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IN FUGA DALL’UCRAINA

Come sappiamo, da più di due settimane l’Ucraina è teatro di un conflitto sanguinario con il quale la Russia di Putin ha deciso di imporre la sua egemonia nella nazione limitrofa. In simili condizioni, la popolazione civile diventa il primo bersaglio dell’artiglieria nemica.

Questa situazione non sembra essere orientata verso il “cessate il fuoco”, e infatti gli storici sono già pronti a definire questo conflitto la «Terza Guerra Mondiale», per l’elevato numero di Paesi che sembrano essere destinati a prendervi parte.

In questo articolo ci occuperemo, in primo luogo, di comprendere le difficoltà connesse alla fuga dall’Ucraina per le persone disabili. In secondo luogo, analizzeremo come l’Italia si stia attrezzando per accogliere le persone fragili, in particolari i minori disabili, che tentano di fuggire dai bombardamenti nella loro terra.

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Secondo le stime dell’European Disability Forum, nel Paese sotto assedio ci sarebbero 2,7 milioni di persone con disabilità, di cui 100mila minori ospitati in apposite strutture, nella stragrande maggioranza dei casi non perché orfani, ma per ragioni legate alla povertà o allo stigma della disabilità.

La crisi umanitaria è una prospettiva imminente e investe fortemente le persone disabili, dal momento che, in simili condizioni, le consuete barriere culturali, psicologiche e architettoniche si fanno sentire in maniera più intensa e con maggiore criticità. È più difficile partire, sono più urgenti i bisogni, più grandi le fragilità, come riferito dalla “Casa della Misericordia”, centro di accoglienza per minori disabili nella zona occidentale dell’Ucraina, gestito dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi.

Il 24 febbraio 2022, poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’European Disability Forum (EDF) ha chiesto a tutte le parti di «garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in Ucraina, rispettando i loro obblighi ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite (in particolare l’articolo 11 sulle situazioni di rischio e le emergenze umanitarie), la risoluzione 2475 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il diritto internazionale umanitario».

Nello specifico, con la Risoluzione n. 2475 del giugno 2019, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ricorda agli Stati Membri di tutelare le persone con disabilità in situazioni di guerra, garantendo loro adeguato accesso all’assistenza umanitaria. Questo documento rappresenta un primo segnale di interesse da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nei confronti del rispetto dei diritti delle persone con disabilità in una cornice bellica.

Di fronte all’avverarsi di una crisi umanitaria “spaventosa”, Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH) ha esortato la ministra per le disabilità Erika Stefani e il ministro degli Esteri Luigi di Maio, affinché «venga dedicata una priorità ai corridoi umanitari per le persone con disabilità dell’Ucraina, a partire dai minori e dalle donne con disabilità grave […] Proprio le persone con disabilità, infatti, vivono negli scenari di guerra la maggior condizione di vulnerabilità, ritrovandosi spesso senza i servizi e i supporti necessari a salvare la propria vita».

Un’altra associazione, la European Down Syndrome Association (EDSA), porta all’attenzione degli Stati e delle istituzioni coinvolte la seguente problematica: «I rifugi a Kiev sono inaccessibili, quindi le persone con disabilità sono costrette a rimanere a casa, non sapendo dove possono andare per essere al sicuro. Le persone con sindrome di Down e altre disabilità che vivono negli istituti, già tagliate fuori dalle loro comunità, rischiano di essere abbandonate e dimenticate». Per chi è portatore di disabilità, fuggire o sopravvivere in un rifugio non sono operazioni semplici.

Un secondo aspetto di cui tenere conto sono i rischi più alti di violenze e morte che pesano sulle sorti delle persone disabili, dal momento che le donne con disabilità sono più esposte alla violenza sessuale, mentre i minori disabili sono a rischio di abusi e di abbandono. Spesso, questi soggetti non hanno il corretto accesso alle informazioni inerenti la sicurezza e l’evacuazione, e per questo motivo possono essere lasciati indietro se non convivono con altre persone.

