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IL RUOLO DEGLI INTELLETTUALI – II^ Parte

György Lukàcs, considerato fino a qualche tempo fa uno dei pensatori più importanti del Novecento, è caduto nell’oblio, eppure le idee di Lukàcs sono di estrema attualità. La pubblicazione in quattro volumi della sua opera “Ontologia dell’essere sociale”, curata da Carlo Formenti per Meltemi nel 2023, getta luce su un autore che ha avuto un’influenza determinante nei grandi dibattiti del Novecento.

cms_31248/György_Lukàcs.jpgGyörgy Lukàcs sottolinea, nell’indicare la responsabilità sociale del filosofo, il rapporto indissolubile tra atto etico, convinzione etica e responsabilità da un lato, e destino sociale dall’altro. Ciò che è comune a tutte le etiche premarxiste è che le tendenze etiche dell’individuo hanno la precedenza su quelle sociali, sebbene l’etica individuale interagisca inevitabilmente con il loro destino sociale. In ciò si esprime un pensiero-chiave: l’uomo è il creatore responsabile del proprio destino e, a sua volta, il destino dell’umanità è determinato dal tipo di uomo che in essa raggiunge l’egemonia. La riflessione di Lukàcs sulla condizione umana nella società industriale aiuta a comprendere il malessere contemporaneo, affrontando la crisi della civiltà caratterizzata dalla burocratizzazione e dalla divisione e parcellizzazione del lavoro.

Nel marxismo sorge la consapevolezza che l’economia – nel dispiegamento delle forze produttive – la società e la storia non sono altro che lo sviluppo di sistemi di relazioni umane; quindi, se l’uomo è l’artefice del proprio destino, il marxismo è, sotto questo aspetto, la concretizzazione e il coronamento dell’evoluzione dell’etica. “L’individuo – dice Marx – è l’essere sociale (…). La vita individuale e la vita generica dell’uomo non sono diverse”. (Marx K., Manoscritti economico-filosofici del 1844, 2003) In questa affermazione c’è l’idea che il concetto etico di responsabilità individuale porti a quello collettivo, per provocare una concreta azione sociale che coinvolga il maggior numero possibile di uomini e il destino degli uomini coinvolti nell’azione.

Considerando l’oggetto del lavoro come l’oggettivazione della vita generica dell’uomo, questo concetto esprime la dualità dialettica tra il biologico-antropologico e il socio-storico. L’epistemologia del marxismo, secondo la quale la prassi fornisce i criteri per la teoria, ha profonde conseguenze anche per l’etica, annullando il dualismo tra ragione pura e pratica. Da questo punto di vista, il marxismo – come altri orientamenti – reagisce alla crisi dell’umanità iniziata a metà dell’Ottocento fino alla crisi attuale.

Il problema della responsabilità risiede nel fatto che la dialettica dell’azione non sopprime l’autorialità da parte del soggetto, della sua convinzione e comprensione. Quando Hegel afferma “devo conoscere l’universalità dell’azione individuale”, esprime la convinzione secondo cui l’atto individuale è subordinato all’universalità astratta, la quale non esclude l’essenza socialmente etica di un’azione, la quale, svolgendosi in un determinato ambiente, sta favorendo o inibendo un processo sociale. Per questo non esiste il concetto di neutralità e di azione: anche il fatto di non agire costituisce un’azione, che, in relazione alla responsabilità, non differisce dalla vera azione attiva.

Per questo la necessità di mettersi in gioco nasce da un lato dalla responsabilità individuale, dall’altro dalla crisi che stiamo vivendo. Quanto più acuta è la crisi, tanto più intensamente possono originarsi orientamenti diversi, in base alle sfide che la situazione storica propone. Come si vede, Lukács non sottolinea tanto il ruolo sociale del filosofo, quanto piuttosto il ruolo individuale e collettivo in una concreta azione sociale.

