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INTELLIGENZA ARTIFICIALE: Dal paradigma della diffidenza alla saggezza digitale

L’associazione delle parole intelligenza e artificiosità crea una situazione paradossale: come può questa facoltà umana coniugarsi con l’artificio? L’IA rappresenta un artificio o l’artefice del nostro tempo? L’intelligenza artificiale ha radici profonde come l’intelligenza naturale e ne condivide la storia e le difficoltà: sin dai tempi della scrittura, che ha consentito di archiviare e trasmettere informazioni in modi nuovi e complessi, l’umanità ha sviluppato tecnologie che possono essere considerate forme rudimentali di intelligenza artificiale.

In questa mediazione guardare il passato è il modo migliore per pianificare il futuro. L’innovazione, da sempre, ha suscitato nell’uomo un ancestrale timore e una viscerale diffidenza, la difficoltà nell’accettare un cambiamento non è una novità dei nostri tempi, ma è molto antica. L’esempio più inflazionato, utilizzato nel discorso filosofico e non solo, proviene dall’opera Platone e dalle sue considerazioni legate al rischio della scrittura.  

 Nel Fedro, attraverso il personaggio di Socrate,avvertiva dei rischi insiti in una memoria esterna, donata dal dio Theuth al faraone Thamù, sostenendo che avrebbe ingenerato oblio nelle anime: ‘‘essi cesseranno di esercitare la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di sé stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei’’. Stiegler, attingendo da Platone e da Derrida, amplia questa riflessione presentando l’idea del phàrmakon, che può essere interpretato sia come una cura che come un veleno, a seconda del dosaggio con cui le assumiamo.

Essendo una tecnologia general purpose oggi assistiamo ad un allargamento dei suoi ambiti e campi di applicazione, rendendo difficile comprendere i contorni del binomio naturale-artificiale.  Questo nuovo scenario può portare ad approcci dicotomici volti al rigetto o all’apertura critica e alla maturazione di una saggezza digitale.  In ambito educativo, l’orientamento attuale degli ambienti di ricerca più maturi promuove l’abbandono del paradigma della diffidenza e di uno sguardo avverso alla tecnologia e il recupero di un’apertura critica finalizzata alla necessità di definire nuove literacies di Media Education e di didattica. La scuola al tempo del digitale, come viene definita da Rivoltella, deve reinterpretare i nuovi scenari in cui l’educazione si esprime, accogliendoli nell’ottica non di una delega cognitiva tesa al depotenziamento del sistema cognitivo, ma come supporto e cooperazione consapevole finalizzata a stimolare processi metacognitivi e autoregolativi. Il Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale indica degli esempi concreti di applicazione di IA in ambito educativo: strumenti automatici per la valutazione e personalizzazione del materiale didattico, tutoring automatizzato, per mezzo di strumenti di raccomandazione per tenere viva l’attenzione, suggerimenti inerenti variazioni personalizzate da introdurre nel programma scolastico, estrazione di indicatori predittivi di rischio di abbandono scolastico. Questi tool consentono di adattare l’esperienza didattica a stili e bisogni di apprendimento differenti, produrre testi selezionando prompt efficaci, individuare l’errore, Deep Fake, bufale e notizie false, costruire Tandem di lettura, scegliere di imparare in maniera alternativa ascoltando una risposta dall’AI, studiando su una mappa e non su un testo scritto. L’intelligenza artificiale costituisce non solo una rivoluzione tecnologica, ma anche una sfida e un’opportunità per il pensiero filosofico.

Le implicazioni filosofiche dell’IA riguardano alcune delle domande più importanti: l’essenza dell’essere, il significato della mente, dell’etica, della conoscenza. Cos’è la conoscenza? Se la realtà può essere simulata da un’IA, cosa significa vivere autenticamente?

Data:

9 Settembre 2024

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