Non sono buone notizie quelle che arrivano dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite inerenti all’Africa. Il comunicato recita che circa 13 milioni di persone in Kenya, Somalia ed Etiopia rischiano la fame estrema a causa della grave siccità che sta attraversando il Corno d’Africa. La questione delle piogge è l’elemento travolgente in negativo dei rischi espressi dall’ONU: oramai non piove da tre stagioni consecutive. La siccità in atto è diventata quindi la più grave registrata dal 1981. Le conseguenze della mancanza della pioggia sono devastanti nel Corno africano, rovinando raccolti di ogni tipo, mancanza di sostentamento per il bestiame e conseguente ricaduta dei primi due problemi sulla fame dei già poveri popoli africani. Michael Dunford, direttore regionale del Wfp in Africa orientale, ha sottolineato la necessità di un’azione umanitaria immediata, per evitare nuove crisi simili a quella somala del 2011, che portò 250mila persone a morire di fame a causa della siccità. Sempre secondo il Wfp (World Food Programme), per rispondere alle necessità e bisogni di 4,5 milioni di persone servirebbero 327 milioni di dollari nei prossimi sei mesi.
Indicazione aggiuntiva molto importante, è che questa somma dovrebbe aggiungersi all’aiuto delle comunità a diventare più resistenti agli shock climatici estremi. Questo punto apre un enorme parentesi sulla questione del cambio climatico e le sue differenti ripercussioni. In determinate zone causano si disagi, ma circoscritti e limitati vista la modernità e tecnologia a disposizione, mente in aree oggettivamente meno avanzate come il Corno d’Africa i cambiamenti climatici possono avere ripercussioni devastanti, oltre che decine di migliaia di morti. Tornando alle problematiche alimentari legate alla siccità, Paesi come il Kenya, Etiopia e Somalia, pagano un tasso di malnutrizione altissimo, che se aggiunto ai problemi di reperimento del cibo a causa della mancanza di piogge, proietta il rischio di fame estrema nel primo trimestre del 2022 a circa 13 milioni di persone. Da qui il gettito di oltre 300 milioni di dollari, servirebbe anche ad aiuti alimentari da distribuire in queste aree. Entrando maggiormente nello specifico dei numeri, circa 5,7 milioni di persone hanno avuto bisogno di assistenza alimentare nel sud e nel sud est dell’Etiopia, tra cui mezzo milione di bambini e madri malnutriti.
In Somalia, il numero di persone classificate come gravemente affamate dovrebbe aumentare dagli attuali 3,5 milioni a 4,6 milioni entro la primavera. In Kenya infine, sono 2,8 milioni le persone ad aver necessità di aiuti. Nel Paese è stata dichiarata l’emergenza siccità già il settembre scorso. Sono numeri spietati e rendono l’idea del grave problema che quella parte del continente africano sta affrontando. È necessario un intervento congiunto ed umanitario, che ribadirebbe i valori primari dell’essere umano stesso. Una riflessione morale non può permettere l’indifferenza verso persone che muoiono di fame, che già vivono in condizioni arretrare, lontane dalla tecnologia e modernità. Un’ulteriore analisi fa riflettere sull’urgenza d’intervento anche riguardo alle questioni climatiche che, come accennato qualche riga sopra, sono un problema mondiale. Infatti se le conseguenze del cambiamento climatico toccano in un determinato e minor modo alcune aree del mondo, in altre come ad esempio il Corno d’Africa, le ripercussioni sono amplificate da situazioni già drammatiche ed arretrare. Per inciso, il contesto africano così retrogrado, in difficoltà, preda di guerre, povertà e fame, è comunque responsabilità internazionale, rientrando nel dovere di ogni essere umano, anche solo morale, occuparsene.