In particolare, Lukács ragiona sulla necessità di rafforzare la volontà di mantenere e consolidare la pace: la responsabilità per la guerra o per la pace – afferma – è diventata una questione di umanità. Vale la pena ricorrere a un’intervista presumibilmente del 1950, che sembra stranamente profetica: “(…) negli ultimi tempi le masse sono diventate meri oggetti di guerra. Dal movimento di reazione, il pacifismo ha promulgato una pura etica della convinzione: il rifiuto individuale di ogni partecipazione ad esso acquista un tono esemplare (…). Un atteggiamento utopico fondato sull’etica della convinzione, esprime il rifiuto generale – e insieme individuale – della guerra”.

Il comportamento socialista rivoluzionario – trasformazione della guerra imperialista in guerra civile, in relazione alla lotta di liberazione dei popoli coloniali, avvenuta negli anni ’60 – presenta un problema storico-sociale: contiene la negazione della guerra come evento determinato e concreto, e impone una grande responsabilità all’individuo che agisce, nella misura in cui non deve limitarsi alla mera negazione e accettare le conseguenze che la guerra comporta per il suo destino personale, ma anche che la guerra lo carica della responsabilità del risultato degli atti commessi.

Questo schema mostra la complicata dialettica che governa l’azione sociale concreta. La responsabilità decisiva in prima istanza si riferisce alla decisione stessa: in una certa decisione si può giungere anche negando un certo fenomeno storico-sociale, come la guerra imperialista. La negazione qui espressa non è una negatività astratta, come nel pacifismo; contiene, strettamente connesso ad esso, un antidoto sociale: il dovere di risvegliare un potere sociale alternativo contro la guerra. La responsabilità della decisione contiene, poi, la responsabilità dell’adeguatezza dei giudizi su cui si basa. La responsabilità si allarga e si concretizza, fino a inglobare i contenuti sociali del movimento di resistenza che deve essere avviato”. (G. Lukács, La responsabilità sociale del filosofo, 2004)

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In Lukács la coscienza corretta del socialismo fondato da Marx esprime soprattutto la coscienza della via corretta, quella del mezzo e del fine nei suoi principi universali, secondo i quali l’atto della decisione etica non è indipendente dalla realtà storico-sociale. Mentre in Heidegger il comportamento dell’individuo “gettato” nella vita è orientato a prendere le distanze da tutto ciò che è storico-sociale, per raggiungere l’essere ontologico in opposizione a ciò che esiste, Lukács privilegia una posizione etica all’interno del marxismo, cioè la responsabilità come fattore costitutivo della realtà socio-storica.

Il tema dell’etica ritorna nella modernità come ottica da cui illuminare la stessa storia umana, il suo passato e il suo futuro. Il vizio fondamentale della modernità risiede nella sua incapacità di esprimere un’etica pubblica condivisa, in grado di offrire validi riferimenti attraverso l’universalità dei suoi valori. Nella dissoluzione del paradigma razionalista e trascendentale, contro le connotazioni positiviste, meccanicistiche ed economiciste del marxismo ortodosso, Lukács rende espliciti i valori di liberazione impliciti nel marxismo, mentre Gramsci, rendendosi conto del rapporto struttura-sovrastruttura, non ignora i valori economici, anche quando privilegia l’aspetto etico-politico.

Nella sua lettura essenzialmente umanistica del marxismo, Gramsci intraprende un’indagine verso una nuova antropologia e una nuova etica, contro la filosofia idealista di Hegel e Croce: “La filosofia di un’epoca – afferma nei “Quaderni” – non è la filosofia di uno o l’altro filosofo, dell’uno o dell’altro gruppo di intellettuali, dell’uno o dell’altro largo strato delle masse popolari: è una combinazione di tutti questi elementi che culmina in una certa direzione, che, nel suo culmine, diventa la norma dell’azione collettiva , cioè diventa un `racconto concreto e completo`”. (A. Gramsci, Quaderni, IV).

