Imbattersi in un impiegato arrogante di un qualsiasi ufficio pubblico è quanto di peggio ti possa accadere. Ogni tua “legittima richiesta” viene letta come un disturbo della loro quiete. A questo punto capisci che ti considerano un rompiballe che, non avendo null’altro da fare, osa disturbarli durante i loro momenti di lavoro-relax.
Dopo aver atteso l’orario di apertura dell’ufficio, ti illudi di poter finalmente chiedere il dovuto. Errore. Andare in Comune all’ufficio preposto per il rilascio della carta d’identità, o andare negli uffici postali per il ritiro di una assicurata è la medesima trafila. Una volta, in un ufficio postale, mi hanno richiesto ben tre documenti di riconoscimento prima di poter effettuare l’operazione: carta d’identità, patente e tesserino dell’ordine dei giornalisti. Altro che privacy. Ma la cosa più assurda accadutami è stata quella di prendere una multa per divieto di sosta nell’attesa di ritirarne un’altra da pagare.
Torniamo ai fatti. In una “ridente cittadina” di provincia, in attesa degli orari di ricevimento pomeridiano, che, a loro dire, dovrebbero essere dalle 16,30 alle 18,00, guardo l’ora. Sono le 16,40 ma l’ufficio è ancora chiuso. Finalmente uno stanco usciere si decide ad aprire i battenti. Essendo l’unica persona in attesa prevedo di potermi sbrigare abbastanza celermente. Aspetto pazientemente che qualcuno si avvicini al bancone per chiedermi cosa mi avesse spinto a disturbarli. Una dipendente svolazza tra un archivio e l’altro mentre la collega, situata a circa dieci metri, seminascosta dal suo computer, mi guarda e, senza avvicinarsi, mi invita a parlare con un semplice “dica”.
Da come si esprime, si capisce che non avrei dovuto disturbarla. Cerco di esporre il mio problema con la speranza che la “signora” si alzi e non mi costringa ad alzare la voce. Sembra tutto inutile. Avrei fatto prima a telefonarle. Dopo aver “monologato” per qualche minuto spiegandole che avrei necessità di una nuova carta di riconoscimento in quanto alcune linee aeree non accettano documenti rinnovati, finalmente alza lo sguardo e senza nemmeno avvinarsi al bancone esordisce: “…siamo spiacenti, ma data l’assenza del capo ufficio oltre che al momentaneo blocco dei terminali, le consiglio di ripassare…”
Mi auguro che l’impiegata in questione sia stata per davvero indaffarata nello svolgere le pratiche d’ufficio piuttosto che chattare su facebook o giocare a candy crush. Se così fosse, ammetto di averla disturbata. Almeno avessero il coraggio di affiggere un cartello con su scritto: “durante le ore consentite, si riceve il pubblico, solo per appuntamento”. Ogni riferimento alla parola “appuntamento” è puramente casuale.
Ribadisco che non si tratta di un caso isolato, anzi. Per ogni richiesta, che il cittadino possa sottoporre, sorge un problema, fatto salvo il periodo elettorale, momento nel quale sono pronti/e a lavorare fino a dodici ore al giorno, ben sapendo che potranno usufruire di diversi giorni di riposo. Questa vicenda mi ha fatto venire in mente che, in Sud Africa, a Johannesburg, le impiegate “inglesi” dei telefoni, accolgono tutti con un sorriso e con la tipica frase: in cosa posso esserle utile? Fatte le giuste eccezioni ho incontrato anche alcuni impiegate/i italiani cortesi e disponibili. La bilancia, però, pende dalla parte sbagliata. Caso mai qualcuno si riconoscesse e volesse denunciarmi, venisse pure allo scoperto, almeno conoscereste i loro nomi, cognomi, volti e indirizzi.