La testimonianza riguardante l’esperienza di Tania e suo figlio Lev, adolescente con la sindrome di Down, fotografa la desolazione di non poter lasciare la propria casa. La madre racconta infatti: «Mio figlio, come tanti altri disabili, sta vivendo un incubo. Per i ragazzi Down la routine quotidiana è importante e dà loro sicurezza. […] Ora il suo mondo è crollato. Viviamo prigionieri in casa, perché andare in un rifugio è improponibile. Per lui sarebbe troppo dura, non reggerebbe quella situazione e non sarei in grado di gestirlo, è terrorizzato».

Un’altra vicenda, più lieta, ha coinvolto Elena Pastux e la figlia Elisabetta, bambina di otto anni con disabilità, che hanno volato da Palermo a Kiev per raggiungere la figlia maggiorenne Litiia. Sfortunatamente, una volta arrivate nella capitale il rientro in Italia si è trasformato in un calvario, aggravato dalla disabilità di Elisabetta, la quale può muoversi solo con una carrozzina.

La solidarietà attorno a Elena e alle sue figlie è stata molto forte. Come spiega Elena, «in Ucraina un cittadino tedesco che era andato a prendere la moglie ci ha offerto un passaggio sulla sua auto, e cosi siamo partiti, abbiamo viaggiato ventun ore senza mai fermarci. Poi al confine con la Polonia, alcuni poliziotti ci hanno accompagnato in un ospedale dove abbiamo passato altri due giorni. Ma dovevamo far presto perché Elisabetta stava male, aveva la febbre. Avevamo finito il cibo, la sua patologia non le permette di mangiare qualsiasi cibo». Infine, il 2 marzo 2022 sono atterrate all’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo. Negli occhi di Elena i rifugi di guerra che ospitano bambini, anche disabili, come la sua Elisabetta. Minori disabili a corto di medicine e di alimenti adatti.

Dal variegato panorama delle associazioni italiane che si occupano dei diritti dei disabili si riscontra un forte impegno per l’accoglienza dei profughi. Ad esempio, la “Fondazione Sacra Famiglia”, onlus guidata da Don Marco Bove, garantisce cure continuative a persone con disabilità complesse e ad anziani non autosufficienti; in questi giorni, ha iniziato ad accogliere e dare supporto anche alle famiglie in arrivo dall’Ucraina, grazie a un’equipe specializzata di neuropsichiatri infantili e di psicologi dell’emergenza.

Molti rifugiati richiedono un’assistenza specifica a causa della loro condizione di estrema fragilità; fra di essi, figurano persone con disabilità mentale oltre che fisica.

In Italia, già due minori con patologie neuromuscolari sono stati soccorsi grazie allo sforzo congiunto di ospedali, privato sociale e associazioni di pazienti. Si tratta di un bambino di tre mesi affetto da Sma (Atrofia muscolare spinale), arrivato in Trentino al Centro Nemo, e una persona con Distrofia di Duchenne, accolta a Trieste.

«Tante Anffas stanno già accogliendo persone, con fragilità o senza. È ovvio che le nostre realtà mettono a disposizione non solo una soluzione alloggiativa, ma anche la possibilità di avere dei mediatori culturali e di essere seguiti nella presa in carico. È importante che sia stato creato un coordinamento nazionale e chiediamo che come nel momento più duro della pandemia si emanino ordinanze che permettano di non incagliarsi nelle maglie della burocrazia» ha affermato Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas (Associazione Famiglie Di Disabili Intellettivi E Relazionali), rivolgendosi alle istituzioni politiche italiane

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Infine, vale la pena sottolineare che, accanto ai minori disabili, anche anziani disabili sono stati accolti in Italia, come Natalia, una donna di 63 anni affetta da forma grave di Parkinson, che ha raggiunto l’Italia insieme alla nuora Olga (di 36 anni) e ai nipoti Anastasiia e Yaroslav, rispettivamente di dieci anni e di nove mesi. Il papà dei bambini e il nonno sono rimasti in Ucraina, dopo che nel 2014 l’intera famiglia si era trasferita dal Donbass a Odessa.

Ora le due donne e i bambini sono ospiti a Cavalese, in Val di Fiemme, grazie anche l’aiuto fornito da un parente residente sul Lago del Garda e dalle Anffas regionali.

Data:

17 Marzo 2022