qualificato nelle realtà produttive locali ed evitare il dannoso effetto della fuga dei cervelli.
La gravissima situazione attuale ci chiede un’attenta riflessione sugli errori commessi e un’analisi delle proposte per poter implementare corrette scelte di gestione e organizzazione aziendale. Attuare coscienziose politiche di sviluppo non riguarda solo la crescita delle vendite e del fatturato ma soprattutto ripagare chi ha investito in prima persona in un progetto di realizzazione di un prodotto che racconta e rappresenta una tradizione locale che vuole conservare se stessa pure in una concezione globale ed internazionale, rappresentando quei valori che sono propri di questa terra che, seppur arida e povera di materie prime, è ricchissima di passione, tenacia, orgoglio e dedizione.