Imu, le novità nel dl Rilancio
Il decreto Rilancio ha ricevuto l’approvazione definitiva dal Senato il 16 luglio scorso, e sono tante le novità su bonus e tasse che il provvedimento convertito in legge porta con sé. Non solo incentivi e indennità: nel testo si prevedono, spiega Money.it, anche dei cambiamenti sull’IMU.
Per il settore alberghiero il dl Rilancio ha previsto la cancellazione della prima rata, ma solo se in presenza di determinati requisiti catastali. Inoltre l’agevolazione si applica solo a quelle strutture gestite dal proprietario stesso.
La novità più grande è senza dubbio la possibilità che hanno i Comuni, tramite apposita delibera, di decidere di ridurre le imposte patrimoniali del 20%.
Lo sconto del 20% però viene applicato a una sola condizione: il pagamento deve avvenire tramite domiciliazione bancaria o postale, quindi tramite addebito permanente sul conto corrente. La misura lascia un certo margine di manovra ai Comuni, che possono decidere se applicare o meno questa riduzione che può arrivare fino a un massimo del 20%.
La novità coinvolge tutte le entrate tributarie e patrimoniali dei Comuni, quindi il taglio fino al 20% non riguarda solo l’IMU, ma anche la Tari.
Oggi l’IMU si paga online o tramite F24 in due rate, che cadono il 16 giugno e il 16 dicembre. L’appuntamento con la tassa sulla casa è uno dei più onerosi, che ammonta a ben 20 miliardi di euro.
Franceschini e Catalfo convocano tavolo lavoratori spettacolo
Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, e il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, hanno convocato per martedì prossimo, 21 luglio, un tavolo di confronto con le categorie di settore e le parti sociali al fine di mettere in campo ulteriori iniziative di sostegno per i lavoratori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo. Lo rendono noto, in una nota congiunta, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Scadenze Fisco, commercialisti minacciano sciopero
“Di fronte alle ripetute e più che motivate richieste di proroga dei versamenti del 20 luglio avanzate dai commercialisti, il governo ha opposto un no che sembra al momento irrevocabile, oltre che incomprensibile”. E’ quanto affermano in una nota congiunta il Consiglio nazionale e tutte le sigle sindacali dei commercialisti (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdec, Unico).
“Non era l’esito al quale volevamo arrivare- si legge ancora nel comunicato-, ma a questo punto diventa per noi inevitabile valutare concrete azioni di protesta della categoria, tra le quali non escludiamo lo sciopero. Siamo per altro convinti che il governo si stia esponendo a una magra figura, perché, tanti meno saranno i contribuenti che autonomamente sceglieranno di non versare il 20 luglio o il 20 agosto con maggiorazione dello 0,4%, tanto più sarà inevitabile per il governo fare marcia indietro e riaprire i termini di versamento senza sanzioni fino al 30 settembre, come già avrebbe dovuto fare”.
Per i commercialisti “dopo che in questi mesi drammatici la categoria aveva dimostrato una volta di più il suo senso di responsabilità e la sua insostituibilità, impegnandosi più che mai ad assistere imprese, lavoratori e famiglie da un lato nelle valutazioni economiche e finanziarie relative alle scelte necessarie per affrontare le conseguenze del lockdown e dall’altro lato per assicurare loro l’accesso alle diverse misure di sostegno messe in campo dal governo per l’emergenza, svolgendo in tal modo un ruolo fondamentale per la tenuta del tessuto economico-imprenditoriale del Paese, l’ascolto delle nostre più che ragionevoli richieste era il minimo che ci si potesse aspettare. Così non è stato. Ne prendiamo atto”.
Per le sigle sindacali e il Consiglio “in questi ultimi giorni abbiamo più volte reiterato il nostro accorato appello per una proroga dei versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e dell’Irap 2020, in scadenza il 20 luglio. Una richiesta di assoluto buonsenso. Gli adempimenti straordinari legati alla emergenza coronavirus e le limitazioni lavorative per dipendenti e collaboratori degli studi professionali derivanti dalle misure anti-contagio hanno sottratto il tempo necessario per la predisposizione delle dichiarazioni e per determinare gli importi dei versamenti del 20 luglio. I nostri studi sono pertanto in una situazione di grande difficoltà che è colpevole ignorare e che si somma alle gigantesche difficoltà economiche che sta vivendo il Paese”.
I commercialisti sottolineano come assistano la gran parte delle imprese italiane, “forse più di chiunque altro abbiamo il polso della situazione reale in cui versano. Non consentire con il rinvio dei versamenti una boccata d’ossigeno a realtà in gravissima crisi di liquidità può tramutarsi in una scelta dissennata, che rischia di tagliare le gambe a chi sta faticosamente tentando di rimettersi in piedi, rendendo concreto l’allarme per un’emergenza sociale che in autunno potrebbe assumere aspetti preoccupanti. Siamo ovviamente pienamente consapevoli delle enormi difficoltà di bilancio che l’esecutivo si trova a gestire e del difficile contesto europeo e internazionale con cui sta facendo i conti anche in queste ore. Ma ci sembra davvero paradossale che non si sia trovato il modo, in un periodo di eccezionale emergenza come quello attuale e nell’ambito di manovre che hanno impegnato oltre 80 miliardi di euro in pochi mesi, di garantire la cassa sufficiente per disporre una proroga dei versamenti analoga a quella concessa lo scorso anno, per dare maggior respiro ai contribuenti in affanno”.
