Strano paese l’Italia. L’incapacità di contrastare alcuni reati ha prodotto la depenalizzazione degli stessi, e l’inerzia davanti ai bivacchi notturni nei parchi porta a vietare le soste nelle zone limitrofe, cosicchè per ogni disfunzione da parte dello Stato paga il santo per il peccatore, ed in questo ambito, l’usuale mancanza di un efficace contrasto alla corruzione fa si che nelle istituzioni non esistano più gli esperti di determinati settori. Eppure ormai anche le lauree sono specialistiche, finalizzate alla capacità di studio e risoluzione di ben determinate problematiche. Ma nella Pubblica Amministrazione non saranno più previste queste figure, andrà scomparendo la memoria storica, di modo che anche quei personaggi in grado di ricordare tutti gli avvenimenti e riannodare le fila saranno solo figure da ripescare tra le immagini del passato, sostituti dalle figuracce verso l’utenza. Qualcuno può immaginare un chirurgo plastico all’interno di un ospedale ruotare e magari andare a ricoprire il ruolo di neurochirurgo, e viceversa? Ed un esperto di impianti di smaltimento prodotti chimici andare in amministrazione mentre il suo posto viene preso, che so, dall’addetto alla logistica? Allo stesso modo nel comparto pubblico, dove, giova ricordarlo, si applicano leggi e regolamenti, si pretende che le persone possano indistintamente svolgere qualsiasi incarico, a prescindere dalla formazione pregressa.
Ciò vuol dire solo due cose, o che in effetti nella P.A. le persone non servono a nulla, perché in realtà il loro lavoro è portato avanti dai folletti durante la notte, oppure che chi sovrintende a tutti questi cambiamenti non abbia idea di cosa significhi lavorare per lo Stato. Però, siccome non si può lasciare che una persona ricopra lo stesso incarico per lungo tempo, per evitare la tentazione di diventare il deus ex machina di una determinata struttura e pretender così chissà quali oboli o prebende, ecco che si è pensato di far ruotare il personale, avvicendamenti atti a garantire l’onestà, oltre che la paralisi. Eh si, perchè quando si deve predisporre un atto, quando si deve approntare una determinazione, non lo si può fare a cuor leggero, e nemmeno scrivere una lettera di risposta ad una richiesta specifica può essere considerato un atto così, tanto per gradire, perché esiste quella cosa, come si chiama, responsabilità soggettiva, che forse a qualcuno sfugge. Ma siccome siamo particolarmente pignoli e non ci limitiamo a congetture, ci teniamo a riportare quanto previsto per la figura del responsabile del procedimento amministrativo. Le P.A. italiane devono stabilire per ogni atto di propria competenza l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di tutti gli adempimenti procedimentali, nonché dell’adozione del provvedimento finale. Istruttoria, non responsabile della squadra di biliardino, si badi bene. Il dirigente dell’unità organizzativa assegna a se oppure ad un altro dipendente il ruolo del responsabile del procedimento amministrativo. Però, niente male, un dipendente viene messo in un ufficio di cui non conosce nulla e deve pure essere responsabile per gli atti che compie, senza poter nemmeno prendere confidenza con la materia. Ma si, che ci frega, poi il magistrato che dovrà valutare una eventuale mancanza si ricorderà che un altro magistrato ha disposto la rotazione del personale e ci metterà una pezza. Certo.
Da notare che l’obbligo di individuazione del responsabile del procedimento è previsto dall’art. 117 comma 2 lettera m della Costituzione, e non nel manuale delle Giovani Marmotte, quindi è un incarico con responsabilità non indifferenti, non si parla di campioni di tetris o di solitario svolto al computer. Le funzioni del responsabile del procedimento amministrativo sono la valutazione delle condizioni di ammissibilità, dei requisiti di legittimazione e dei presupposti del procedimento. Vabbè, sei appena arrivato, ti hanno lasciato un post it con le indicazioni, vai avanti. Poi il responsabile deve compiere tutti gli atti istruttori previsti per il provvedimento, eventuali accertamenti tecnici o richiesta di documentazione. Che sarà mai, chiami quello che conosci che lavora nell’altro ufficio e chiedi a lui. Ops, sorpresa, è stato ruotato, al suo posto c’e’ uno che prima stava al controllo buste paga. Pazienza, ingegnati, ed eventualmente proponi l’indizione di una conferenza di servizi. A questo punto il diligente quanto solerte responsabile comincia a tremare, ma prosegue nel suo compito, e cura le comunicazioni alle parti interessate, magari trovando qualche vecchia lettera con una problematica simile, e copiandola pedissequamente. Che strano però, sull’indirizzo c’è scritto ministro Fanfani. Terminato il tutto, sentito l’avvocato pagato di tasca propria, si adotta il provvedimento finale, e se per caso si scopre che l’adozione dello stesso è a carico di un altro organo
competente, si impacchetta tutto e lo si spedisce.
Nel frattempo il cittadino aspetta e spera che la sua pratica sia andata a buon fine, che tutto sia in regola, che possa esercitare il suo diritto. E questa è una amministrazione responsabile? E se qualcosa non va per il verso giusto a causa di una mancanza dovuta alla mancata conoscenza della materia? Poniamo che sia stata richiesta una licenza, che la stessa venga concessa e poi durante i controlli successivi si scopre una inadempienza formale di cui il cittadino non era informato, su chi si rivale costui? Su chi ha svolto il procedimento, non su chi ha predisposto cambi di mansioni senza considerare che il bene ultimo deve essere la soddisfazione del richiedente, del cittadino, della popolazione. Ma non importa, siamo in Italia, le disfunzioni pagano, se uno vorrà essere certo di fare tutto in regola dovrà pagare infatti, ma un consulente esterno, un esperto del settore, che saprà cosa fare e cosa chiedere, che saprà leggere le carte. Ed anche il responsabile del procedimento leggerà le carte, i tarocchi, sperando che gli diano indicazioni sul suo compito. In questo bailamme ovviamente chi sconterà l’incapacità organizzativa o, a seconda dei punti di vista, la perfetta disorganizzazione, sarà comunque l’utente finale ossia il cittadino, che alla fine siamo sempre noi.