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In linea con la Tesi XI su Feuerbach, di fronte all’idea di storia concreta, dove emerge l’esigenza che il mondo non sia solo spiegato, ma “trasformato”, Gramsci arriva a definire il suo pensiero come storicismo assoluto e ne sostiene l’unità indissolubile del pensiero e dell’azione, che si manifesta nel soggetto umano come prassi. Gramsci considera la “filosofia della prassi” non come un sistema di pensiero, ma come una “visione del mondo”, la cui diffusione tra le grandi masse avrebbe l’effetto di un vero cambiamento di civiltà, superando l’elitarismo liberale, incapace di costruire una ” filosofia” con penetrazione di massa. (G. Bianco, La filosofia della prassi in A. Gramsci, UfT, Toronto, 1977)

La filosofia della prassi si distingue da tutto il pensiero precedente non solo per i suoi postulati, ma anche per i suoi obiettivi, per il tipo di rapporto che instaura con la società esistente e con i diversi gruppi sociali: “La filosofia della prassi non tende a risolvere le contraddizioni esistenti nella storia e nella società, se non la teoria stessa di tali contraddizioni; non è lo strumento di governo dei gruppi dominanti per ottenere consenso ed esercitare l’egemonia sulle classi subalterne: è piuttosto l’espressione di queste classi subalterne che vogliono educarsi all’arte di governo, che sono interessate a conoscere tutte le verità, anche quelli spiacevoli, e nell’evitare gli inganni dell’alta borghesia e ancor più di se stessi”. (Note IV).

Non è la storia dei filosofi quella a cui Gramsci fa riferimento, ma piuttosto ad una concezione dell’egemonia che deriva dal nesso teoria-pratica, indissolubilmente legato alla creazione di un gruppo di intellettuali, sebbene l’aspetto teorico di questo nesso non sia esclusivamente materializzato. in una massa di persone “specializzate” nell’elaborazione concettuale e filosofica: “Il problema di identificare teoria e pratica si pone in questo senso: costruire, su una certa pratica, una teoria che coincida e si identifichi con gli elementi decisivi della pratica stessa, accelerando il processo storico in divenire, rendendo la pratica più omogenea, coerente, efficiente in tutti i suoi elementi, cioè massimizzandola; al fine di, data una certa posizione teorica, organizzare l’elemento pratico essenziale per la sua attuazione. L’identificazione di teoria e pratica è un atto critico, mediante il quale la pratica si dimostra razionale e necessaria e la teoria realistica e razionale. (Quaderni, V).

L’articolazione teoria-pratica è strettamente legata allo sviluppo dell’egemonia – l’egemonia è concepita come la costruzione che consente il passaggio di un gruppo sociale fondamentale ad una sfera di direzione intellettuale e morale – intorno ad una “visione del mondo” dotata di coerenza e conseguentemente espandibile. La “coerenza e unità” della concezione del mondo sarebbe, nella visione di Gramsci, il punto di arrivo di una classe che ha realizzato la sua “riforma intellettuale e morale” e ha articolato una “volontà collettiva”. Dotata di propria iniziativa, questa classe trova nella prassi – intesa come articolazione inscindibile di pensiero e azione trasformativa – la risoluzione del “dualismo” tra pratica e teoria, scissione che può essere intellettualmente limitante e politicamente paralizzante.

Ogni classe sociale tende a creare un proprio gruppo di intellettuali, che le conferisce omogeneità e consapevolezza in campo economico, ma anche in campo politico e culturale. Tuttavia, contro la falsa nozione dell’indipendenza degli intellettuali e contro l’assimilazione dei letterati, Gramsci relativizza la divisione tra intellettuali e semplici, e spezza l’individualità dell’intellettuale nella figura dell’intellettuale collettivo della classe operaia: “Per intellettuali, occorre intendere non solo quegli strati comunemente designati con questa denominazione, ma in generale l’intera massa sociale che esercita funzioni organizzative in senso lato, sia nel campo della produzione che in quello della cultura e in quello politico-amministrativo in campo”. (Quaderni, V)