Per tutte queste ragioni, concludono i commercialisti “siamo costretti a valutare azioni di protesta, senza escludere uno sciopero della nostra categoria. Una reazione inevitabile davanti al consueto muro di gomma eretto dall’esecutivo nei confronti dei commercialisti italiani, delle loro richieste, del loro senso di responsabilità messo quotidianamente al servizio del Paese”.
Aspi, tappe serrate per la nuova public company
Tempi stretti, anzi strettissimi, per impostare il decollo della nuova Aspi. Calendario alla mano, l’operazione che dovrà trasformare Autostrade per l’Italia in una public company, secondo il disegno varato dal Governo all’alba di mercoledì scorso, mostra già due date imminenti cerchiate di rosso: quella del 23 luglio prossimo, che è il termine indicato del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, per la presentazione da parte di Aspi del nuovo piano economico finanziario, e quella del 27 luglio, termine fissato per la firma del memorandum of understanding con Cassa Depositi e Prestiti, che sarà alla guida con il 33% del capitale di una cordata di investitori istituzionali con il 22%.
Un’agenda, dunque, pressante, segnata da due tappe importanti nell’arco di soli 10 giorni, per mettere a punto l’intesa tra Atlantia, Aspi e Cdp che darà farà entrare nel vivo l’operazione. E prima del 27 luglio Cassa Depositi e Prestiti dovrà riunire il proprio cda, che non sarebbe stato ancora convocato. Ma i tempi sono ancora più stringenti se si considerano non solo le scadenze dietro l’angolo ma soprattutto se si guarda all’obiettivo della quotazione di Aspi all’inizio dell’anno prossimo e, al contempo, alla portata dei nodi che devono essere sciolti per realizzazione un’operazione così complessa. C’è la questione centrale del valore di Aspi sulla base del quale potrà essere varato l’aumento di capitale. Altrettanto cruciale la partita dei nuovi investitori che scenderanno in campo. Uno dei punti sul quale si sta focalizzando l’attenzione, spiegano fonti vicine al dossier, è quella della partnership industriale che possa apportare il proprio expertise in materia di gestione di infrastrutture autostradali. E’ l’aspetto questo che, in questi giorni, ad esempio, hanno sottolineato fonti vicine a colossi come Macquarie, che riconferma il proprio interesse a essere della partita insieme a Cdp, quale presidio di tutela dell’interesse pubblico. Interessato sarebbe il fondo statunitense Blackstone, specializzato in infrastrutture. Ma, come sempre, in queste grandi partite industriali, c’è sempre anche il tema dell’italianità. Si guarda tra gli altri, a F2i, a Poste Vita. Ma uno dei più importanti requisiti, come ha detto Gualtieri, è quello di essere “investitori pazienti”, cioè investitori proiettati sul lungo periodo.
Ieri il titolare del Mef ha colto l’occasione per puntualizzare i contorni e la sostanza dell’operazione messa in campo, che, ha voluto mettere in chiaro, non è una statalizzazione. “Ho letto i giornali e francamente trovo alcune analisi che non sono corrispondenti alla realtà”, ha detto intervenendo al congresso nazionale di Ali, la Lega delle autonomie locali. “Noi qui stiamo intervenendo con una soluzione molto efficace rispetto a una vicenda molto complessa, unica per evidenti ragioni. Il negoziato che si è protratto nella notte non è stato tra ministri ma tra governo e Aspi e non riguardava l’assetto proprietario”, ha precisato spiegando che “quello che per noi è sempre stato l’elemento fondamentale e cioè la piena accettazione del regime tariffario definito dall’Autorità indipendente, quindi tariffe corrette, investimenti, sicurezza, insomma un regime concessorio moderno”. Questo “è un tema della competitività del Paese, questo è un fattore di modernità e competività”.
“Poi – ha aggiunto Gualtieri – è arrivata una proposta sull’assetto proprietario che è riduttivo e semplicistico definire la statalizzazione, è un’impegnativa, grande operazione di politica industriale in cui Cdp, la banca di sviluppo nazionale, che peraltro è pubblica e aperta al capitale privato delle fondazioni bancarie, sarà la guida di una cordata di investitori anche istituzionali e fondi pensione, risparmio di lungo termine dei cittadini italiani, per rilanciare gli investimenti sulla rete autostradale, e questo porterà poi a una quotazione di Aspi, quindi a un’apertura del capitale”. Si tratta, ha rimarcato, di “un’operazione innovativa nella sua configurazione che ha l’obiettivo di convogliare investimenti di lungo termine perché la rete autostradale, oltre a essere un monopolio naturale, richiede investitori pazienti e di lungo termine”.