Siamo a Presicce Acquarica, nel Salento, a casa di AjnoS, pittrice autodidatta dalle incredibili doti artistiche.
Visagista e truccatrice di professione, la sua arte affonda le radici nell’amore per l’universo femminile, un universo che conosce bene poiché lo vive e lo sperimenta in prima persona.
Le sue tele – una più bella dell’altra – raccontano storie di donne dai lineamenti marcati e dagli occhi esageratamente grandi. Si sa, gli occhi sono lo specchio dell’anima ed è proprio di questo che AjnoS vuole parlarci: dell’anima delle donne.
AjnoS
“È grazie alla mia professione di visagista che ho iniziato a dipingere le donne – racconta -. Lavoro quotidianamente su quelli che consideriamo difetti o inestetismi, correggendo le imperfezioni con giochi d’ombra, di luce o di colore. Questo procedimento, che si chiama intervento correttivo morfologico, utilizza tecniche coloristiche o di chiaroscuro legate all’illusione ottica. In questo modo alcune disproporzioni, come ad esempio gli occhi troppo grandi, possono essere corrette giocando con i contorni o creando zone d’ombra particolari. Lo stesso dicasi se ci troviamo dinanzi ad un viso troppo lungo, troppo paffuto oppure ad un mento prominente o asimmetrico. Insomma, esistono un’infinità di piccoli accorgimenti che, se sapientemente dosati e calibrati, vanno a migliorare quelle che sono le piccole grandi imperfezioni che TUTTI abbiamo.”
E sottolineo quel “tutti”. Sì perché, diciamocelo, la perfezione non esiste o meglio, esiste ma non è ciò che pensiamo.
Perfezione – dal latino perficÄ•re «portare a termine» – non è sinonimo di impeccabilità, né tantomeno un canone di bellezza o di moralità a cui fare riferimento. Più che di un sostantivo, perfezione ha l’anima un verbo, in quanto presuppone un’azione, un movimento infinito teso al raggiungimento di una completezza che si estinguerà solo con il nostro ultimo respiro.
Chi ci ha convinti del contrario? Chi ha manipolato la sana aspirazione a migliorarsi per trasformarla in una dettame rigido al di fuori del quale non esiste bellezza? Lo sanno bene le donne, prime vittime di una società che le vuole splendide, efficaci e indistruttibili. Eppure non c’è niente di più bello della fragilità perché è ciò che ci permette – uomini o donne non fa differenza – di essere noi stessi.
“Maleficent” by AjnoS
Le “donne” di AjnoS sono così, forti e fragili ad un tempo ma dietro questi volti un po’ infantili si cela l’anima di un guerriero.
Prendiamo “Maleficent”, ad esempio. Classificata come “cattiva” da una conoscenza superficiale, viene riabilitata dalla nostra artista che ne sa cogliere l’aspetto più profondo. Per quanto magica sia, questa fata è vittima di un sopruso – diciamolo pure – di una violenza perpetrata nei suoi confronti da un uomo più innamorato di se stesso che di lei. L’amante che taglia le ali alla sua amata è il simbolo dell’amore malato che trova il suo sfogo nella rabbia e nella vendetta.
Nelle donne di AjnoS si trovano spesso queste piccole grandi cicatrici, simbolo di soprusi atavici purtroppo ancora attuali. “Le mie donne sono spesso molto fragili ma non hanno paura di mostrare la loro debolezza, anzi, la ostentano perché ne sono consapevoli – spiega. In un mondo che ci vuole forti, super donne, super mamme e lavoratrici perfette, io penso che la donna dovrebbe ritrovare un po’ la sua dimensione umana imperfetta perché è proprio attraverso l’imperfezione che si esprime l’unicità dell’individuo.”
Avere il coraggio di manifestare la propria vulnerabilità è una dimostrazione di forza e di coraggio perché la fragilità non è un difetto, anche se vogliono farcelo credere.
“I’m fine thanks” e “Have faith” by AjnoS
È proprio grazie al suo lavoro di visagista che AjnoS ha potuto approfondire questa “filosofia dell’imperfezione”.
Si è resa conto che gli inestetismi che correggeva con il make-up erano in realtà il carburante della sua arte pittorica; non ha fatto altro che prendere questi “difetti” ingigantendoli ed enfatizzandoli, sottolineando ciò che, nella vita reale, le persone tendono a camuffare o addirittura a cancellare. Anche il trucco sbavato è un tema molto ricorrente nelle sue opere, quasi a sottolineare che, se da una parte l’artificio è lecito, dall’altra non deve essere tale da scollarci dalla realtà o dal presentarci agli altri per ciò che non siamo.
Le donne di AjnoS nascono da questa riflessione e prendono forma – una forma un po’ aliena a dir la verità – da un rigurgito esistenziale della pittrice: “Mostrare la propria fragilità non è segno di debolezza. Io stessa ho fatto questo percorso e tutto ciò che racconto l’ho vissuto in prima persona, come figlia, come madre, come donna.”
Le opere di AjnoS SONO AjnoS.
Al di là dell’oggettiva bellezza di queste opere, credo sia molto importante il messaggio che AjnoS vuole comunicarci attraverso di esse.
“Fammi spazio” e “Crisalide” by AjnoS
La forza della fragilità, la potenza della debolezza, la voce del silenzio, tutte parole che sembrerebbero distanti l’una dall’altra, anzi addirittura opposte, ma che in realtà sono come lo Yin e lo Yang: l’una nell’altra.
Contrasti apparenti che stanno insieme “a colpi” di consapevolezza, a schiaffi di cruda verità su se stessi: ti lasciano il segno sul corpo ma ti fanno provare l’ebrezza di un qualcosa di cui tanto si parla ma ben poco si vive: la libertà.
“I’m fine thanks” racconta di una donna che, nonostante sia colpita in pieno petto da una freccia, ha scritto in volto: “Sto bene, grazie”!
“Have faith”, invece, nasce durante il lockdown: colpita al cuore da una ferita mortale, non perde la fiducia rimanendo attaccata – anche se solo con un filo – al simbolo della libertà.
“Fammi spazio”, poi, non nasconde niente anzi, esaspera le sue ferite: ma quanta bellezza c’è in questi tagli? Perché non sono lì per raccontare una privazione, bensì per manifestare lo “spuntare” di nuove ali.
C’è ferita e ferita, c’è dolore e dolore ma la differenza la facciamo noi: è il SENSO che gli diamo a determinarne la natura. Morte o nascita? A voi la scelta.
L’intervista che segue è stata realizzata da “Tavoli HeArt” per la Social TV della storica Libreria Bocca di Milano, all’interno della splendida cornice di Galleria Vittorio Emanuele II.
La Libreria Bocca dal 1775 è locale Storico d’Italia con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
L’articolo è pubblicato su “International Web Post” che, nella persona del suo fondatore e direttore Attilio Miani, si fa portavoce della partnership tra un magazine di informazione internazionale e una libreria storica unica nel suo genere.
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