Da questo punto di vista, ogni membro attivo di un partito è un intellettuale, non un intellettuale tradizionale, ma un intellettuale organico, che nasce dalle masse e ad esse legato. L’intellettuale organico differisce dagli intellettuali tradizionali, che si concepiscono come indipendenti dalla classe dirigente. Gli intellettuali di una nuova classe devono auto-concepirsi come un fenomeno radicalmente nuovo e in questa forma di autocoscienza si crea un’avanguardia di intellettuali, che dà coesione e omogeneità all’organizzazione di massa. Il compito fondamentale degli intellettuali organici è così definito: “(…) il compito degli intellettuali è di determinare e organizzare la rivoluzione culturale, cioè di adattare la cultura alla funzione pratica (…)”, esercitando quel compito culturale e morale direzione che si distingue dal dominio, dove predomina la coercizione. (Quaderni, III)

Si può dire allora che la filosofia della prassi non solo non esclude la storia etico-politica, ma anche nella fase più recente del suo sviluppo, la filosofia della prassi consiste proprio nella rivendicazione del momento dell’egemonia come essenziale nel suo stato concezione e nella “valorizzazione” del fatto culturale, dell’attività culturale, di un fronte culturale come necessario insieme a quelli meramente economici o meramente politici”. (A.Gramsci, Passato e presente, 1976) (G.Bianco, La teoria della prassi, 1977)

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Attraverso la “filosofia della prassi” Gramsci adotta una lettura umanistica del marxismo, indicando l’affermazione della filosofia nell’etica della prassi, proiettando la società al momento della sovrastruttura: “(La società civile) comprende non solo l’intero complesso dei rapporti ideologico-culturali, non solo l’intero complesso della vita commerciale e industriale, ma l’intero complesso della vita spirituale e intellettuale. (N. Bobbio, Gramsci e la concezione della società civile, 1976)

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Nei “Quaderni” Gramsci aveva identificato il rapporto tra azione politica e struttura economica con una serie di antitesi: momento economico – momento etico-politico, necessità-libertà, momento oggettivo-soggettivo. Nel passaggio dall’oggettivo al soggettivo e dalla necessità alla libertà, Gramsci individua il tema cruciale dell’interiorizzazione soggettiva dei valori egemonici – cioè il momento individuale attraverso cui si costruiscono l’egemonia e il consenso – per cui: “La comprensione critica si verifica allora attraverso una lotta di egemonie, di direzioni contrastanti, prima nel campo dell’etica, poi della politica, per giungere ad una più alta elaborazione della propria concezione della realtà”. (A. Gramsci, Quaderni dal carcere, Quaderni, III)

Poiché l’intera società è detentrice di pratiche di conoscenza, si inserisce la tesi secondo cui “tutti sono intellettuali”: questo “tutti” va inteso alla luce della struttura di classe, dove per ogni credenza esiste una “visione del mondo”, +anche se Gramsci, nel caso della classe subalterna, l’ha messa in termini di “buon senso”, che occorre superare per adottare una coscienza critica e autonoma. Il concetto di “senso comune” come pensato da altri e accettato acriticamente, si riferisce a un pensiero frammentario che impedisce di vedere l’articolazione delle pratiche sociali e la pratica stessa in una prassi trasformativa, che è sempre collettiva, andando oltre ciò che Castoriadis definisce come immaginario sociale. A sua volta, l’egemonia ha bisogno del potere articolante del consenso, che differisce dalla coercizione, che produce, come direbbe Hannah Arendt, un “movimento paralizzante”, che impedisce la costruzione di una volontà collettiva, dissolve l’individualità e non può realizzarsi nell’intersoggettività.

Nella dinamica cruciale tra “democrazia, egemonia e consenso” –che qui brevemente delineiamo–, nel mantenimento dell’egemonia, il significato gramsciano di indirizzo politico-culturale è essenziale per assicurare il funzionamento di una democrazia partecipativa. Nelle parole dello stesso Gramsci: “È necessario evidenziare come lo sviluppo politico del concetto di egemonia rappresenti un grande progresso non solo filosofico ma anche politico-pratico, perché comporta e suppone necessariamente un’unità intellettuale e un’etica secondo ad una concezione del reale che ha superato il senso comune ed è divenuta, pur entro limiti ancora ristretti, critica”. (Gramsci, Quaderni, II)

(Continua)

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La prima parte al link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/IL_RUOLO_DEGLI_INTELLETTUALI_31170.html#.ZK_hB3ZByUk

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Data:

20 Luglio 2023