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IL MONDO RESTERÀ BLINDATO

Mentre il popolo italiano cerchia in rosso la data del 4 maggio sul calendario, giorno in cui scatterà la famigerata “fase 2” (o “fase di convivenza con il virus”, come è stata ribattezzata), in giro per il mondo “il riccio rimane chiuso e non vuole ancora dare le castagne” (detto popolare, anche se fuori stagione). I numeri relativi alla diffusione del virus non consentono ancora di fare un passo avanti. Questo offre un’indicazione importante, anche se posta spesso in secondo piano: a livello internazionale, le situazioni sono profondamente diverse; per esempio, in Cina si potrebbe addirittura parlare di “fase 3”. Ciò implica che la tanto agognata “normalità”, a livello globale, potrebbe essere raggiunta in un futuro più remoto che prossimo.

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La dimostrazione arriva dagli ultimi annunci dell’Argentina e del Giappone, loro malgrado ancora bloccati nella “fase 1”. Il governo argentino ha prorogato la chiusura delle frontiere nazionali fino al 10 maggio, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Telam. Tale provvedimento (che riguarda porti, aeroporti e transiti terrestri) era stato approvato poco tempo fa dal presidente argentino Alberto Fernandez, che aveva fissato l’iniziale dead line al 31 marzo (coinvolgendo anche le scuole). Sabato scorso le autorità hanno tuttavia annunciato un ulteriore prolungamento delle misure, con deroghe per i centri con meno di 500 mila abitanti.

Per far maggiore chiarezza, è stato pubblicato ieri il Decreto di necessità ed urgenza 409/200: questa legge menziona esplicitamente il divieto di ingresso in Argentina agli stranieri. Inoltre è stata resa nota una risoluzione dell’Amministrazione Nazionale dell’Aviazione Civile: con questa si stabilisce che “le linee aree che operano servizi di trasporti di passeggeri da, verso o dentro il territorio nazionale potranno riprogrammare le loro operazioni regolari o sollecitare autorizzazioni per operazioni non regolari a partire dal primo settembre”. Detto in soldoni, fino al termine dell’estate i voli saranno limitati ai minimi storici. A maggior ragione osservando quanto accade nella capitale, dove si registra il 70% dei casi totali.

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Invece, dal lato opposto del mondo (letteralmente) il lockdown è partito il 19 di marzo: quel giorno, in Giappone, scattavano le misure di contenimento decise dal governo nipponico a seguito della diffusione del virus. Allora il divieto di ingresso riguardava 38 paesi e i cittadini italiani, specialmente quelli che provenivano o che erano transitati da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Marche, Liguria, Val d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. La forbice temporale comprendeva i 14 giorni precedenti all’arrivo sul territorio giapponese: tutti coloro che fossero passati dalle succitate regioni in quel lasso di tempo erano interdetti dal Paese del Sol Levante, con immeditato respingimento alla frontiera.

Ebbene, il governo di Tokyo ha annunciato l’estensione dei Paesi i cui cittadini vedranno vietato il loro ingresso in Giappone: in base all’ultimo provvedimento reso noto, saranno aggiunte 14 nuove nazioni, tra cui Russia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Ucraina. Il totale fa quindi 87: dal 26 marzo la “lista nera” comprende anche Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e Australia. Quando tornerà a splendere la luce in fondo al tunnel?

Data:

27 Aprile 2020