Traduci

INCLUSIONE – In Italia 1 disabile su 3 è a rischio povertà o esclusione sociale

La nostra Italia è un Paese inclusivo?  Condivido e richiamo quella che considero la migliore definizione data al concetto di inclusione: “inclusione non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell’altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere” (Gasperi, Sotto il segno dell’inclusione, 2011 pg. 23) per affermare che, anche a lume delle evidenze numeriche pubblicate in molti studi accademici, l’Italia è, ancora oggi, un Paese poco inclusivo.

A raccontarlo sono, in particolare,  i numeri raccolti dall’Unicusano nella sua ultima infografica pubblicata a ridosso della Giornata internazionale delle persone con disabilità. Il primo colpo è assestato sì al Belpaese ma anche al resto d’Europa: un disabile su tre è a rischio povertà o esclusione sociale. Come se non bastasse, il 17% di loro ha subito violenze o abusi e soltanto il 7% riesce a completare gli studi laureandosi. E pensare che in Italia circa 13 milioni di persone, ovvero il 22% della popolazione, vivono con una qualche forma di disabilità, di cui oltre 3 milioni in condizioni gravi. Eppure queste persone si trovano spesso ai margini, vittime di barriere fisiche, culturali e sociali che limitano la loro piena partecipazione alla vita quotidiana.

Il mondo del lavoro è un esempio emblematico, come riporta l’infografica di Unicusano (*). In Italia, solo il 32,5% delle persone con disabilità in età lavorativa ha un impiego, contro una media nazionale del 58,9%. La disoccupazione tra i disabili è al 20%, quasi il doppio rispetto all’11,3% della popolazione. Questi numeri sono accompagnati da discriminazioni dirette (esclusione esplicita) e indirette (barriere sistemiche, come la mancanza di accessibilità), che si riflettono non solo nelle difficoltà di trovare lavoro ma anche nelle condizioni di impiego. Tuttavia, il panorama non è uniforme: in Francia e Germania, per esempio, esistono percentuali obbligatorie di assunzione per i disabili nelle aziende, mentre in Italia il sistema di quote può essere bypassato attraverso sanzioni economiche.

Le donne con disabilità affrontano una discriminazione ancora più marcata. Solo il 49% di loro ha un lavoro retribuito, mentre il 70% degli inattivi tra i disabili sono donne. Il rischio di violenza è drammaticamente alto: il 36% delle donne disabili in Italia ha subito almeno una forma di violenza fisica o psicologica, un dato che sottolinea quanto siano intrecciate fra di loro vulnerabilità e marginalizzazione.

Sempre in ambito lavorativo lo studio di Unicusano sottolinea come solo il 33% delle grandi aziende rispetti le esigenze dei dipendenti con disabilità mentre la percentuale sale al 56% nelle piccole aziende. Il Nord si conferma più inclusivo con sei aziende su dieci più “sensibili” alle necessità dei dipendenti disabili, mentre al Centro-Sud ne sono soltanto quattro su dieci.

Anche l’istruzione riflette questa disparità. Molti studenti con disabilità non ricevono il supporto necessario: il numero di ore di sostegno spesso non è sufficiente e le infrastrutture scolastiche non sono adeguatamente accessibili. Questa situazione si estende alla vita quotidiana. I musei, i trasporti pubblici e molte attività ricreative rimangono inaccessibili a una parte significativa della popolazione, perpetuando un senso di esclusione e isolamento. Caso esemplare i musei pubblici e privati: solamente il 37,5% è attrezzato per ricevere persone con disabilità fisiche gravi e soltanto solo il 20,4% offre materiali informativi dedicati. In fondo alla classifica, riportata dall’Unicusano, spiccano quattro Regioni del Sud: Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia. A superare l’esame soltanto la piccola Valle d’Aosta.

Il pregiudizio è un altro ostacolo insidioso. Da quello che infantilizza le persone disabili a quello che le vede come “speciali” e quindi distanti, i pregiudizi influenzano la percezione e il trattamento di chi ha una disabilità. Questi atteggiamenti non solo limitano le opportunità, ma contribuiscono a problemi psicologici come depressione, ansia e bassa autostima.

Nonostante le difficoltà, esistono esempi di inclusione che mostrano la strada. A livello istituzionale, il G7 Inclusione e Disabilità 2024 ha portato all’adozione della Carta di Solfagnano, che identifica otto priorità per l’inclusione, tra cui l’accessibilità universale e il lavoro inclusivo.

Ma cosa possiamo effettivamente fare? È fondamentale promuovere una cultura inclusiva, abbattere i pregiudizi e supportare attivamente le persone con disabilità. Le aziende possono implementare processi di selezione più inclusivi, garantendo che gli annunci di lavoro e gli ambienti lavorativi siano accessibili. Le istituzioni devono aumentare i fondi per i servizi, anziché concentrarsi solo sui trasferimenti monetari.

Creare una società realmente inclusiva richiede impegno, consapevolezza e azioni concrete. Ogni passo avanti – che sia un lavoro dignitoso, una scuola più accessibile o un museo senza barriere – non è solo un diritto per le persone con disabilità, ma un progresso per tutti.

(*) Infografica Unicusano di Federico Maselli)

Antonella Giordano

Data:

30 Novembre 2024

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *