Alla perfezione dei mezzi sempre più perfetti si contrappone la confusione dei fini nelle volontà dei decisori, proclivi – per ignoranza, inettitudine o vocazione – ad alleanze opportunistiche.
La determinazione di trarre esclusivo vantaggio personale spinge costoro alla negazione del passato e dei valori condivisi nel tempo.
Una società ricchissima di antichi valori umani e culturali abbandonata all’emarginazione, al degrado e alla pura sopravvivenza – tre povertà ignorate alla radice ma solamente lenite e perpetuate attraverso interventi a macchia di leopardo da una parte e clientele e voti di scambio dall’altra – non può che smarrire, a cominciare dai soggetti che la rappresentano, le norme divenute quasi incomprensibili del civismo.
Una società tecnologica e opulenta, infarcita di falso umanitarismo e profondamente disumana, democratica a parole, totalitaria in pratica non può affermare valori umani ma soltanto consolidare rapporti tra anime artificiali.
La logica dell’opulenza divora risorse e piaga senza scrupoli. A chi importa della sobrietà? Nemmeno i richiami cristiani (sempre più forti nelle parole di Papa Francesco) servono ad allentare la miopia consumistica. Può rappresentare una scelta per chi può sceglierla perché non è povero. Chi non ha nulla non può essere sobrio. Può solo essere visibile a chi avendo le risorse vuole incontrarlo. I potenti, i benestanti, i decisori delle sorti economiche del pianeta, anziché riempirsi la bocca di fatuità o oracolizzare chissà quali mirabolanti manovre, possono, a prescindere dal credo, dare prova concreta di sobrietà per il Bene comune, che altro non è se non amore per il diverso da sé e per il pianeta che fa sempre più fatica a tollerare le logiche scellerate di chi ha il potere di condizionare il suo futuro.
Non c’è più spazio per autocelebrazioni di personale perfezione, ma necessità di scelte per salvare il nostro unico pianeta e poter abbracciare «un’esistenza carica di donazione» (don Tonino Bello) e salvare così insieme la nostra umanità.
La società aspetta biodiversità economica, giustizia, inclusione e politici competenti e affidabili.
(In copertina: Il doppio segreto, dipinto di Renè Magritte)
Un esempio magistrale del potere della sintesi. In un’epoca caratterizzata dal progresso vertiginoso dei mezzi tecnologici, il richiamo alla “confusione dei fini” appare quanto mai urgente. Se non accompagnata da una chiara visione etica e umanistica, la complessità tecnologica rischia di alimentare processi disumanizzanti, lasciando le scelte collettive in balia di interessi opportunistici e di corto respiro. La descrizione di una società che sacrifica il passato e i valori condivisi nel tempo a vantaggio di poteri elitari evidenzia come la manipolazione della memoria storica privi l’umanità di radici e minacci la possibilità di costruire un futuro autentico e inclusivo. Allo stesso modo, l’assenza di solidi valori di riferimento alimenta un clima di precarietà, in cui la tecnologia diventa uno strumento per consolidare gerarchie piuttosto che per promuovere uguaglianza e dialogo. L’immagine delle “anime artificiali” offre una potente metafora dell’alienazione contemporanea, in cui le relazioni umane sono sostituite da interazioni mediate e prive di autenticità. Questo rimanda al concetto di trasformazione dei rapporti umani in mere funzioni di un mercato sempre più spersonalizzato. L’accostamento con “Il doppio segreto” di Magritte rafforza ulteriormente questa critica, suggerendo la frammentazione dell’identità umana in un contesto dominato dall’apparenza e dalla superficialità. In ambito educativo e pedagogico, queste riflessioni sollecitano l’urgenza di un nuovo paradigma formativo che integri competenze tecniche, consapevolezza critica e responsabilità etica. Non è sufficiente conoscere i mezzi: occorre interrogarsi sul loro significato e sul loro impatto, promuovendo una cultura capace di unire progresso e umanità. Solo così sarà possibile costruire una società in cui le scelte siano guidate da valori autentici, non da interessi effimeri. Esprimo sincera gratitudine per una riflessione che, con forza intellettuale e sensibilità, ci sfida a riscoprire i fini autentici in un mondo in cui troppi si accontentano della perfezione dei mezzi e ci invita a un ripensamento collettivo sulla direzione del progresso, offrendo un monito che non può essere ignorato: possiamo ancora scegliere un futuro dove tecnologia e umanità non siano in contrapposizione, ma parte di un dialogo autentico e creativo.